Perché molti elettori non votano

Sebbene nelle precedenti elezioni di Veneto, Campania e Puglia si votò nell’epoca del Covid-19, il che potrebbe aver in qualche modo favorito l’affluenza, sta di fatto che nel complesso il calo ha superato i 14 punti percentuali, con poco più di 4 elettori su 10 che si sono recati alle urne. Ora, anche considerando che in tutte le democrazie avanzate si registra tale tendenza, occorre sottolineare che in Italia, in cui in passato è sempre stata molto alta la partecipazione al voto, questa crescente diserzione del più importante strumento democratico che posseggono i cittadini dovrebbe farci riflettere in merito alle sue vere e più profonde ragioni. In questo senso, personalmente ne sottolineo da tempo una in particolare e che potremmo definire come una sorta di percezione collettiva circa l’evidente fallimento di una visione costruttivista, o politicista che dir si voglia, dell’azione politica. In parole più semplici, ciò significa che nell’ambito di un sistema pubblico sempre più invasivo, che si ostina a volersi occupare – spesso molto male – dell’esistenza dei singoli dalla culla alla tomba, controllando oltre metà della ricchezza nazionale prodotta ogni anno, l’offerta politica tende paradossalmente a promettere ulteriori e, vista la condizione debitoria dello Stato, ancor più scintillanti allargamenti del medesimo intervento pubblico a tutti i livelli.

In pratica, per dirla in poche parole, ad ogni elezione tutto questo spinge i partiti in lizza a promettere nuovi benefici interventi in ogni campo dell’esistenza dei cittadini, vagheggiando l’imminente arrivo di una nuova età dell’oro per tutti. Tuttavia accade con estrema regolarità che tutto questo non si realizza, lasciando bene che vada la condizione generale del Paese quasi immutata, se non decisamente peggiorata come nel caso di quel partito, il Movimento 5 stelle, che aveva promesso l’abolizione della povertà, riuscendo solo nell’impresa di far esplodere il citato debito pubblico. Di conseguenza, essendo la stessa politica impostata da decenni a promettere il paradiso nazionale, regionale o comunale ai relativi elettori, è evidente che ad ogni giro di giostra il numero dei disillusi, ovvero di coloro i quali hanno creduto alle favole che sono state raccontate per acquisirne il consenso, non può che aumentare.

D’altro canto, dopo decenni di interventismo pubblico e di diffuso assistenzialismo, che in termini socio-economici rappresenta una vera e propria droga, anche i partiti più vicini, per così dire, a un modello liberale di Governo, per accrescere o semplicemente mantenere il proprio consenso non possono fare a meno, con diverse colorature, di promettere maggiori pasti gratis e meno tasse per tutti. Emblematica in questo senso la mossa disperata di quel brav’uomo di Edmondo Cirielli, candidato del centrodestra in Campania, che ha tentato il colpaccio in extremis promettendo di dare 100 euro in più a tutti i percettori di pensioni minime in una delle regioni più assistite d’Italia. In realtà, questa tendenza a comprarsi il consenso attraverso varie forme di intervento pubblico, che da noi hanno dato luogo ad un forte e capillare assistenzialismo, accomuna tutte le società avanzate. Si tratta di un fenomeno degenerativo che qualcuno ha efficacemente definito “democrazia acquisitiva”. Solo che in questo senso l’Italia si trova certamente ai primi posti, se non addirittura al primo almeno in molte nostre Regioni.

Aggiornato il 27 novembre 2025 alle ore 13:41