L'effimera tregua di Assad è già finita

La tregua promessa dal regime di Damasco in Siria è durata meno di una settimana. È iniziata il 12 aprile, con l'accettazione del piano di pace proposto da Kofi Annan. Oggi è il 20. E da 4 giorni si combatte. Ieri la notizia della rottura della tregua è diventata troppo manifesta per essere ancora tenuta nascosta dal regime siriano: i dissidenti siriani denunciano almeno 46 morti e la ripresa dei bombardamenti  nella provincia di Homs.

Nei giorni scorsi, combattimenti si sono registrati nella giornata di mercoledì: i Comitati per il Coordinamento Locale (dissidenti), denunciavano 8 morti nella regione di Homs, 3 in quella di Idlib, 2 in quella di Daraa, altri 2 in quella di Hama, 1 ad Aleppo e 1 nei sobborghi di Damasco. Sempre mercoledì, mentre Damasco assicurava il suo rispetto del piano di pace dell'Onu, una nave sospetta, proveniente dall'Iran, cambiava rotta (dopo un ammonimento dell'Onu) e approdava nel porto turco di Iskenderun. Il capitano, ucraino, ha presentato documenti in cui figurano esplosivi a scopo civile, destinati a Turchia e Croazia. Il sospetto è che quella nave potesse segretamente sbarcare i suoi esplosivi in Siria. Dove sarebbero stati usati per scopi meno civili rispetto a quelli dichiarati.

Martedì scorso i Comitati per il Coordinamento Locale denunciavano ben 39 morti: 26 nella provincia di Idlib, 6 in quella di Daraa e 6 in quella di Homs. E lunedì, sempre i Comitati segnalavano 30 vittime della repressione, fra cui 3 bambini.

Insomma, stando alle fonti locali, la tregua non sarebbe praticamente mai entrata in vigore. Se non sulla carta. E questo insuccesso targato Onu porta, ancora una volta, la firma di Kofi Annan, ex segretario generale delle Nazioni Unite e attuale inviato per la Siria. Fu Kofi Annan che, nel 1994 (allora era a capo della missione di pace in Ruanda), ordinò ai Caschi Blu di non intervenire, nel momento in cui erano sempre più evidenti i preparativi per il grande genocidio dei Tutsi: circa 800mila morti in un mese. Annan si distinse, in qualità di segretario generale, durante la crisi dell'Iraq del 2003. Espresse un parere molto duro contro l'intervento militare anglo-americano contro Saddam Hussein, giudicandolo «illegale». Un anno dopo, nel 2004, Kofi Annan venne coinvolto nello scandalo Oil for Food: le tangenti pagate, in petrolio, da Saddam Hussein in cambio di un alleggerimento delle sanzioni. Kofi e suo fratello Kojo Annan, uscirono puliti dall'inchiesta. Ma un alto funzionario nominato da Annan, Benan Sevan, fu indicato come colpevole (dalla commissione di inchiesta guidata da Paul Volcker) di "comportamenti eticamente impropri" nella vicenda. Sevan si è sempre detto "un capro espiatorio". Per coprire chi?

Kofi Annan non si è distinto per la sua imparzialità. Nel 2006, ultimo anno del suo mandato di segretario generale, avallò le parole del suo vice, Mark Malloch-Brown, quando questi si lanciò in una vera e propria filippica contro gli Stati Uniti. John Bolton, allora ambasciatore Usa all'Onu, affermò di non aver mai visto, in tutta la sua lunga carriera, un segretario generale così fazioso e scorretto. E dovrebbe essere proprio quest'uomo a riportare la pace in Siria. E con quale credibilità?

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:36