Il golpe libertario di Ron Paul

Ron Paul, il candidato libertario alla presidenza, è stato bocciato dall'elettorato di tutti gli stati americani in cui si è finora votato, con le uniche eccezioni del Minnesota e delle Isole Vergini. Eppure vuole vincere. Come? Con un "take-over" nel Partito Repubblicano, che sfrutta il metodo di selezione dei delegati e non la conquista del consenso degli elettori. Una mossa abile, da un punto di vista politico. Ma è democrazia? Per comprendere questo meccanismo, cito testualmente una fonte libertaria, sicuramente libera da pregiudizi contro Ron Paul: un articolo di Andrea Benetton, pubblicato mercoledì su The Fielder.

Prima di tutto: «L'obiettivo reale era fare avanzare un'intera nuova classe dirigente che portasse avanti le idee libertarie». Ma non solo: «Il suo orizzonte, come vedremo, rimane la presidenza degli Stati Uniti. La sottovalutazione da parte dell'establishment repubblicano della sua strategia ad ampio spettro e a basso profilo potrebbe essere loro fatale. Quello che è in corso inizia, infatti, ad avere i contorni di un vero e proprio take-over del partito Repubblicano». Che non passa attraverso il voto degli elettori, ma "magheggi" politici: «Solo in 5 stati il voto popolare distribuisce in maniera diretta i delegati alla convention nazionale (Rnc) di Tampa di fine agosto dove si deciderà lo sfidante di Obama. Per tutti gli altri il processo è più complesso, ed è qui che entra in gioco la tattica di Paul nell'organizzare i suoi sostenitori in potenziali delegati.

Ovvero, sfruttare la natura "repubblicana" del processo di nomina. Tale processo non si basa puramente su una votazione popolare per determinare chi sarà il candidato. Infatti, gli elettori per poter diventare un delegato alla Rnc, devono passare attraverso un processo di valutazione multistrato basato su una serie di elezioni consecutive ». E quindi: «… strato dopo strato, la percentuale pro-Paul sale, fino di fatto a conquistare stati interi. Una strategia dichiarata fin dall'inizio apertamente, completamente aderente alle regole e ai principi del partito Repubblicano. E non solo per quanto riguarda i delegati, ma anche per gli interi apparati del partito, le state party committees, di cui contestualmente si sta procedendo al rinnovo». Con questo metodo anche stati che hanno bocciato sonoramente il candidato libertario, come il Massachusetts (dove ha preso solo il 9,5% dei voti), si ritrovano ad essere "rappresentati" da delegati che sostengono Ron Paul: «...il vincitore avrebbe dovuto prendersi tutti i 27 delegati in palio, Paul in realtà è sostenuto da più della meta degli stessi».

In altri stati l'operazione è più difficile, perché il Partito Repubblicano reagisce. «In Alaska, dove il chairman del Gop ha cambiato più volte le regole in corsa per tagliare la strada all'efficiente macchina organizzativa Pauliana, la convention dello stato ha mandato solo 6 delegati pro Paul su 24, perché i sostenitori di Paul non hanno voluto giocare sporco come i loro avversari (corsivo nostro, ndr). Questo non ha impedito però che il precedente chairman venisse detronizzato e che le cariche di chairman, vice-chairman e tesoriere siano oggi occupate da sostenitori di Paul». Ma allora è una vera "Ron Paul Revolution", o anche i libertari si sono messi a "fare politica con la P" come dei democristiani qualsiasi?

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:45