Cala il sostegno a Obama

Mancano quasi sei mesi alle elezioni presidenziali degli Usa e la campagna di Barack Obama per la rielezione inizia a mostrare segni di panico. Lo si può dedurre dai toni bellicosi. Sia i media più vicini alla causa democratica, sia i siti della campagna di Obama, attaccano a colpi di insulti gratuiti sia Mitt Romney che i suoi sostenitori. E questa mancanza di aplomb è tutt'altro che tipica delle campagne elettorali di un presidente che è già alla Casa Bianca.

Il Wall Street Journal è preoccupato soprattutto per la "lista dei nemici" pubblicata sul sito ufficiale (non su un blog privato) della campagna presidenziale. Nel post "Dietro le quinte: una breve storia dei finanziatori di Romney", leggiamo nomi e relative schede infamanti di normali ricchi donatori. Nessuno di essi è coinvolto in cause civili e penali. Nessuno di essi ricopre cariche pubbliche. Tre di loro, Paul Schorr, Sam e Jeffrey Fox sono accusati di aver praticato l'outsourcing, una pratica ovunque legale e certamente non condannabile (se non in un'ottica marxista). Thomas O'Malley è "colpevole" di aver tratto profitto dal petrolio. E da quando in qua è una colpa? Kent Burton è accusato di essere "lobbista", in un Paese in cui il lavoro di lobbying è legale. 

Media di inclinazione progressista, come Cnn ed Msnbc, contemporaneamente, stanno usando dei toni da linciaggio contro Mitt Romney. Un anchorman della Cnn è arrivato a paragonare la dichiarazione del candidato repubblicano sul matrimonio («fondato sull'unione di un uomo e una donna») al segregazionismo degli anni '60. Un ospite di Msnbc ha paragonato Ann Romney (l'aspirante first lady) addirittura a Stalin e Hitler. Perché ha scelto di non lavorare per crescere i suoi figli?

Se la campagna di Obama e i suoi sostenitori nel mondo dei media stanno perdendo la testa, forse c'è un perché. La media dei sondaggi nazionali effettuata da Real Clear Politics fa toccare con mano il recupero di Mitt Romney, dato ancora perdente, ma di soli due punti (45% contro 47% di Obama). I sondaggi Gallup di questa settimana non sono affatto rassicuranti. L'approvazione dell'operato del presidente è ferma al 47%. Se vogliamo paragonarla a quella di George W. Bush, a sei mesi dalla sua rielezione del 2004, vediamo che Obama è 2 punti sotto. E ben 8 punti sotto il tasso di approvazione dell'operato di Bill Clinton nel maggio del 1996. Bisogna tornare indietro fino al maggio del 1992 per trovare un tasso di approvazione così basso, allora nei confronti di George Bush (padre)… che in effetti perse la rielezione. La causa della disaffezione nei confronti di Obama è soprattutto spiegabile con una sola parola: economia.

Il 66% degli americani intervistati da Gallup considera l'economia "la singola questione più importante", solo il 24% ritiene che le cose stiano procedendo per il verso giusto e il "tasso di fiducia" è a -18. Quest'ultimo è un dato già buono rispetto all'inizio dell'anno (quando era a -27), ma molto inferiore a quello registrato a 6 mesi dalla rielezione di George W. Bush nel maggio 2004 (-3) e soprattutto a quello del maggio 1996, sei mesi prima della rielezione di Bill Clinton (+1). «È l'economia, stupido!» diceva quest'ultimo sulle cause della sua vittoria. Obama potrebbe dire lo stesso fra 6 mesi?

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:22