La persecuzione silenziosa dei cattolici

Chiese devastate, terreni espropriati, sacerdoti picchiati, fedeli intimiditi, teppisti pagati dalle autorità locali per malmenare e devastare, polizia che non interviene. O agisce con violenza dalla parte degli aggressori. Sono queste le caratteristiche della persecuzione dei cattolici in Vietnam, il regime comunista che vanta ancora la vittoria sugli americani nella lunga guerra del 1965–1975 e che, formalmente, nella sua costituzione, garantisce libertà di culto a tutti i suoi cittadini. Ma che, nei fatti, impedisce a chiunque di avere fede per qualsiasi religione che contrasti dell’ateismo marxista. I cattolici sono le vittime predestinate della lunga campagna del terrore di Stato, perché le conversioni, specie nelle zone rurali, sono in aumento.

È in una di queste aree, Con Cuong, nella provincia di Nghe An (Vietnam settentrionale), che si è consumato l’ultimo atto di violenza del regime. Domenica scorsa, un gruppo di picchiatori (che hanno confessato ad alcuni testimoni di esser stati pagati dalle autorità, con 25 dollari a testa) ha fermato il parroco locale, Nguyen Dinh Thuc, intimandogli di non celebrare la messa. Lo hanno malmenato e poi hanno iniziato a picchiare anche i fedeli accorsi in suo aiuto, lasciando in fin di vita una donna, tuttora ricoverata in gravi condizioni. La polizia è intervenuta, ma solo per arrestare diversi fedeli cattolici e assecondare la devastazione della chiesa locale da parte della banda di picchiatori. I cristiani hanno risposto con una manifestazione di fronte alla sede della polizia del distretto, per rivendicare la libertà di culto. Che dovrebbe, appunto, essere garantita dalla legge. Hanno poche speranze di ottenere giustizia: la parrocchia di Con Cuong è oggetto di aggressioni e intimidazioni già da un anno e mezzo. In questi mesi, stando a fonti dell’agenzia missionaria Asia News, i funzionari del distretto girano in jeep fra le case lanciando slogan contro la religione, oppure intimando ai fedeli di non andare a messa. Nel periodo pre–natalizio si sono registrati 15 arresti di fedeli, tutti prelevati dalla polizia senza un mandato di cattura.

La guerra contro Con Cuong è solo un esempio della repressione. Anche la capitale, Hanoi, ha assistito ad un’aggressione, ad aprile, contro una struttura religiosa, appena costruita, che avrebbe dovuto essere adibita a orfanatrofio. Anche in quel caso, una banda di picchiatori (appoggiata dalla polizia) aveva dato l’assalto alla struttura, colpendo anche i bambini ospiti e lasciando in coma il sacerdote che si prendeva cura di loro, padre Van Binh.

Oltre alle azioni violente plateali, il regime vietnamita promuove continue campagne di diffamazione mediatica contro la religione e arresta gli attivisti che si battono per la libertà di religione. Nel marzo scorso, la Commissione per la Libertà Religiosa Internazionale del Congresso degli Stati Uniti, alla luce delle continue violazioni dei diritti di libertà di culto, aveva proposto di inserire di nuovo il Vietnam nella “lista nera” del Dipartimento di Stato sui peggiori Stati repressivi. Dal 2004 al 2006 c’era già. Poi, per motivi politici, è stato cancellato. Almeno negli Usa, però, la repressione in Vietnam crea ancora dibattito. In Italia si parlava del Paese asiatico solo fino al 1975, finché c’era la guerra contro gli Stati Uniti. Di tutto quel che è venuto dopo si è preferito stendere un velo pietoso.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:35