Volontari stranieri ad Aleppo

Aleppo: è iniziata ieri la “madre di tutte le battaglie”, come l’ha definita la stampa vicina al regime siriano. Unità dell’esercito regolare provenienti dalle province di Idlib, Hama e Homs, hanno iniziato l’attacco contro i quartieri della città occupati dai ribelli. Dall’altra parte della barricata, l’Esercito Siriano Libero e tutte le formazioni armate di insorti, si sono coalizzate per rendere la vita difficile ai regolari. Non hanno molte chance di vittoria, vista la sproporzione numerica e qualitativa delle forze in campo. Ma hanno intenzione di trascinare l’esercito in una prolungata e sanguinosa guerriglia urbana, strada per strada. La battaglia di Aleppo si è subito internazionalizzata. I Paesi vicini considerano, quale problema numero uno, la prevista ondata di profughi. Con due milioni di abitanti (di cui 300mila cristiani), Aleppo è la più popolosa città della Siria. Già da ieri, migliaia di profughi si sono accalcati al vicino confine turco in cerca di salvezza. Nei prossimi giorni potrebbero diventare centinaia di migliaia. La preoccupazione peggiore, però, è l’intervento di gruppi terroristi stranieri, che combattono in entrambi gli schieramenti. Dalla parte degli insorti stanno accorrendo jihadisti di Al Qaeda.

L’Esercito Siriano Libero rinnega l’alleanza con la rete terrorista orfana di Bin Laden. Ma sono gli stessi siti qaedisti che mostrano le immagini dei combattenti in Siria. Accorrono da tutto il mondo musulmano: dall’Iraq, dalla Turchia e da Paesi anche lontani quali la Cecenia, la Libia, l’Algeria, la Somalia e l’Afghanistan. Sono attirati dalla possibilità di combattere contro gli “eretici” alawiti che costituiscono il nucleo del regime di Damasco. E, nel lungo periodo, vogliono instaurare uno sceiccato islamico anche in Siria, come stanno tentando di fare in Somalia e Yemen. Dalla parte di Assad, invece, combattono soprattutto gli Hezbollah filo-iraniani, che arrivano dal Libano. Ma anche i curdi del Pkk. Elementi delle forze regolari siriane sarebbero anche entrate nel Curdistan iracheno per reclutare le milizie locali. E il governo di Ankara avverte: in caso di incidenti nel Curdistan turco, parte l’intervento militare. Benché le prospettive di una vittoria ad Aleppo siano buone (nel breve periodo), per il regime di Damasco non vi sarebbero comunque grandi prospettive. Per l’ex comandante della missione Onu in Siria, il generale norvegese Robert Mood, la caduta di Assad «è solo una questione di tempo».

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:43