
The Iron Lady", il film biografico su Margaret Thatcher è
fruttato un Oscar a Meryl Streep per la sua eccezionale
interpretazione. Ed è servito a milioni di spettatori per ricordare
un personaggio, troppo spesso maltrattato, che cambiò la storia
negli anni in cui fu l'unica premier donna della Gran Bretagna dal
1979 al 1990. Ma sul grande schermo abbiamo visto la vera Margaret
Thatcher? Ne abbiamo parlato con il suo ex speechwriter, John
O'Sullivan (attualmente vicepresidente e direttore esecutivo di
Radio Free Europe), ospite a Milano dell'Istituto Bruno Leoni. Per
ricordare chi è stata "La vera Iron Lady". «Prima di tutto il film
è molto buono, sotto un certo aspetto - spiega John O'Sullivan a
L'Opinione - Grazie all'interpretazione di Meryl Streep abbiamo una
potente raffigurazione della personalità di Margaret Thatcher:
un'eroica, formidabile leader politica. Ma se fai un film su
Margaret Thatcher, non credo che la cosa più importante sia quella
di raffigurare una signora anziana, che soffre dei mali della tarda
età.
Credo che vi sia anche una descrizione infondata sulla sua vita
familiare, del suo rapporto con il marito Denis. Secondo il film,
Margaret ha sacrificato la sua famiglia per la carriera. Non è
vero: Denis è sempre stato un suo grande sostenitore. Terzo e più
importante difetto: si parla troppo poco di politica. E lo
spettatore resta confuso: perché la Thatcher combatteva con così
tanta determinazione, se non si sa nemmeno per cosa lottasse?».
Parliamo di politica, allora. Nel film si accenna appena
alla Guerra Fredda. La Thatcher divenne premier alla vigilia
dell'invasione sovietica dell'Afghanistan prima che Reagan
diventasse presidente. Quale era la sua strategia per affrontare il
Cremlino?
Prima di tutto: rendere chiaro ai sovietici che non
avrebbero potuto vincere con l'aggressione e l'intimidazione.
Quando il Patto di Varsavia schierò i nuovi missili Ss-20
nell'Europa dell'Est, lei fu subito favorevole a schierare i
missili Cruise e Pershing-2 nell'Europa dell'Ovest. Secondo:
credeva nella competizione economica, ideologica e politica fra Est
e Ovest. Terzo: credeva nella "sovversione" democratica nei regimi
dell'Est. Il sindacato Solidarnosc in Polonia era l'esempio più
eclatante di un vasto movimento. Infine: dimostrando ai sovietici
che non avrebbero potuto vincere con l'intimidazione, sarebbe
rimasta solo la competizione economica e politica. Che i regimi
dell'Est avrebbero sicuramente perso. Solo tenendo presente tutto
ciò, pensava che fosse possibile un dialogo con i leader sovietici,
cosa che fu possibile con Michail Gorbachev, dalla fine del 1984 in
poi.
L'ex ufficiale del Kgb Oleg Gordievskij, prima di
defezionare in Gran Bretagna, comunicò a Londra, nel novembre del
1983, un rischio concreto di conflitto con l'Urss. Come reagì la
Thatcher?
Il pericolo di guerra non arrivava dall'America o dalla
Nato, ma da Jurij Andropov. Il leader sovietico (che fu alla testa
dell'Urss dal 1982 al 1984, ndr) credeva nell'inevitabilità di un
conflitto con l'Ovest. Ciò che lascia più perplessi di quella
vicenda è la povertà intellettuale della leadership del Cremlino,
chiusa nelle sue fantasie paranoiche. La signora Thatcher, quando
seppe (grazie alle informazioni di Gordievskij) che i sovietici
credevano in queste fantasie, contattò immediatamente Ronald Reagan
e gli disse che ogni azioni occidentale avrebbe potuto essere mal
interpretata dai leader sovietici. Fu questo episodio che, più di
ogni altro, spinse a trattare con Michail Gorbachev negli anni
successivi. Questo non vuol dire "dare ai sovietici quel che
volevano". Dopo la paura della guerra nel 1983, vi furono
cambiamenti tattici, non strategici, nella politica della Thatcher
e di Reagan. Su un piano tattico seppe essere molto flessibile,
molto più di Ronald Reagan, ma rimase dell'idea di sfidare il
blocco sovietico su tutti i fronti.
Verso la fine degli anni '80, Gorbachev propose una
"Casa Comune Europea". Cosa ne pensava la Thatcher?
Vedeva la "Casa Comune Europea" solo come un
aggiornamento più sofisticato del vecchio disegno sovietico di
lungo periodo: buttar fuori gli Usa dall'Europa, porre fine alla
Nato, riunire il Vecchio Continente sotto l'egemonia di Mosca.
E arriviamo all'Europa, allora. Quale era la sua visione
dell'Europa unita?
Prima di tutto vedeva nel progetto Ue un pericolo
statalista: il tentativo di armonizzare le politiche fiscali, di
imporre nuove regole al mercato. L'Europa sta diventando un
laboratorio di nuove teorie sulla tassazione e la regolamentazione.
Una libera competizione fra mercati sta diventando sempre più un
cartello di governi che tendono a limitare la libertà dei popoli di
"votare con i piedi" (trasferirsi da un Paese meno efficiente ad
uno più efficiente) o con i propri capitali. Il secondo pericolo
che individuava era il deficit democratico. Una perdita di contatto
fra le élite di Bruxelles e settori sempre più ampi delle società
europee.
Cosa pensava dell'allargamento dell'Ue all'Est?
È sempre stata fortemente favorevole, sia
all'allargamento della Nato che dell'Ue a Est. Anzi è sempre stata
molto critica nei confronti della lentezza dell'allargamento.
Ma questo non è in contraddizione con il suo
euro-scetticismo?
No, perché Margaret Thatcher non è mai stata
anti-europea. Non ha mai voluto il ritiro del Regno Unito dall'Ue.
Ha sempre mirato, semmai, a un'Europa più libera, in cui le
decisioni più importanti vengono prese dai parlamenti nazionali. Ha
premuto per la massima libertà dei mercati europei.
Paradossalmente, altri Paesi europeisti, come la Francia, sono più
favorevoli all'unione politica, ma non alla libertà dei mercati. Ed
erano contrari a un allargamento rapido verso Est. La Thatcher è
sempre stata convinta che fosse pieno diritto di Paesi come la
Polonia, la Repubblica Ceca e l'Ungheria, di far parte dell'Ue.
Perché fanno parte della stessa cultura europea. Era favorevole
all'idea che beneficiassero di un mercato comune europeo, anche per
uscire dal sistema del Comecon, imposto loro dall'Urss, che li
obbligava ad avere economie pianificate.
Qual è, alla fine, la visione dell'Ue di Margaret
Thatcher?
Un'Europa delle democrazie, del libero mercato, in cui
viene rispettato il principio di sussidiarietà: le decisioni si
prendono prima a livello locale, poi a quello super-nazionale.
Un'unica area di libero scambio con gli Usa, ma non una difesa
comune europea, che si sarebbe sovrapposta, o anche contrapposta
alla Nato, unica realistica difesa del Vecchio Continente.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:52