Sono rimasto molto colpito dal notevole e coraggioso intervento di Carlo Calenda in Senato a sostegno della riforma della Giustizia. Attaccando la sinistra, il leader di Azione ha detto che “si profila un Armageddon per il quale chi è favore di questa riforma vuole attuare un golpe antidemocratico”, accusando i detrattori del campo largo di star inscenando un vero e proprio processo alle intenzioni ai danni dell’attuale maggioranza di Governo. L’ex ministro si è poi rivolto in particolare al Partito democratico: “Questa riforma era, non solo nelle tesi del’Ulivo, ma anche nella mozione Martina. Potete pure raccontare che avete cambiato idea, avete cambiato idea su qualsiasi cosa per seguire i Cinque stelle, ma non potete venire a raccontarmi che chi sostiene questa riforma è un golpista perché questo è inaccettabile”. A suo parere “questa riforma è giusta” perché “la magistratura non è indipendente oggi, noi lo chiamiamo il sistema Palamara”, ha proseguito. “Sosteniamo questa riforma, presidio della democrazia liberale, ma”, ha concluso rivolgendosi all’Esecutivo, “se proverete a sottomettere il pm all’indirizzo del governo allora noi faremo una battaglia contro”.
D’altro canto, che da decenni ci sia qualcosa che non vada nel delicato settore della Giustizia, con un crescente grado di sfiducia da parte dei cittadini comuni, sembrano ignorarlo solo i parrucconi che difendono l’indifendibile. Analogamente a quanto sottolineato dallo stesso Calenda nel suo intervento, anche il sottoscritto ritiene che i due elementi cardine della riforma voluta da Carlo Nordio, la separazione delle carriere dei magistrati e il sorteggio dei due nuovi Csm (uno per i pubblici ministeri e uno per i magistrati giudicanti), non possano risolvere tutti i gravi problemi che attanagliano questo fondamentale potere dello Stato. Tuttavia, essi rappresentano un tassello importante per ridare credibilità al sistema giudiziario in senso generale, calmierando quell’inevitabile senso di colleganza tra magistrati che svolgono funzioni diverse e che, per questo, ostacola l’effettiva terzietà della funzione giudicante.
Da questo punto di vista, dato che si tratta di una riforma che riguarda l’interesse di tutti, pur nel sacrosanto diritto di criticarla, ritengo che l’atteggiamento di totale e pregiudiziale chiusura espressa con toni apocalittici dal Partito democratico, dal Movimento 5 stelle e da Alleanza verdi e sinistra rappresenti un preclaro esempio di cecità politica. L’ennesimo da quanto gli eredi di quello che era stato il più grande partito comunista dell’Occidente hanno affidato le loro sorti a Elly Schlein, esponente di un radicalismo a tutto tondo che non sembra conoscere altre strade se non quelle del muro contro muro. E se tanto mi dà tanto, è assai probabile che sulla riforma della giustizia costei e i suoi alleati ci vanno a sbattere, sul muro. Staremo a vedere.
Aggiornato il 30 ottobre 2025 alle ore 15:43
