Aleppo, tomba del regime siriano?

La battaglia per il controllo di Aleppo è diventata la “tomba del regime”, secondo i ribelli siriani. Per il regime di Damasco, è ancora la “madre di tutte le battaglie”, che porrà fine una volta per tutte ad un anno e mezzo di insurrezione. Di sicuro per l’esercito regolare siriano si tratta di una campagna militare più lunga del previsto. I ribelli sono al loro sesto giorno di resistenza e non demordono, benché i loro nemici siano meglio addestrati (l’esercito siriano ha mandato nella città le sue unità d’élite) e dispongano di tutta la potenza di fuoco possibile: carri armati, artiglieria, elicotteri d’assalto. La sola durata prolungata dello scontro è un fiore all’occhiello per i ribelli. La comunità internazionale è più attenta ad altri aspetti. Prima di tutto quello umanitario.

Mentre la battaglia infuria, migliaia di abitanti spaventati cercano riparo in scuole, moschee ed edifici pubblici. La Mezzaluna Rossa Araba Siriana (Sarc) e altre associazioni nazionali stanno registrando ogni giorno circa 300 famiglie di sfollati che hanno bisogno di assistenza immediata. Sono tra le 250 e le 350 le persone stipate all’interno di 32 scuole, mentre in circa 7 mila hanno cercato rifugio nelle residenze universitarie. Sarebbero circa 200 mila, secondo le stime del Comitato Internazionale della Croce Rossa (Icrc) e della Sarc, le persone fuggite da Aleppo e dalle zone circostanti nel corso del fine settimana.

L’altro aspetto che interessa alla comunità internazionale è la sicurezza degli arsenali chimici e batteriologici siriani. Il regime di Damasco ha assicurato che non li userà contro il suo popolo, né ad Aleppo, né altrove. Ma la battaglia nella seconda città della Siria preoccupa per due ragioni fondamentali: prima di tutto perché nel caos dello scontro gli arsenali diventano meno sicuri. Non perché siano all’interno della città, ma perché la lotta per il controllo della metropoli sta attirando milizie armate e gruppi terroristi da tutto il Medio Oriente e oltre. Se le armi chimiche o batteriologiche finissero nelle loro mani? Secondo: il regime di Bashar al Assad ha dimostrato di voler impiegare tutta la violenza militare possibile per piegare l’insurrezione, anche a costo di devastare con l’artiglieria e l’aviazione la capitale economica del suo Paese. È un sintomo di disperazione, tutt’altro che rassicurante per un governo che, una volta messo all’angolo, potrebbe usare anche le sue armi di distruzione di massa.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:47