Riarmarsi è necessario

Quante sono le vittime del conflitto russo-ucraino? E chi lo sa? In Italia, di almeno una di esse abbiamo piena conoscenza: il nostro apparato di difesa. Ci volevano le bombe di Vladimir Putin lanciate sulle teste degli ucraini per farci scoprire l’acqua calda, e cioè che, in caso di attacco, senza la copertura totale dello zio Sam la nostra capacità di resistenza si ridurrebbe a ore, non giorni, settimane, mesi, o anni. D’altro canto, con un organico di effettivi delle Forze armate di 191.890 unità (dal conteggio sono esclusi gli appartenenti all’Arma dei Carabinieri, alla Guardia di Finanza e alla Guardia Costiera) che starebbe tutto in due campi di calcio, dove pensiamo di avventurarci o come pretendiamo di giocare la partita della geopolitica globale tra le fila dei grandi? Per non dire della condizione dei nostri arsenali, della vetustà di una parte dei mezzi e della scarsità dei sistemi d’arma tecnologicamente avanzati. Una nazione che ha la pretesa di essere una potenza marittima del Mediterraneo può assurgere a un tale ruolo con meno di 30mila unità di personale e 52 navi della flotta operativa? No, non può. A maggior ragione oggi che il grande inganno del mondo pacificato dopo la fine della Guerra fredda è stato drammaticamente sbugiardato. Da tempo ci sforziamo (vanamente) di spiegare che qualsiasi discorso di pacifica coesistenza debba basarsi sulla forza e non sulla rinuncia a essa.

La questione della difesa proattiva ai fini della deterrenza si va imponendo come centrale nel futuro non solo dell’Italia ma di tutti i Paesi dell’Unione europea. A fronte di un così radicale cambiamento di scenario, la nazione – Governo, istituzioni democratiche, popolo – ha solo due strade tra cui scegliere: mettere la testa sotto la sabbia e fingere che il problema della difesa nazionale non esista perché mai nessuno vorrà farci del male oppure prendere atto della realtà e impegnarsi a fare qualcosa di concreto per cambiare lo stato delle cose. Vorremmo poter dire che, mentre sulla prima strada ci troveremmo solo la sinistra con il suo bieco pacifismo da salotto, la destra tutta si sia fieramente incamminata lungo la strada della responsabilità che significa riarmo. Il guaio è che non è tutto bianco o nero, come ci piacerebbe che fosse. Anche a destra rileviamo tentennamenti e timidezze sul tema che non convincono affatto. Perché tutto il centrodestra non si mostra schierato come un sol uomo a sostenere il ministro della Difesa Guido Crosetto quando prefigura l’introduzione di una leva volontaria per arginare in minima parte le carenze d’organico patite dalle nostre Forze armate? Perché di tanta, troppa timidezza nel controbattere alle opposizioni quando, a proposito di investire risorse finanziarie per il riarmo, osano l’infamia di mettere in contrapposizione quegli investimenti con la spesa sociale? Dicono: invece di acquistare armi, apriamo ospedali e nidi per bambini; piuttosto che aerei e sottomarini facciamo residenze per anziani e case per l’accoglienza dei minori a rischio. Si può essere più intellettualmente disonesti di così? Eppure, la destra, a causa della sua eccessiva timidezza, lo consente. Basterebbe spiegare ai “profeti di pace” che senza le armi per difenderci in caso di aggressione, spendere soldi per ospedali e ospizi non servirà a nulla perché non ci saranno più bambini, donne e anziani da assistere.

E neanche ci dovremo preoccupare del prezzo del gas perché, per citare una battuta di un noto film, saremo tutti a cavalcare nei Campi Elisi. Si obietterà: si esagera, non ci sono alle viste i cosacchi pronti ad abbeverare i loro cavalli nelle fontane di Roma. E chi mai l’ha pensata una castroneria del genere? Non ci saranno i barbari alle porte, ma si può escludere con assoluta certezza che un piccolo, frustrato nerd, chiuso nel suo puteolente bugigattolo, incollato con l’Attak al pc, insufflato dalla più spregevole e sanguinaria tirannia dell’ultima delle repubbliche delle banane sparse per il mondo, non si prenda la briga di mandare in tilt l’intera nostra rete ferroviaria – che com’è noto va in crisi anche per un chiodo infilato in una centralina – magari giocando all’autoscontro tra treni in corsa carichi di passeggeri? La chiamano guerra ibrida a cui si dovrebbe fare fronte implementando la “cybersicurezza”, ma, sul versante della difesa digitale, l’Italia è se non all’anno zero, quasi. Finora la risposta – tanto ipocrita quanto illusoria – è stata: a noi pensano gli americani. Ma Donald Trump ha detto che non è così che funziona; che gli europei, se vogliono proteggersi, devono mettere mano al portafoglio e pensarci da soli alla loro sicurezza. E le armi Usa, le migliori al mondo? Chi le vuole, le compra: zio Sam non regala più niente a nessuno. Neanche all’Ucraina.

In un mondo migliore, un Parlamento serio avrebbe dovuto riunirsi e approvare una mozione all’unanimità per sollecitare il Governo a darsi una mossa nel mettere in campo un piano di riarmo degno di questo nome. Come ha fatto la Germania, non senza provocare un brivido sulla schiena di tutti noi europei per via di certi precedenti tedeschi non proprio rassicuranti. Si dirà: non ci sono soldi. Risposta: trovateli! Già, perché per finanziare le iniziative più indecenti, come le saghe di paese e le inutili rotonde stradali, gli insignificanti e spogli musei locali del piffero allestiti nei piccoli comuni al solo scopo di spillare denaro allo Stato, i denari si trovano. Invece, piuttosto che sanare un vulnus esiziale per la sopravvivenza della nostra comunità nazionale la politica riscopre la puntigliosità del ragioniere e della partita doppia. Di una cosa dobbiamo convincerci: che i discorsi dell’oggi, in chiave globale, sono già ieri se non l’altro ieri. Federico Rampini, il 26 novembre scorso dalle colonne del Corsera, ha dato conto di una notizia allucinante: si sarebbe verificata la prima aggressione di tipo para-militare con l’uso esclusivo dell’Intelligenza artificiale. Si sospetta che l’attacco rechi il marchio del Made in China. È chiara l’enormità della notizia? Per la prima volta nella storia l’Ia non svolge attività di supporto all’azione di un umano o di un gruppo di umani ma conduce in autonomia, pianificandola e realizzandola, un’azione di spionaggio su scala internazionale.

Scrive Rampini: “A scoprire l’operazione è stata la sua prima vittima: Anthropic, una delle aziende americane più avanzate nel campo dell’Ia. I suoi ricercatori hanno individuato un gruppo di hacker legati alla Cina – sigla GTG-1002 – che è riuscito a manipolare uno dei loro sistemi, Claude Codetrasformandolo in un agente autonomo capace di condurre un’operazione di infiltrazione sistematica”. La macchina che si mette in proprio e agisce, mentre da noi siamo ancora al “signor tenente, è finita la carta nel fax”. Crosetto ha in mente di creare un corpo d’armata specializzato nella guerra cibernetica. E chi aspetta? Faccia in fretta che di tempo non ne resta più. Soprattutto dopo che quel raffinato gentiluomo dell’ammiraglio italiano Giuseppe Cavo Dragone, dal prestigioso scranno di presidente del comitato militare Nato, ha dichiarato che l’organizzazione dell’Alleanza Atlantica potrebbe assumere un ruolo proattivo nella difesa dagli attacchi ibridi provenienti dalla Russia con azioni mirate a target nemici a scopo preventivo. Si tratterebbe pur sempre di un deliberato atto di guerra verso una nazione giudicata ostile. Ma come gli è uscita una cosa del genere? Vallo a capire.

Deve essere l’aria di Bruxelles a fare un cattivo effetto sui pur moderati nostri stimatissimi alti funzionari. Ora, si può discutere dei modi più opportuni e sostenibili di riarmarci, ma non si può mettere in dubbio il principio di realtà, che si impone per garantire a noi stessi e alle generazioni che verranno un futuro di libertà e di dignità in un mondo radicalmente trasformato nei suoi attori principali e nei suoi destini globali. Molti opinionisti di estrazione liberale sono soliti citare la figura di Edmund Burke. E non sbagliano, perché tra le cose dette dall’illustre personaggio a beneficio dell’umanità ve n’è una in particolare – un aforisma – che vale la pena ricordare a noi stessi quando occorre: “Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione”. Non sembra anche a voi che la sentenza di Burke calzi a pennello con ciò di cui si discute in questi giorni? Ci sono molti modi per tradire la propria comunità di destino. Inventarsi un pacifismo di maniera per non fare il proprio dovere di patrioti è uno di questi.

Aggiornato il 04 dicembre 2025 alle ore 10:53