L'elicottero abbattuto dai ribelli siriani

Un elicottero d’attacco siriano è precipitato a Damasco, nel quartiere di Qabun, non lontano dal centro storico della capitale. L’elicottero era impegnato nell’azione per la riconquista governativa del quartiere di Darayya, nelle mani dei ribelli: una battaglia costata circa 300 morti (secondo le fonti di opposizione) nel solo fine settimana. Il velivolo, di fabbricazione russa ha preso fuoco (come dimostrano le immagini finite subito su Internet) quando sorvolava il quartiere di Jobar ed è precipitato nel vicino settore di Qabun. La televisione di Stato siriana ha confermato la perdita dell’elicottero e del suo pilota, ma non parla di “abbattimento”. Mentre i ribelli siriani hanno subito lanciato un comunicato-stampa in cui rivendicano di aver colpito e abbattuto il velivolo governativo. Apparentemente si tratta di un piccolo episodio, in una guerra civile costata, in 17 mesi, quasi 20mila morti. Ma, se dovesse essere confermata la notizia dell’abbattimento, si tratterebbe invece di una svolta importante: sarebbe infatti la conferma che i ribelli hanno acquisito una capacità anti-aerea, compromettendo la supremazia dell’aria, finora assoluta e incontrastata, delle forze governative.

Già da mesi i ribelli dell’Esercito Siriano Libero, hanno acquisito una capacità anti-carro. E sono già molti i tank governativi colpiti e distrutti dai missili degli irregolari nelle battaglie di Damasco, Hama, Homs, Deir Ezzor e Aleppo. Un elicottero abbattuto, invece, è una novità.

E, per il regime di Damasco, è una brutta analogia con il passato: in Afghanistan, nel 1985, i mujaheddin iniziarono a vincere la loro guerra contro i governativi di Kabul e i sovietici quando cominciarono ad abbattere gli aerei e gli elicotteri del nemico. Allora erano gli americani ad aver fornito missili Stinger ai mujaheddin, una decisione di politica estera segreta presa da Ronald Reagan che si rivelò decisiva per le sorti del conflitto. E adesso? Chi sta armando i ribelli anti-Assad? Una fonte del giornale britannico “Mirror” riferiva, a metà agosto, di una spedizione segreta di 14 missili Stinger americani all’Esercito Siriano Libero. Le armi anti-aeree sarebbero giunte nelle mani dei ribelli attraverso il confine con la Turchia. Secondo quella fonte, anonima, «L’Occidente e il resto del Medio Oriente non saranno in grado di assicurare una no-fly zone sulla Siria nei prossimi tempi. E così, l’unico modo per fermare il massacro e quello di colpire, da terra, le forze aeree di Assad». 

L’abbattimento di un elicottero d’attacco da parte dei ribelli potrebbe essere una prima conferma di questa nuova azione segreta degli Stati Uniti. E non solo loro: anche l’Arabia Saudita avrebbe contribuito, con i suoi petroldollari, all’acquisto dei missili anti-aerei destinati ai ribelli. Non a caso, nel suo ultimo discorso pubblico, il dittatore Bashar al Assad ha puntato il dito soprattutto contro la “cospirazione” straniera: «Quel che sta avvenendo proprio ora, non è solo un complotto contro la Siria, ma contro tutta la regione – ha dichiarato ieri – di cui la Siria è una pietra angolare». Pietra di cui i vicini vorrebbero molto volentieri fare a meno, a quanto pare, considerando l’aiuto ai ribelli fornito, non solo dall’Arabia Saudita, ma anche dalla Giordania, dal Qatar, dal Kuwait, per non parlare della Turchia.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:37