L’orrore dello Stato etico

La vicenda dei tre bambini strappati ai genitori, che vivevano felicemente nel bosco abruzzese di Palmoli, ci segnala in modo preoccupante il livello di intrusività raggiunto dal sistema pubblico. Un livello intollerabile che, in modo strisciante, sta imponendo una sorta di Stato etico; ossia una concezione secondo cui l’interesse collettivo e l’eticità dello Stato prevalgono sui diritti individuali.

Qualcosa di molto simile, seppur ammantato da buone intenzioni e basata su una narrazione in gran parte falsa, è accaduto durante la tragedia democratica del Covid-19, quando in nome e per conto della salute collettiva – sebbene già i primi rilevamenti dimostravano che si trattasse di una malattia grave solo per una fascia ristretta di individui cosiddetti fragili – sono stati calpestati i più elementari diritti dei cittadini, imponendo loro per anni  obblighi e adempimenti non necessari, fino a sfociare nell’abominevole lasciapassare sanitario costituito dal famigerato green pass.

Ebbene, oggi scopriamo che per una famiglia alternativa, che vive felicemente nella propria casa nel bosco, il Tribunale dei minorenni dell’Aquila ha decretato la “messa in sicurezza”, disponendo il collocamento dei tre bambini in una casa-famiglia, consentendo solo alla madre di seguirli nello stesso edificio, ma alloggiata su un piano diverso. Le sarebbe solo consentito di stare con i figli una mezz’oretta durante i pasti. Una condizione che io considero a dir poco allucinante, soprattutto per come sono cresciuti i tre pargoli.

Ora, tra gli elementi che alcuni espertoni televisivi portano a sostegno di questo sciagurato provvedimento, che tende letteralmente a buttare il bambino con l’acqua sporca, vi sarebbe una certa carenza alla socializzazione che la scelta dei genitori determinerebbe, creando in prospettiva un serio nocumento allo sviluppo psico-fisico dei loro figli. Non so se per questi cervelloni il modello a cui ci si riferisce è quello dominante nei giovani delle ultime generazioni, che passano il tempo a “socializzare” con il computer e il cellulare e che a volte danno vita ad episodi agghiaccianti, pensiamo al caso emblematico del ventiduenne pestato e accoltellato a Milano, ma sta di fatto che nessuno dovrebbe avere il diritto di obbligare qualcun altro a vivere e organizzarsi secondo i propri modelli di riferimento.

Per il resto non c’è scritto da nessuna parte che, abitando in campagna e adottando una esistenza di tipo essenziale – che fino agli ‘60 dell’altro secolo rappresentava una scelta obbligata ancora per una importante fetta di italiani –, si debba incorrere nella mannaia di un magistrato.

 C’è stato uno dei citati cervelloni televisivi, durante un programma di Rai2, che ha consigliato ai genitori di queste tre disgraziate creature di costruire un bagno con tutti i crismi per accontentare le autorità competenti e poi eventualmente non usarlo, così da mettersi in regola e riavere i figli.

E già, perché fare i propri bisogni corporali in mezzo alla natura, e magari bere l’acqua piovana, non è proprio accettabile in un sistema che tra po’ ci chiederà di omologare persino il cesso di casa.

Resta il fatto che ci sono situazioni, pensiamo al caso assai ricorrente dei bambini rom, in cui i relativi genitori, oltre a creare danni tangibili ai propri figli, causano non pochi fastidi alla comunità, ma nessuno interviene. In questo caso, al contrario, ci troviamo di fronte a persone educate e che, oltre a vivere in armonia, non creano alcun disturbo, limitandosi a coesistere pacificamente con l’ambiente e gli altri abitanti della zona, con i quali sembra che abbiano stabilito ottimi rapporti.

Ma evidentemente, in nome e per conto del nostro modello consumistico – che io comunque non demonizzo affatto – si è preferito causare un danno che per molti esperti potrebbe essere irreversibile, piuttosto che vivere e lasciarli vivere.

Aggiornato il 25 novembre 2025 alle ore 10:35