In Egitto tornano gli amici di Mubarak

Golpe bianco in Egitto. Con due sentenze ben mirate, la Corte Suprema del Cairo ha confermato la legittimità della candidatura di Ahmad Shafiq (ex primo ministro di Mubarak) e, soprattutto, ha sciolto l'Assemblea Popolare, dichiarando incostituzionali le elezioni parlamentari.

Il massimo organo giudiziario egiziano doveva decidere, prima di tutto, sulla costituzionalità della Legge di Esclusione, presentata dall'Assemblea Popolare e volta ad eliminare dalla competizione presidenziale gli ex ministri e funzionari del regime di Mubarak. Se fosse stata considerata legittima, questa nuova norma avrebbe sbarrato la strada al candidato Ahmed Shafiq, vincitore del primo turno delle elezioni presidenziali assieme all'islamico Mohammed Morsi. Quest'ultimo, leader di Libertà e Giustizia (il partito emanazione della Fratellanza) sarebbe diventato, di fatto, un candidato unico. La Corte Suprema ha dichiarato incostituzionale la nuova legge e ha salvato la candidatura di Shafiq. «Ci aspettavamo che la Corte Suprema giudicasse incostituzionale la norma sull'isolamento dalla politica degli esponenti dell'ex regime - ha dichiarato ieri Mohammed Qatari, capo della campagna elettorale per Ahmed Shafiq - La sentenza è giusta ed era prevedibile che la Corte prendesse questa decisione. Il suo operato è lontano da influenze politiche ed è ancora una delle istituzioni che in Egitto operano in modo trasparente».

Ma non si era ancora scaldato il dibattito fra i sostenitori e i detrattori di questa sentenza, che subito arrivava la doccia fredda sull'Assemblea Popolare. In questo caso, la Corte Suprema doveva decidere sul ricorso, presentato dai partiti di minoranza, sulla legge elettorale. Si sospettava della legittimità di un terzo dei seggi, vinti tramite sistema maggioritario uninominale. Una questione "tecnica", con risvolti politici pesanti: la maggioranza di quei seggi erano stati vinti da esponenti dei Fratelli Musulmani e dei Salafiti. La Corte, in questo caso, ha giudicato incostituzionale la legge elettorale. Di conseguenza, invece di ordinare nuove elezioni per rinnovare i seggi in dubbio (come tutti si aspettavano), ha annullato le elezioni tout court. Il parlamento è tutto da rifare. Schiere di poliziotti, protetti da sbarramenti di filo spinato, hanno dovuto proteggere la Corte Suprema dall'assalto di una folla inferocita. E intanto l'esercito riprendeva il controllo reale del potere.

Se non vi fossero state queste due sentenze, i fondamentalisti islamici avrebbero conquistato il potere per via elettorale.

In un solo giorno, invece, i fondamentalisti islamici, sia i Fratelli Musulmani che i Salafiti, hanno perso tutto quello che avevano conquistato con il voto popolare nei mesi scorsi. Un successo cancellato con un tratto di penna. La loro reazione, adesso, è una grave incognita che pesa sull'Egitto. Perché la situazione ricorda terribilmente da vicino quella del golpe in Algeria, venti anni fa. Anche in quel caso, i fondamentalisti del Fronte Islamico di Salvezza avevano vinto le elezioni, ma si erano viste strappare il potere da un colpo di Stato militare. Seguirono 10 anni di guerra civile, con circa 200mila morti.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:42