Le armi nel dopo-strage di Denver

La prima reazione dei cittadini del Colorado alla “strage di Batman” è: comprare armi. Mentre si moltiplicano gli appelli e le prediche contro la diffusione di pistole, fucili e munizioni, per il grosso della gente, nello stato americano colpito dalla tragedia, il ragionamento è molto più semplice: «Voglio avere una chance in più per salvarmi». È quel che dicono molti dei nuovi clienti di un negozio di armi di Denver, stando a quel che riporta Denver Post il suo proprietario, Dick Rutan: «Vogliono avere la possibilità di proteggere loro stessi e le loro famiglie, nel caso si trovino in una situazione analoga a quella capitata in quel cinema». Non si tratta di casi isolati o di testimonianze sporadiche.

Le richieste dei moduli per il porto d’armi sono aumentate del 43% nello stato del Colorado. Non ci sono ancora statistiche dettagliate sull’incremento della vendita delle armi, ma tutti i negozi sondati rivelano di fare affari d’oro. In alcuni casi c’era la coda per entrare a comprarsi un fucile o altre armi da auto–difesa. In Italia non ci penseremmo nemmeno. In caso di massacro, il nostro Parlamento avrebbe già varato una nuova legge, in tempo record, per introdurre ulteriori divieti al porto d’armi individuale. Si penserebbe, piuttosto, a potenziare la polizia e i controlli nei luoghi pubblici, cinema inclusi. Negli Stati Uniti, invece, la libertà di portare armi è un diritto fondamentale, iscritto nella Costituzione sin dalla fine del XVIII Secolo, introdotto nel Secondo Emendamento.

Nella tradizione nordamericana è un principio libertario: la nuova nazione, nata da una rivoluzione armata contro gli inglesi, era riluttante ad introdurre un vero monopolio statale della violenza, per timore che il governo americano stesso si trasformasse in una nuova tirannia. Essere armati, per l’americano tradizionalista, è ancora sinonimo di libertà individuale. Ma anche di sicurezza, per la stragrande maggioranza dei proprietari di armi da fuoco. Anche chi non ha paura del ritorno della regina d’Inghilterra o di un nuovo, eventuale, governo tirannico americano, ha comunque il terrore che un criminale si presenti alla sua porta. Il dibattito contemporaneo verte soprattutto sul nesso fra numero di armi da fuoco e livello di criminalità. Se la densità delle pistole e dei fucili in rapporto al numero di abitanti cresce, cresce in modo proporzionale anche la criminalità? Il rapporto fra numero di armi e numero di atti criminali non è mai stato dimostrato statisticamente. Ci ha provato anche Michael Moore, nel suo famoso docu–film di denuncia “Bowling a Columbine”, facendo però un clamoroso autogol: voleva dimostrare che gli americani fossero più violenti perché più armati, ma andando in Canada si è ricreduto. Nel vicino settentrionale degli Usa, infatti, le armi sono diffuse tanto quanto negli Stati Uniti, ma il tasso di delitti è molto inferiore. Se fosse andato in Svizzera, avrebbe subito la stessa delusione: nella confederazione elvetica sono state legalmente vendute 2 milioni e 300mila armi da fuoco, su una popolazione di appena 7 milioni e mezzo di abitanti.

E la Svizzera è uno dei Paesi meno violenti d’Europa. Moore ha dunque dovuto cambiare tesi: nella sua conclusione di “Bowling a Columbine”, afferma che gli Stati Uniti siano violenti perché più “paranoici”. Tesi discutibile, perché non è possibile stabilire un confine netto fra la “paranoia” (a meno che non sia clinicamente diagnosticata) e una paura fondata. Nel caso dei cittadini che corrono a comprare armi nel Colorado, si tratta certamente di una paura ben fondata, causata da un evento specifico: 12 morti in un cinema ammazzati da un folle ben armato. Qui subentra, comunque, un discorso psicologico, oltre che statistico. Il possesso di un’arma induce maggiormente all’aggressione o alla deterrenza? Un caso in particolare, negli Stati Uniti, può chiarire le idee. La cittadina di Kennesaw, in Georgia, nel 1982 ha introdotto una legge locale unica nel suo genere: di fronte ad una crescente ondata di criminalità, l’amministrazione cittadina ha introdotto l’obbligo di possedere almeno un’arma di autodifesa in casa propria. Kennesaw è dunque l’unico caso in cui sappiamo, già in partenza, che tutti i cittadini sono armati. E la criminalità non è aumentata. Anzi: dal 1982 al 1984 i furti negli appartamenti si sono ridotti dal 65% all’11%. Il tasso di criminalità è stato abbattuto del 50% nei 20 anni successivi all’introduzione della legge sulle armi. Se consideriamo Kennesaw come un piccolo laboratorio sociale, possiamo dare una risposta alla nostra domanda: le armi non incoraggiano l’aggressione, ma fungono da deterrente nella stragrande maggioranza dei casi. Dove sta il problema, allora? I media e i politici americani si sono lanciati subito nel cercare di individuare le cause della violenza.

Un anchorman della Abc si è affrettato a dire che il pluri–omicida di Denver, James Holmes, fosse un membro dei Tea Party. Il giorno stesso abbiamo appreso che l’anchorman lo aveva scambiato per un altro uomo, omonimo e incensurato. E così è crollato il tentativo di cercare un nesso fra lo stragismo e la destra. Il James Holmes della strage di Batman è un ex studente di neuroscienze che si definisce apolitico. Dall’altra parte dello schieramento, il conservatore Mike Huckabee ritiene che la strage sia «Un problema di peccato e non di armi», perché ritiene che episodi simili possano accadere solo in una società che «ha dimenticato Dio». Eppure in Paesi dove l’ateismo è molto più diffuso, stragi simili sono molto più rare. Non c’è alcun nesso evidente fra la fede e la sicurezza. Non c’è una causa unica che accomuni la strage di Denver e altri massacri compiuti da “lupi solitari”, come quello compiuto da Breivik (che sbandiera motivi politici tutti suoi) in Norvegia o da Seung Hui Cho (che soffriva di depressione, si sentiva discriminato e cercava vendetta) nel Virginia Tech.

Quel che fa paura è proprio la “scheggia impazzita”. Le menti criminali esistono, sono sempre esistite e sono imprevedibili. Se armate, possono costituire un pericolo. Individuare e prevenire una mente criminale è come cercare un ago in un pagliaio. È però sempre possibile, per le potenziali vittime, cercare di difendersi, quando la mente criminale si palesa. E dunque, non è lecito dar torto a quelle migliaia di americani del Colorado che corrono a comprare armi, dopo che molti loro concittadini hanno già perso la vita, in una tranquilla serata estiva, mentre erano al cinema a vedere Batman.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:38