
In estrema sintesi, sulla nuova indagine del delitto di Garlasco, mi sento di esprimere due quasi certezze: in primis, il fatto che fino ad ora nei riguardi del nuovo indagato sono emersi solo importanti indizi, ma a mio avviso ancora insufficienti per una condanna; e, in secondo luogo, la quasi assoluta improbabilità della ricostruzione del caso da parte della pubblica accusa, che ha portato alla condanna di Alberto Stasi nell’Appello-bis. Si tratta di una sorta di vulnus logico che da tempo sostengo in alcuni articoli al riguardo. In sostanza, come è ormai arcinoto al grande pubblico, per condannare il “ragazzo dagli occhi di ghiaccio” l’orario della morte della povera Chiara Poggi è stato spostato all’indietro di oltre un’ora rispetto a quello stimato nelle due precedenti sentenze di assoluzione. Ciò ha ristretto le fasi dell’omicidio a una finestra temporale di appena 23 minuti, dal momento che il fidanzato della vittima, al di fuori di questo breve intervallo, avrebbe avuto un alibi granitico.
Ora, tolti i 7, 8 minuti necessari per compiere il tragitto di ritorno nella propria abitazione in bicicletta – distante circa 2 chilometri da casa Poggi – per compiere il feroce delitto, compresa la supposta lite tra i due fidanzati, e per ripulire da ogni traccia di sangue il lavandino del bagno e, cosa fondamentale, il relativo sifone e i tubi di collegamento, sarebbero rimasti circa 15 minuti. Ebbene, per concludere, esiste al mondo qualcuno che ritenga possibile smontare il medesimo sifone a mani nude, evitando anche che si inondasse il pavimento con l’acqua contenuta nei tubi, e riuscendo persino a eliminare le tracce di sangue occulte e rimontare il tutto nel tempo che si impiega per fumarsi una sigaretta? Ai vari colpevolisti in servizio attivo permanente da 18 anni l’ardua sentenza.
Aggiornato il 26 settembre 2025 alle ore 10:49