Cruz, un latino votato dai

Basta una sola elezione per smentire tre luoghi comuni duri a morire. Il voto di cui parliamo è quello delle elezioni primarie repubblicane (per il Senato) nel Texas. I texani hanno dovuto scegliere fra il veterano David Dewhurst e il volto nuovo Ted Cruz. Ha vinto Cruz, nonostante le previsioni fossero molto negative per lui. Nella prima tornata elettorale (il 29 maggio), quando erano in corsa tutti i candidati, Cruz era risultato secondo, ma distanziato di ben 11 punti da Dewhurst. In appena due mesi, in occasione del ballottaggio di martedì, ha compiuto una rimonta incredibile, battendo il candidato di punta di 12 punti: 56% contro 44%. Primo luogo comune smantellato da questa singolare esperienza elettorale: il Tea Party non è morto, ma vivo, vegeto e determinante. È stato solo il Tea Party che ha garantito la vittoria di Cruz.

Lo dimostrano queste cifre: nel primo turno elettorale, i tea partiers erano equamente divisi fra Dewhurst (che aveva attratto il 39% dei loro consensi) e Cruz (il 38%) e il primo ha vinto. Prima del ballottaggio, Cruz ha ottenuto l’endorsment dei think tank FreedomWorks e Club for Growth (due dei principali motori del movimento del tè), il sostegno diretto di Sarah Palin e a lui è stato dedicato il mega–raduno dei tea partiers di Dallas, la settimana scorsa. Ebbene, il 75% degli elettori vicini al Tea Party hanno votato per lui. Determinandone la vittoria, evidentemente. Consideriamo anche che, dalla parte di Dewhurst, c’erano tutti i “pesi massimi” del Partito Repubblicano (a partire dal governatore del Texas Rick Perry, ex candidato alle primarie presidenziali) e la sua passata esperienza di senatore dello stato. Oltre che il vantaggio ottenuto nel primo turno, cosa che lo avrebbe reso più “appetibile” anche agli occhi degli indecisi. Tutti questi elementi non sono bastati. Il Tea Party è la variabile determinante. Secondo luogo comune smantellato: i soldi non vincono le elezioni.

E nemmeno le televisioni. Dewhurst è un ricco uomo d’affari che ha potuto investire, di tasca sua, ben 25 milioni di dollari nella sua stessa campagna. Ha dominato le televisioni, con una valanga di spot elettorali, soprattutto “negativi”, volti a screditare il rivale Cruz. Quest’ultimo, al contrario, è figlio di un immigrato cubano, arrivato in Texas con 100 dollari nascosti nelle sue mutande. Ted Cruz si è fatto da solo, ha compiuto tutta la sua carriera universitaria studiando legge ed è diventato un brillante avvocato. Non aveva ereditato, né costruito negli anni una sua rete di contatti ed entrature ad alto livello (benché Dewhurst lo abbia accusato di essere una “emanazione” di Washington), per il semplice fatto che è alla sua prima esperienza politica. I soldi e i contatti ora li ha eccome: guadagnandoseli sul campo, in questa campagna elettorale. Terzo luogo comune smantellato: gli americani del Texas non sono affatto razzisti. E queste elezioni ne sono la dimostrazione. A Dallas, una folla di 15mila tea partiers (teoricamente, secondo i nostri media, “bianchi, reazionari e razzisti”) hanno tifato per un cubano, immigrato, “figlio di nessuno”. Se dovesse essere eletto al Senato, il prossimo novembre, battendo il suo rivale democratico, sarebbe il primo latino eletto in Texas. Non con i voti progressisti, ma proprio grazie ai “razzisti bianchi” conservatori.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:44