Non c'è nulla di certo sui due marò

In mezzo al caos delle elezioni amministrative, chi si ricorda che due marò italiani sono ancora nelle mani della polizia dell'India? La vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone è destinata a durare ancora a lungo, almeno fino alla fine di luglio. E, benché il governo italiano esprima soddisfazione per gli sviluppi del caso, è difficile trovare una buona notizia fra quelle che ci sono arrivate in quest'ultima settimana.

L'unica nota positiva è che la petroliera Enrica Lexie, dopo quasi 4 mesi di sequestro, ha potuto lasciare il porto di Kochi. Attualmente è in navigazione da tre giorni e ha sostituito, nello Sri Lanka, parte del suo equipaggio. I 4 marò che erano rimasti a bordo, anch'essi nelle mani delle autorità indiane, anche se formalmente liberi, sono potuti rientrare in patria. Renato Voglino, Massimo Andronico, Antonio Fontana e Alessandro Conte, sono tutti componenti del nucleo Antipirateria del quale facevano parte anche Latorre e Girone. I due, invece, sono ancora in carcere, per la sparatoria notturna del 15 febbraio, avvenuta in acque internazionali, i cui contorni restano assolutamente oscuri. Gli indiani (avvalendosi di prove e testimonianze, quanto meno, discutibili) ritengono che siano stati Latorre e Girone a uccidere due pescatori a bordo del St. Antony.

Il caso pareva risolto con il pagamento del risarcimento alle famiglie delle vittime del St. Antony e del proprietario del peschereccio: un atto con cui il governo italiano ha, di fatto, ammesso la colpa (non provata, finora) dei due marò. Ma il governo di New Delhi respinge tuttora il ricorso italiano sulla giurisdizione e vuole che i due militari siano processati dalla magistratura indiana. Lo riferiva, martedì, la televisione Ndtv citando una memoria presentata dallo Stato indiano alla Corte Suprema dove, il giorno dopo, si sarebbe discusso il caso.

«La petizione dell'Italia non è ammissibile perché soltanto i singoli e non gli Stati possono rivolgersi alla Corte Suprema» è scritto in una memoria richiesta dai giudici nella precedente seduta del 23 aprile. «L'applicazione del codice penale indiano si estende fino all'area di 200 miglia nautiche dalla costa e quindi il Kerala ha diritto a perseguire i due militari» si legge inoltre nella memoria. Il limite indicato è quello, non delle acque territoriali indiane, bensì quello della Zona Economica Esclusiva, la fascia di mare in cui lo Stato costiero ha diritto a sfruttare le risorse economiche, compresa la pesca. Secondo la tesi sostenuta dal team legale italiano, l'incidente avvenuto il 15 febbraio è invece un caso che concerne due Stati sovrani e non il Kerala, perché è avvenuto in acque internazionali.

Sarà una coincidenza, ma il giorno dopo aver ricevuto questa memoria, la Corte Suprema ha deciso di prendersi una pausa estiva e di riprendere in mano il caso solo il prossimo 26 luglio. E nel frattempo? I marò italiani rimarranno prigionieri in India, mentre proseguirà il processo a loro carico per duplice omicidio. Ed è atteso l'esito di una perizia balistica che sta durando, ormai, da tre mesi e a cui gli esperti italiani hanno potuto assistere solo in minima parte. Cosa c'è di positivo in tutto questo? Che (forse) Latorre e Girone saranno trasferiti dal carcere di Trivandrum alla più comoda foresteria della polizia di Kochi, dove erano inizialmente tenuti in custodia. Una bella soddisfazione.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:13