La malattia greca e il rischio del contagio

In Grecia la creazione di un nuovo governo stabile appare sempre più improbabile. La Borsa ci soffre e le istituzioni, sia politiche che finanziarie, europee iniziano prepararsi allo scenario peggiore.

Teoricamente il tempo della partita politica greca è già scaduto domenica. Quindi ieri si sono giocati i tempi supplementari. Nessuna delle tre principali forze politiche (Nea Demokratia, Syriza e Pasok) è riuscita a raggiungere un accordo per la formazione di un esecutivo. Invece di fischiare il finale partita e andare di nuovo alle urne, il presidente Karolos Papoulias, fra domenica e ieri ha convocato tutte le forze politiche (compresi i nazisti di Alba Dorata) per tentare di convincerle a formare un governo di emergenza. I negoziati sono proseguiti fino a ieri notte e solo questa mattina potremo sapere se la Grecia avrà un governo o meno.

Parallelamente alla paralisi della politica istituzionale, un ordigno artigianale (non rivendicato) è esploso ad Atene, nei pressi di un ufficio delle imposte. Il Kke, il partito comunista, ha indetto una manifestazione di piazza ieri sera, contro l'Unione Europea, ma soprattutto contro il capitalismo finanziario. Un sondaggio effettuato ieri dalla società Rass e pubblicato dal quotidiano ellenico Elefteros Tipos, ha anticipato quelli che potrebbero essere gli esiti di un fallimento dei negoziati e di nuove elezioni (che si terrebbero fra un mese): Syriza prenderebbe il 20,9% dei voti (5 punti in più rispetto ad oggi), Nea Demokratia il 19,4%, il Pasok l'11,8% (un crollo ulteriore). I nazisti di Alba Dorata perderebbero la metà dei voti appena conquistati arrivando a un magro 3,8%. Da questi numeri si comprendono sia l'intransigenza di Syriza che il relativo silenzio di Alba Dorata, in questa settimana di trattative. Lo stesso sondaggio rivela altre tendenze molto interessanti: la stragrande maggioranza dei greci non vuole abbandonare l'euro. Anche se (votando partiti come Syriza) evidentemente non vuole pagare il prezzo della permanenza nell'eurozona. È curioso il dato dell'80,1% degli elettori di Syriza e del 50% di quelli del Kke che vogliono restare nell'euro.

Eppure, nonostante quel che vogliono i greci, il premier tecnico (ancora in carica) Lucas Papademos avverte che i soldi nelle casse statali finiranno a giugno. Poi sarà bancarotta. Senza un governo che voglia accettare i termini della "troika", non arriveranno quei 240 miliardi di euro ormai indispensabili a evitare il default. E forse è già troppo tardi: secondo alcuni analisti greci, lo Stato, fin da ora, non è più in grado di pagare il suo debito interno. E sarà difficile che la Grecia possa rimanere dentro l'eurozona anche in caso di default.

Quindi ci si prepara a un euro senza più Atene? Oltre a far sparire le scritte in alfabeto greco dalle nostre banconote, quali sarebbero le conseguenze? Uno «scenario estremo sulla Grecia» non metterebbe in difficoltà alcun grande gruppo francese, assicura il governatore della Banque de France, Christian Noyer. A pagare il prezzo dello strappo sarebbero soprattutto Italia, Spagna e Portogallo, secondo l'ultimo rapporto dell'agenzia di rating Fitch. Gli altri mediterranei (noi compresi) potrebbero subire un downgrade, anche grave, perché verrebbero considerati "i prossimi" nella lista degli uscenti.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:56