007 tedeschi dalla parte dei neonazi

Grane in casa tedesca. No, non alludiamo all’esito del Consiglio europeo di Bruxelles del 28 e 29 Giugno scorsi e all’annessa vittoria della linea Monti sullo scudo anti–spread – nonostante in questi giorni si siano manifestati perentori, in tema, i niet di Olanda e Finlandia – e nemmeno alla sconfitta della Nazionale allenata da Joachim Loew nella semifinale di Euro 2012 contro la super sfavorita Italia di Cesare Prandelli. Ci riferiamo, piuttosto, a un mero affaire di politica interna comunque fonte di non pochi imbarazzi in terra germanica.

I fatti: lunedì scorso il capo dell’intelligence tedesca, Heinz Fromm, ha rassegnato le proprie dimissioni a seguito di talune rivelazioni secondo cui, nel suo ufficio, sarebbero andati distrutti alcuni importanti documenti contenenti informazioni circa l’attività di una cellula terroristica di estrema destra e di chiara ispirazione neo–nazista – il National Socialist Underground (Nsu). La cellula, nel recente passato, s’era macchiata di inquietanti ed efferate azioni criminali: dalle uccisioni di un’agente di polizia e di nove immigrati (otto turchi e un greco) al ferimento, mediante una bomba, di una ventina di persone (anche in questo caso in maggioranza di nazionalità turca) fino ad arrivare alle quattordici rapine d’autofinanziamento.

Distruzione di documenti decisivi per le indagini, dicevamo. Ovvero, di sette faldoni contenenti le indicazioni di alcuni informatori legati all’estrema destra. Ma perché? Almeno fino ad ora, non è dato conoscere con dovizia di particolari i motivi di un simile insabbiamento. Ma al di là delle cause, delle ragioni per cui uomini di Stato avrebbero coperto esponenti del neo–nazismo tedesco, un dato appare inequivocabile: le informative (letteralmente) a brandelli gettano non poche ombre sull’attività dei servizi.

Nato nel 1950 sulle orme giuridico–isituzionali del Fbi, allo scopo di prevenire gli attacchi delle frange estreme di derivazione nazista e comunista che potessero mettere in discussione il nuovo corso democratico della Germania Ovest, il Verfassungsschutz, negli ultimi anni, s’era caratterizzato per il suo forte ed incisivo contrasto al terrorismo di matrice islamica. Eppure, nella migliore delle ipotesi è parso assolutamente incapace di arginare il fronte dell’estrema destra; nella peggiore, si sarebbe posto rispetto ad esso in una condizione di connivenza se non addirittura di complicità.

Anche – e soprattutto, verrebbe da dire – nei principali quotidiani tedeschi i punti interrogativi si sprecano. Il Die Welt, ad esempio, si chiede: «Si tratta di un mero errore tecnico o di un occultamento deliberato?». E ancora: «Gli agenti dei servizi conoscevano particolari rilevanti sui reati e non hanno comunicato nulla alla polizia?». Una cosa è certa, però: «Episodi del genere riducono, e non poco, la fiducia dei cittadini nei confronti dell’attività del  Verfassungsschutz e ne danneggiano la reputazione». Per il Suddeutsche Zeitung, invece, «tale scandalo mostra con estrema evidenza quanto possa essere faticoso guidare e controllare l’attività dei servizi nel loro complesso. È assai arduo, poi, comprendere come gli agenti possano difendere la democrazia e lo stato di diritto se sono loro i primi a disattenderne la difesa con atti contrari ai propri doveri».

Con riguardo ai delitti poc’anzi citati, inoltre, i servizi avevano per lungo tempo battuto le piste legate alla criminalità straniera, ignorando le testimonianze dei familiari delle vittime e un’informativa degli 007 italiani circa l’esistenza di un network neo–nazista in grado di colpire obiettivi sensibili. Il resto è storia dei nostri giorni, con la scoperta della cellula lo scorso novembre – con i suicidi di Uwe Mundios e Uwe Bohnhardt e l’arresto del terzo membro, Beate Zschape, attualmente in carcere – e l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta d’accertamento dei fatti.

Non solo. Sempre in base a quanto emerso in questi giorni, taluni esponenti politici della sinistra parlamentare sarebbero stati ‘attenzionati’ dai servizi guidati da Fromm. Sebbene siano oramai trascorsi oltre 20 anni dalla caduta del Muro di Berlino e sebbene la sinistra, anche radicale, non rappresenti più una minaccia credibile alla stabile e consolidata democrazia tedesca.

L’ormai ex capo dei servizi ha voluto esternare il suo sdegno e, in questo modo, smarcarsi dai comportamenti degli agenti coinvolti in un colloquio con il Der Spiegel di sostanziale endorsement della tesi del Die Welt: «Niente del genere era mai accaduto durante gli anni di mia permanenza. Si tratta del più grande abuso di fiducia della storia del Verfassungsschutz e, nel contempo, di atti capaci di danneggiare l’immagine del mio ufficio». Insomma, possibile non sapesse?  Nel frattempo, il ministro degli Interni Hans–Peter Friedrich ha sin da subito annunciato accurate indagini per far luce sulle responsabilità. Secondo le indiscrezioni riportate sempre dal Der Spiegel, inoltre, Fromm dovrebbe essere sostituito dal suo vice nonché ex braccio destro, Alexander Eisvogel.

Tuttavia, avvicendamenti a parte, un quesito non può non sorgere spontaneo: avrà l’impianto istituzionale tedesco gli anticorpi necessari per uscire indenne (e rafforzato) da uno scandalo di questo genere? Lo scopriremo solo vivendo, lo scopriremo, forse, grazie all’attività d’indagine della Commissione.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:40