Rajoy mette a dieta la Spagna

Ci sono solo due modi per risanare il bilancio. Alzare le tasse o tagliare le spese. Mentre il governo Monti, in Italia, finora, ha alzato le tasse e solo da pochissimo si sta dedicando ad una prima e limitata “spending review”, il governo Rajoy, in Spagna, si sta impegnando nel drastico taglio della spesa pubblica. Limitando al minimo indispensabile l’aumento delle imposte indirette.

Mariano Rajoy ha annunciato la sua politica di bilancio ieri, dopo la crisi finanziaria (causata dal rischio di bancarotta della semi–pubblica cassa di risparmio Bankia) che ha rischiato di far precipitare il Paese nello stesso abisso in cui è finita la Grecia. Il rischio di default è stato solo temporaneamente scongiurato e unicamente grazie al salvataggio dell’Unione Europea. I ministri delle Finanze dell’Ue (Eurogruppo) hanno approvato un fondo di 440 miliardi di euro e prevedono che una prima tranche di 30 miliardi giungerà alla Spagna entro la fine del mese.

L’aiuto non è gratuito: la Spagna deve rimettere i suoi conti in ordine entro il 2014. Prima di tutto sarà necessaria una riforma del sistema bancario, come ha sottolineato Jean Claude Juncker, presidente dell’Eurogruppo. Ma anche il bilancio nazionale deve ridurre il suo deficit. Rajoy ha dunque solo due anni e mezzo di tempo per metter mano a riforme drastiche. A questo punto, posto di fronte alla scelta di alzare le tasse o tagliare le spese, ha optato per la seconda strada.

La “cura dimagrante” del bilancio spagnolo consiste in un taglio complessivo di 65 miliardi di euro, spalmati su due anni e mezzo. «Gli eccessi del passato (dei governi socialisti Zapatero, ndr) devono essere pagati adesso», ha dichiarato il premier di centro–destra per spiegare la necessità della sua politica. Verranno dunque annullate le tredicesime negli stipendi degli impiegati pubblici, ridotto del 30% il numero dei consiglieri nella maggioranza delle 8000 e passa municipalità in cui è divisa la Spagna. Saranno razionalizzate, accorpate fra loro o soppresse le legioni di aziende municipali che, spesso, si sovrappongono o risultano del tutto inutili a fornire servizi. Per ridurre i costi della politica e para–politica, inoltre, i sussidi a partiti e sindacati verranno tagliati del 20%. Dovranno essere ridotti anche i sussidi per chi è senza lavoro, in un Paese che ha il 24% di disoccupazione, il 51% fra i giovani, il più disastroso dato d’Europa. A fronte di questa cura dimagrante, l’aumento della tassazione risulta quasi modesto, ma non indolore: l’aliquota Iva viene aumentata dal 18% al 21%, l’aliquota Iva ridotta (per hotel, trasporti pubblici e diverse categorie alimentari) dall’8% al 10%. Sarà sicuramente una mazzata sui consumi e politicamente si tratta della scelta più difficile per un premier che aveva promesso di non alzare le tasse. «Le circostanze cambiano» si è giustificato Rajoy di fronte al parlamento.

La sostanza della sua politica, comunque, non cambia: viene ridotto il peso dello Stato. E sarà una battaglia dura. Già la giornata di ieri è stata caratterizzata da una grande manifestazione di minatori a Madrid: protestano contro il taglio dei 2/3 dei sussidi statali alle miniere, un’apparente riedizione dei grandi scioperi dei minatori contro Margaret Thatcher nel 1984. Rajoy riuscirà a dimostrare una tempra degna della Lady di Ferro?

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:14