In Cina parlare di aborto è tradimento

Cina, un passo avanti e due passi indietro per la questione degli aborti forzati. Tre funzionari locali di Zengjia, nella contea di Shaanxi, erano stati sospesi perché avevano costretto una donna, Feng Jianmei, ad abortire al settimo mese di gravidanza, perché aveva violato la legge del “figlio unico”.

Il caso era finito sotto la lente di tutti i media internazionali e aveva provocato uno scandalo anche nell’opinione pubblica in Cina. La punizione dei funzionari, però, non vuol dire che il controllo sulle famiglie venga allentato. E nemmeno che la stessa famiglia di Feng Jianmei “la faccia franca”. Dopo che il caso è uscito dai confini della contea ed è diventato internazionale, per il marito della donna, Deng Jiyuan, è iniziata una vera e propria persecuzione. Ed ora risulta “scomparso” da almeno due giorni. Secondo quanto riporta l’agenzia missionaria Asia News, le pressioni sono iniziate quando Deng ha cercato di andare a Pechino per partecipare a una trasmissione online sull’aborto.

L’uomo è stato pedinato e minacciato da gruppi di “teppisti” a casa sua, nell’ospedale in cui era ricoverata la moglie, fin dentro le toilette. Alle minacce sono seguiti anche i pestaggi. Le pressioni sono aumentate quando la famiglia ha rilasciato un’intervista al settimanale tedesco Stern. Due giorni dopo, domenica 24 giugno, una quarantina di persone hanno manifestato di fronte all’ospedale gridando portando striscioni che minacciavano tutta la famiglia con la scritta «Picchia forte i traditori e buttali fuori da Zengjia». Uno dei parenti, che ha cercato di fotografare il gruppo, è stato malmenato. “Traditori”, nella tradizione del regime comunista cinese, sono coloro che parlano ai media stranieri. Altri “traditori”, come coloro che denunciarono le inefficienze dello Stato prima e dopo il terremoto del Sichuan (2008), erano stati processati e condannati. Al momento non è dato sapere che fine abbia fatto Deng Jiyuan.

Ma quasi certamente è vittima, non della furia popolare, bensì di una vendetta mirata delle autorità locali, che non vogliono fare da capro espiatorio per una politica, quella del figlio unico, sempre più odiata dai cinesi. «In passato, un caso del genere non sarebbe mai emerso – dichiara il giornalista Li Hongkuan a Radio Free Asia – Molta gente non ne poteva sapere nulla a causa della rigida censura applicata dal Partito Comunista sui media. Il caso (di Feng Jianmei, ndr) che è venuto a galla nella provincia settentrionale dello Shaanxi è solo la punta di un iceberg».

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:42