Ecco come Morsi otterrà pieni poteri

Egitto, il risultato era ormai scontato, anche se è stato annunciato in ritardo: domenica il candidato dei Fratelli Musulmani, Mohammed Morsi, è stato ufficialmente proclamato vincitore delle elezioni presidenziali. È il primo capo di Stato democraticamente eletto. Il primo islamico fondamentalista che governa il più popoloso Paese arabo.

Quel che non è scontato è quanto potere abbia il nuovo presidente.  Sul fronte interno, lo Scaf (Supremo Consiglio delle Forze Armate) ha già sottratto molte funzioni al presidente. E il parlamento, dominato da Libertà e Giustizia (emanazione dei Fratelli Musulmani) e da Al Nour (ultra–fondamentalisti islamici) è stato sciolto dopo una clamorosa sentenza della Corte Suprema. Di fronte a questa dura realtà, Mohammed Morsi è un presidente a metà. Ora bisogna solo vedere se e come cercherà di riprendersi l’altra metà del suo potere. Decine di migliaia di militanti dei Fratelli Musulmani sono accampati permanentemente in Piazza Tahrir, al Cairo. Sono disposti ad affrontare lo scontro diretto con i militari, forti del sostegno della maggioranza assoluta degli egiziani. Il neo–eletto presidente, tuttavia, si è subito distinto per la moderazione. Si dichiara il “presidente di tutti gli egiziani” e promette di rispettare i diritti di tutti, donne e minoranze religiose comprese. Non si nota alcun significativo scivolone nella retorica dello Stato islamico. Ma anche questo moderatismo va inquadrato in un discorso tattico: finché l’esercito sarà dall’altra parte, Morsi dovrà tener conto di rapporti di forza a lui sfavorevoli. Le forze armate possono essere convertite alla causa, ma ci vogliono anni. Lo scenario più probabile, dunque, appare quello “turco”: una progressiva erosione del potere militare da parte di un esecutivo islamico. In Turchia questo processo non è ancora concluso a 10 anni di distanza dalla prima vittoria elettorale del partitoAkp. Ma ad Ankara non sono più i vecchi generali laici (in galera, per lo scandalo Ergenekon) che comandano.

All’estero il problema di Morsi appare ancor più immediato. La domanda è sostanzialmente una sola: quanto potere avrà per rompere ogni rapporto con Israele? Anche qui l’atteggiamento del neo–eletto presidente è molto prudente. Nel suo primo discorso promette il rispetto di tutti gli impegni internazionali precedenti. Dunque, si intuisce: anche il trattato di pace con lo Stato ebraico, in vigore da 33 anni. Tuttavia non è un caso che, a festeggiare la vittoria di Morsi, siano stati soprattutto Hamas a Gaza (partito islamico affiliato ai Fratelli Musulmani) e il regime di Teheran, entrambi nemici di Israele senza se e senza ma. Ci sono metodi più sottili per combattere una guerra. Invece che strappare un trattato, il nuovo presidente islamico egiziano può chiedere di emendarlo. Può nuovamente militarizzare il Sinai. Può chiudere un occhio sull’arrivo a Gaza di armi e volontari jihadisti. Tollerare attacchi terroristici contro Israele partiti dal territorio egiziano. Permettere alla marina iraniana di passare il canale di Suez ed entrare nel Mediterraneo, quando vuole. Può interrompere le forniture di gas allo Stato ebraico. Tutte queste manovre, Morsi le può fare benissimo: perché la giunta militare che lo ha preceduto ha già iniziato a farle. Già da un anno.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:32