Con Wintour ora il Diavolo veste Obama

Anna Wintour ha stretto amicizia con i Democratici americani. A vederla in stile Facebook suonerebbe così. Anna Wintour è la chiacchieratissima direttrice di Vogue Usa da ben ventitré anni. Di mestiere impone mode e stili, di norma schifa tutto quello che è italiano ed esalta tutto quello che è a stelle e strisce. Ha intimato a Oprah Winfrey di dimagrire venti chili per permetterle di comparire sulla copertina della sua rivista, perché là sopra possono apparire solo signore e signorine dentro certi canoni, figurarsi se un po’ di ciccia può essere ammessa da Sua Maestà Tendenza.

Che Wintour sia legata a doppio filo con il partito di Obama è assodato da quattro anni circa: già nel 2008 aveva infatti creato il negozio online “Runway to win” che, mediante la vendita di alcuni oggetti a favore del candidato democratico, aveva raccolto circa un milione di dollari per finanziare la campagna del neo–presidente. E proprio pochi giorni fa la plenipotenziaria di Vogue ha rilanciato inaugurando la campagna “Bark for Obama”, una serie di magliettine e gadget per cani con sopra le effigie dell’attuale presidente Usa, disegnate da stilisti pure abbastanza famosi come Marc Jacobs.

Evidentemente sia la giornalista di origini inglesi sia la grande D devono averci preso gusto, tanto che Jim Messina, il quarantenne leader della macchina elettorale di Obama, ha iniziato a frequentare sempre più la signora Wintour. Il fine? Ovvio, delegare la regina dello stile americano a regina dello stile e della comunicazione visiva del presidente, nella speranza di poter rimanere ad occupare lo studio ovale per altri quattro anni.

La si potrebbe definire una scelta di dubbio gusto, di questi tempi. Con gli americani che tirano la cinghia subendo la crisi globale, con centinaia di migliaia di cittadini che hanno perso posti di lavoro fino a poche settimane fa e che vedono una ripresa all’orizzonte lenta come un ippopotamo in una domenica d’agosto, la risposta è “diamo la campagna elettorale in mano alla capoccia dello stile”. Un po’ un pugno nello stomaco di tutta quella middle–class che è sempre più lower e che vorrebbe sentir parlare di investimenti e ripresa.

A Chicago però sono convinti: la campagna tutto cuore–America–volontariato di quattro anni fa non può funzionare anche questa volta. Obama ora non è più uno sconosciuto, non è più l’idea di quel progresso civile incarnato da quell’uomo di colore che spazzava via la corrotta ed ormai troppo lobbizzata dinastia Bush, bensì è il presidente che sta lottando contro la crisi mondiale. Puntare sullo stile per rinforzarlo, far sentire Obama come il vicino di casa accogliente ed ormai accettato, integrato nel proprio homeland pur con tutti i suoi vizi e le sue virtù.

In qualche modo è una strategia conservativa e conservatrice con un sottofondo di: “chi lascia la via vecchia per la nuova...”. Cosa dicono i Democrats italiani di questa cosa? Da dentro il partito ci dicono che “strategie del genere non sono previste. In personaggi come Anna Wintour ed in baggianate del genere non ci siamo caduti ancora”. Per ora.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:12