Caro Pakistan, la pazienza ha un limite

Duro attacco verbale di Leon Panetta, segretario Usa alla Difesa, contro il Pakistan. Nel corso della sua visita a Kabul, il ministro americano ha detto senza mezzi termini che «la nostra (degli Usa, ndr) pazienza ha un limite». Perché: «È difficile creare un Afghanistan sicuro finché il Pakistan resterà un rifugio per i terroristi». «È molto importante che il Pakistan compia passi per contrastare questa minaccia - ha dichiarato il segretario durante una conferenza stampa nella capitale afgana - Lo abbiamo detto chiaramente più e più volte...è una situazione terribile quella in cui le nostre forze, i nostri uomini vengono attaccati da gente che poi può tornare a rifugiarsi in Pakistan». Il giorno prima, nel corso della sua visita in India, il ministro statunitense aveva anche detto che «gli attacchi dei droni continueranno in Pakistan» perché «agiscono anche come nostra autodifesa».

Le sue parole giungono all'indomani della conferma dell'uccisione del leader di Al Qaeda Yahya Al Libi, in territorio pakistano: anch'egli, come molti altri capi della rete del terrorismo, Bin Laden compreso, avevano trovato in Pakistan un rifugio sicuro. Le regioni tribali, nei pressi del confine afgano, sono dei veri e propri "santuari", in cui i terroristi jihadisti possono riorganizzarsi e tornare a combattere in territorio afgano. Godono dell'assistenza (in termini di materiale bellico e addestramento) di almeno una parte dei servizi segreti pakistani (Isi), secondo quanto denunciano da anni i comandi americani in Afghanistan.

Questo conflitto segreto si somma ad un braccio di ferro diplomatico fra Washington e Islamabad, iniziato con l'uccisione di Bin Laden ad Abbottabad. Secondo il governo pakistano si è trattato di una violazione del suo territorio da parte degli Usa. E gli uomini che hanno collaborato all'operazione, fra cui il medico Shakil Afridi, sono stati arrestati. Afridi, nonostante le proteste statunitensi, è in carcere con una condanna a 33 anni di carcere. Il Pakistan ha anche chiuso, da novembre, i valichi con l'Afghanistan, impedendo il passaggio delle colonne logistiche della missione Isaf. Lo fa in risposta dei raid occidentali sul suo territorio.

Ma che alleato è quel governo che non combatte i terroristi (anzi, li arma sottobanco), protesta se qualcun altro lo fa al posto suo e condanna per "tradimento" chi coopera alla loro uccisione? La questione dell'alleato/nemico Pakistan è ormai vecchia. L'amministrazione Bush aveva creduto di venirne a capo sostituendo l'inaffidabile regime militare di Musharraf con un governo più democratico, guidato da Asif Alì Zardari, vedovo di Benazir Bhutto (assassinata nel 2007). Ma il nuovo presidente presenta esattamente gli stessi problemi di gestione dell'alleanza. O non riesce a controllare l'Isi, o ne è complice, o entrambe le cose. Un tentativo di combattere le milizie irregolari nelle aree tribali con l'esercito regolare è finito nel nulla, dopo una campagna molto sanguinosa. Il Pakistan, dal 2008, è sempre sull'orlo di una guerra civile. Obama, nel suo programma elettorale, aveva promesso di giungere ad una conclusione chiara con Islamabad: o con noi o contro di noi. Dopo quattro anni è punto e a capo: con noi, ma anche contro di noi. Finché la pazienza americana non si esaurirà veramente.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:35