
L’ideale sarebbe ci scappasse il morto! Almeno per i più estremisti dei naviganti della Global Sumud Flotilla, la loro iniziativa potrebbe dirsi coronata da successo nel caso in cui, scoppiato che sia un conflitto anche minimo con i militari israeliani, una reazione di questi conducesse ad una qualche violenza su qualcuno di loro. Procediamo con ordine.
Una cosa è certissima, e cioè che lo scopo reale della Flotilla non era quello di arrecare sollievo ai poveri palestinesi – stretti fra la tirannide di Hamas e le bombe israeliane – attraverso la distribuzione di viveri e di medicinali. Se così fosse stato, essi avrebbero accettato la proposta di approdare a Cipro e di consegnare gli aiuti umanitari agli emissari del cardinale Pierbattista Pizzaballa per farli giungere ai derelitti palestinesi, come anche li aveva invitati a fare l’autorevole voce del capo dello Stato: inascoltata. Invece no. Costoro se ne infischiano degli aiuti ai palestinesi, perché il loro scopo è dichiaratamente politico: forzare la situazione fino al limite estremo per indurre i soldati israeliani a una qualche forma di reazione da tesaurizzare al fine di sostenere la causa non già dei palestinesi, dei quali loro nulla importa, ma inevitabilmente – ahimè! – di Hamas che li tiranneggia, contro un Israele brutto e cattivo. Si badi. Gli israeliani, sapendo benissimo che debbono evitare in tutti i modi qualunque uso della forza, cercheranno soltanto di far approdare le imbarcazioni nel porto di destinazione, di identificare i naviganti e di rispedirli a casa prima possibile.Ma ai naviganti questo esito così indolore e – per loro – politicamente incolore non può bastare, perché sarebbe una sorta di mezza sconfitta: la montagna avrebbe partorito un topolino.
Ecco allora, il temibile ma probabile scenario. Alcuni militari, dopo aver fermato le imbarcazioni, salgono a bordo per procedere alla identificazione dei presenti. Le operazioni si svolgono normalmente, ma all’improvviso uno dei naviganti fa qualcosa – un gesto, una mossa – che si presti ad esser interpretato come una forma di reazione. E la reazione invece arriva da uno dei militari, il quale cerca di immobilizzare il navigante e, per far questo, forse lo ferisce lievemente. Ecco fatto. Tanto basterà. Ma a che cosa basterà? Basterà per gridare ai quattro venti che Israele non solo bombarda i palestinesi, ma usa violenza anche contro inermi naviganti soltanto desiderosi di arrecare aiuti alimentari, mostrandosi per ciò che è: uno Stato violento e pericoloso anche per la comunità internazionale. Basterà per crocifiggere il governo italiano, accusato di non voler proteggere i cittadini italiani presenti sulle imbarcazioni e di porsi accanto agli odiati israeliani. Basterà per riempire le piazze italiane di scioperanti e di cortei, mentre i soliti violenti metteranno liberamente a ferro e a fuoco le città italiane, ovviamente nel nome della pace, dal momento che la recente storia ci ha fatto vedere che mai nessuno fu più violento dei pacifisti.
E poi come mai nessuno domanda a questi signori chi li finanzia? Dove prendono i soldi? Non ci vuole l’esperienza di Cristoforo Colombo per capire che per far navigare oltre 40 imbarcazioni con oltre 500 persone a bordo dalla Sicilia o dalla Spagna fino a Gaza, ci vogliono mesi e perciò fior di quattrini: milioni di euro. Si può sapere dove mai li prendono questi denari? Si son forse tassati di tanto a testa? Se così fosse, basterebbe dirlo apertamente. E invece non lo dicono. Questa questione del finanziamento rimane nel regno oscuro dell’incertezza, del non saputo. Certo e saputo invece è che ci vuole almeno un ferito, per mostrare anche una sola goccia di sangue innocente (ma davvero?) in mondovisione. Meglio – come dicevo – sarebbe il morto. Ma siccome non sarà facile mettersi d’accordo su chi di loro debba accettare la non facile sorte di farsi ammazzare – immolandosi sull’altare del furore ideologico – si accontenteranno di qualche ferito, possibilmente lieve. Su questo si sono già accordati.
Aggiornato il 01 ottobre 2025 alle ore 16:24