Compagni che sbagliano

Antefatto: al grido di “Free Palestina” e “Giornalisti complici dell’arresto in Cpr di Mohamed Shahin”, qualche giorno fa un centinaio di manifestanti ha fatto irruzione nella sede di via Lugaro del quotidiano La Stampa, redazione che in quel momento era vuota poiché anche giornalisti e giornaliste avevano aderito allo sciopero di categoria. L’entrata dei manifestanti nella redazione è avvenuta quando dal corteo in corso per lo sciopero generale si è staccata una parte, una frangia più violenta con annesse consuete scritte con vernice spray e letame lanciato contro i cancelli. Pile di giornali e di libri sono state buttate giù dalle scrivanie da manifestanti in parte a volto coperto, tra slogan quali “Giornalista terrorista, sei il primo della lista” e “Giornalista ti uccido”.

Trattasi della consueta paccottiglia di guerriglia urbana ad opera dei soliti impuniti “compagni che sbagliano”, anime belle contro le quali la sinistra suole fare il rimbrotto d’ufficio onde poi continuare con una serie di però e di ma buoni per palesare un’istintiva e malcelata simpatia verso certi ambienti antagonisti. Ordinaria amministrazione se non fosse che negli ultimi mesi la sinistra ci abbia frullato le pere con il pericolo fascista, il Governo illiberale che rivendica pieni poteri ma soprattutto con la menata stucchevole sulla libertà di stampa messa in pericolo nel nostro Paese. Quanto successo, avrebbe potuto costituire una splendida occasione per mostrare uno straccio di coerenza, un episodio da condannare senza esitazione alcuna dimostrando la propria sensibilità verso gli attacchi alla democrazia indipendentemente da dove provengano. E invece no, ci sono stati distinguo, qualche comunicato stampa di circostanza, qualche silenzio e “comprensioni” verso l’indignazione per la causa palestinese.

Qualcuno ha anche provato ad agitare il solito spettro fascista dimenticando volutamente che del centro sociale Askatasuna e dei collettivi studenteschi che fanno comunque capo al centro sociale autogestito di Borgo Vanchiglia, già noti alle forze dell’ordine perché immortalati in altri disordini avvenuti sotto la Mole negli ultimi mesi. Ciò significa che ci troviamo di fronte a un personale politico senza spessore, gente falsa come delle buste di plastica che sussurra comunicati quando si tratta dei centri sociali e urla forte la propria indignazione quando a essere violata è la sede della Cgil. Gente piccola che va in giro a fare tavole rotonde sul fascismo mentre si volta dall’altra parte quando la violenza non è strumentale alla propria causa. A coloro diciamo che la politica è una cosa seria: quando si fa propaganda sul fascismo in assenza di fascisti, quando si agitano le piazze contro un Governo illiberale (sarebbe bello capire su cosa), quando si giustifica la rabbia dei pro-Pal aggiungendo che forse la reazione è eccessiva, si compie un gesto di disonestà intellettuale che genera un inasprimento ingiustificato dell’opinione pubblica utilizzando la propria visibilità in maniera irresponsabile. O le abbiamo viste solo noi le manifestazioni a Roma nelle quali si brucia l’immagine di Guido Crosetto? Una roba che si vede solo nelle manifestazioni a favore degli ayatollah, un rigurgito triviale degli anni Settanta e dei suoi motti a favore dell’uccisione dei fascisti.

In questo quadro deprimente, le parole di Francesca Albanese sono solo la plastica dimostrazione di quanto la sinistra sia alla disperata ricerca di un’icona movimentista in grado di oscurare il vuoto cosmico di progettualità. Non importa se la signora in questione sia stata così “fasciolara” da dichiarare addirittura che condanna l’irruzione nella redazione della Stampa a Torino, ma “questo deve essere anche un monito alla stampa per tornare a fare il proprio lavoro, per riportare i fatti al centro del nuovo lavoro e, se riuscissero a permetterselo, anche un minimo di analisi e contestualizzazione”. Questo è il solito giochetto tra buoni e cattivi in ossequio al quale il monito può arrivare a suon di irruzioni, di violenze e di prevaricazione. Un mero effetto collaterale delle cause giuste, lo stesso effetto positivo – ovviamente con i dovuti distinguo – che si sortiva negli anni Settanta quando si recapitava un monito a quelli del Gioventù nazionale è a suon di chiavi inglesi sul cranio.

Assurdità di un certo filone di pensiero che ritiene di avere il diritto di correggere, normalizzare, raddrizzare, indicare la via giusta, amputare i corpi estranei al pensiero unico. Qualcuno deve averle imposto una rettifica che suona identica all’affermazione originale a dimostrazione del fatto che la signora Albanese non si sia espressa male. Ha tutto il diritto di dire ciò che pensa anche se stupisce che nessuno metta in dubbio che una simile radicalizzazione sia compatibile con i prestigiosi incarichi internazionali che ricopre. Nella più provinciale Italietta invocano le tue dimissioni anche se – da Garante della privacy – incontri la sorella della presidente del Consiglio. Forse.

Aggiornato il 02 dicembre 2025 alle ore 10:04