![Il golpe libertario di Ron Paul](/media/1386718/14i.jpg)
Ron Paul, il candidato libertario alla presidenza, è stato
bocciato dall'elettorato di tutti gli stati americani in cui si è
finora votato, con le uniche eccezioni del Minnesota e delle Isole
Vergini. Eppure vuole vincere. Come? Con un "take-over" nel Partito
Repubblicano, che sfrutta il metodo di selezione dei delegati e non
la conquista del consenso degli elettori. Una mossa abile, da un
punto di vista politico. Ma è democrazia? Per comprendere questo
meccanismo, cito testualmente una fonte libertaria, sicuramente
libera da pregiudizi contro Ron Paul: un articolo di Andrea
Benetton, pubblicato mercoledì su The Fielder.
Prima di tutto: «L'obiettivo reale era fare avanzare un'intera
nuova classe dirigente che portasse avanti le idee libertarie». Ma
non solo: «Il suo orizzonte, come vedremo, rimane la presidenza
degli Stati Uniti. La sottovalutazione da parte dell'establishment
repubblicano della sua strategia ad ampio spettro e a basso profilo
potrebbe essere loro fatale. Quello che è in corso inizia, infatti,
ad avere i contorni di un vero e proprio take-over del partito
Repubblicano». Che non passa attraverso il voto degli elettori, ma
"magheggi" politici: «Solo in 5 stati il voto popolare distribuisce
in maniera diretta i delegati alla convention nazionale (Rnc) di
Tampa di fine agosto dove si deciderà lo sfidante di Obama. Per
tutti gli altri il processo è più complesso, ed è qui che entra in
gioco la tattica di Paul nell'organizzare i suoi sostenitori in
potenziali delegati.
Ovvero, sfruttare la natura "repubblicana" del processo di nomina.
Tale processo non si basa puramente su una votazione popolare per
determinare chi sarà il candidato. Infatti, gli elettori per poter
diventare un delegato alla Rnc, devono passare attraverso un
processo di valutazione multistrato basato su una serie di elezioni
consecutive ». E quindi: «… strato dopo strato, la percentuale
pro-Paul sale, fino di fatto a conquistare stati interi. Una
strategia dichiarata fin dall'inizio apertamente, completamente
aderente alle regole e ai principi del partito Repubblicano. E non
solo per quanto riguarda i delegati, ma anche per gli interi
apparati del partito, le state party committees, di cui
contestualmente si sta procedendo al rinnovo». Con questo metodo
anche stati che hanno bocciato sonoramente il candidato libertario,
come il Massachusetts (dove ha preso solo il 9,5% dei voti), si
ritrovano ad essere "rappresentati" da delegati che sostengono Ron
Paul: «...il vincitore avrebbe dovuto prendersi tutti i 27 delegati
in palio, Paul in realtà è sostenuto da più della meta degli
stessi».
In altri stati l'operazione è più difficile, perché il Partito
Repubblicano reagisce. «In Alaska, dove il chairman del Gop ha
cambiato più volte le regole in corsa per tagliare la strada
all'efficiente macchina organizzativa Pauliana, la convention dello
stato ha mandato solo 6 delegati pro Paul su 24, perché i
sostenitori di Paul non hanno voluto giocare sporco come i loro
avversari (corsivo nostro, ndr). Questo non ha impedito però che il
precedente chairman venisse detronizzato e che le cariche di
chairman, vice-chairman e tesoriere siano oggi occupate da
sostenitori di Paul». Ma allora è una vera "Ron Paul Revolution", o
anche i libertari si sono messi a "fare politica con la P" come dei
democristiani qualsiasi?
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:45