
Occhio, che in Italia siamo a rischio di inondazione. Stavolta, però, la meteorologia, il cambiamento climatico, il dissesto idrogeologico non c’entrano. A preoccupare è l’oceano di lacrime che i progressisti stanno versando al cospetto della tragedia di Gaza. Frignano, si disperano, si stracciano le vesti perché soffrono per la malasorte toccata all’innocente (?) popolo di Gaza, straziato – a loro dire – con intento genocidario dal “mostro” Israele. Gente ridotta allo stremo delle forze, bambini trasformati in scheletrini ambulanti e mostrati a beneficio di telecamere da un’accorta regia terrorista, che non perde occasione per creare nell’immaginario collettivo una perversa connessione con i campi di sterminio nazisti. L’equazione diabolica è presto servita: Israele come il Terzo Reich e Benjamin Netanyahu nei panni di un Adolf Hitler redivivo. E gli europei sono felici di credere a una tale fandonia.
A fare da comune denominatore, nello sviluppo narrativo, la fame indotta a Gaza dalla ferocia israeliana, che si abbatte su una popolazione inerme. È dunque la storia che offre la sua nemesi concedendo, a titolo compensativo, agli ebrei del terzo millennio di fare ad altri ciò che gli ebrei dei secoli precedenti hanno subito con eguale violenza e barbara ferocia? C’è n’è a sufficienza perché le anime belle del buonismo peloso, nato e cresciuto nel campo della sinistra mondiale, si abbandonino alla disperazione e alle lacrime; organizzino cortei e fiaccolate di solidarietà; decidano di trascorrere le vacanze in barca a vela puntando la prua verso Gaza invece che starsene a godere i piaceri degli happy hour nell’incantata atmosfera di Mykonos o a vivere l’eccitazione degli alti decibel delle discoteche sull’isola di Ibiza, paradiso delle Baleari.
E noi, sventurati testimoni di tanto indignato dolore? Se non abbiamo una zattera con la quale metterci in salvo, procuriamoci almeno un salvagente per sopravvivere alla valle di lacrime che sta per travolgerci. Ma non è detto che vi riusciremo, perché il mare che ci minaccia non è fatto di acqua limpida ma di vischiosa melassa, resa rancida dalla quantità di ipocrisia che la compatta. Il rischio più grande non è di annegare ma di finire asfissiati. Già, perché questa poltiglia demagogica, che deborda quotidianamente da tutti o quasi i media, è puteolente: emana un fetore insopportabile, che viene da vomitare. Le sentite le anime belle, lì a gemere per i bimbi che muoiono di fame? Si sono mai interrogati del perché le “vittime” siano in quelle condizioni? Se pure lo hanno fatto, non hanno voluto sentire la risposta perché la verità non corrisponde alla fissione ontologica che nella loro cosmogonia alterata cerne i buoni dai cattivi, il bene dal male. Come il grano dal loglio, nel campo arato della storia umana.
Sanno dire la qualunque su Israele e sui suoi governanti ma non riescono a pronunciare il nome di Hamas. Si ostinano a non voler ascoltare la parola magica che pure, se pronunciata, farebbe cessare come d’incanto tutte le atrocità di una guerra in atto: liberazione degli ostaggi ebrei rapiti dai tagliagole di Hamas nel pogrom del 7 ottobre 2023. Fingono di ignorare che i fiumi di denari che l’Europa ha riversato su quella lingua di terra negli ultimi 20 anni siano andati tutti all’acquisto di armi e alla costruzione di cunicoli sotterranei per praticare sistematicamente il terrorismo anti-Israele. E non è che, prima, i palestinesi, le cui odierne sorti turbano i sonni delle anime belle, stessero bene e vivessero negli agi e nel benessere. La fame c’era, Hamas regnante. Però, nessuno ha mai avvertito l’impulso morale di doversi dolere della condizione palestinese. Andava bene, era accettabile perché, in fondo, tutte le anime belle che oggi piangono e si disperano sono sempre state antisemite dentro, fino alle budella. Soltanto che non lo davano a vedere lavandosi la coscienza lercia di ipocrisia una volta l’anno, il 27 di gennaio, con la commemorazione degli unici ebrei buoni, meritevoli di essere celebrati: quelli morti ammazzati.
Parlano di carestia, eppure gli aiuti umanitari sono là, sul campo, pronti per essere distribuiti. Basterebbe che i “bravi” civili palestinesi facessero un gesto di affrancamento dai tagliagole di Hamas; che dessero un segnale di dissociazione dalle bestie islamiste. Invece, niente. A casa nostra questa si chiama complicità. Se resta un crimine contro l’umanità aggredire i civili, l’unica domanda onesta che, tutti indistintamente a destra come a sinistra, dovremmo porci è la seguente: è un popolo innocente quello di Gaza? La nostra risposta è no, non lo è. Siamo dei mostri nel sostenere ciò? Agli occhi delle anime belle lo siamo di certo. E sia, ma non siamo degli sfacciati ipocriti. Vogliono parlare di carestia? Facciamolo. Oggi piangono per Gaza, ma dov’era tutta questa bella gente quando non la becera destra ma le loro amate istituzioni internazionali pubblicavano i numeri delle carestie nel mondo? Oltre che piagnoni, hanno la memoria corta. Allora glielo ricordiamo noi cosa significhi carestia, quella vera, e quanto il loro mondo perfetto se ne infischi del problema.
L’organizzazione umanitaria, fatta a immagine e a misura dei progressisti, Save the children, sostiene in un proprio studio analitico sulla malnutrizione nel mondo che, nel 2023, la fame ha colpito circa 733 milioni di persone, 152 milioni in più rispetto al 2019, e che i livelli di insicurezza alimentare hanno interessato 77 milioni di persone in 18 Paesi, tra cui 33 milioni di minori. Un report del World food programme delle Nazioni unite, pubblicato di recente, rende noto che i punti caldi della fame classificati, oltre alla Palestina, sono Haiti, Mali, Sud Sudan e Sudan. In quei luoghi il livello di insicurezza alimentare da acuto è passato a catastrofico (fase Ipc 5 – il livello più pericoloso per la vita nella Classificazione integrata della sicurezza alimentare - Integrated food security phase classification).
Il report ha confermato l’aggravarsi della situazione anche in Paesi come la Repubblica democratica del Congo (Rdc), il Myanmar, lo Yemen, oltre alla Nigeria. Inoltre, vi è la previsione di un peggioramento dell’insicurezza alimentare acuta entro il prossimo mese di ottobre in 13 punti caldi, tra cui Burkina Faso, Ciad, Somalia e Siria. Per comprendere le dimensioni del problema prendiamo il caso del Sudan. Secondo le stime del report, il 50 per cento della popolazione – circa 24,6 milioni di persone – affronterà l'insicurezza alimentare acuta a livelli di crisi (fase Ipc 3 o superiore). Di queste, 8 milioni sono a livelli di emergenza (fase Ipc 4) e 637mila a livelli di catastrofe (fase Ipc 5). I bambini a rischio di malnutrizione acuta sotto i 5 anni sono 772.200.
Care anime belle gementi, che si fa con questi qui? Non si piange, non ci si straccia le vesti, non si organizzano catene veliche della solidarietà, non si protesta, non si sfasciano vetrine, non si picchiano quelli che non si adeguano al lutto proclamato dal politicamente corretto? Forse che i bimbi sudanesi vi fanno schifo? E i bambini haitiani? Vi fanno schifo pure quelli? È tutta roba di serie B, che non merita le vostre lacrime, perché quella carestia lì, che è vera e non è pompata a scopi di propaganda, non fa tendenza, non è cool. Tuttavia, se una volta nella vita voleste fare qualcosa di realmente utile e di intellettualmente onesto, il modo per riscattarvi ci sarebbe. Convincete le “vittime” a prendere le distanze con le parole e con i fatti dai tagliagole di Hamas. Non esiste altro modo per fermare la guerra. L’illusione, tutta europea, che si possa ancora trattare sulla base di due popoli, due Stati è una fantasia destituita di fondamento reale.
Gli israeliani intendono chiudere qui e ora la partita con il terrorismo che si è protratta per troppo tempo. E il coinvolgimento dei cosiddetti civili palestinesi è un prezzo da pagare che le autorità dello Stato ebraico hanno messo nel conto. Perché, fin quando gli abitanti di Gaza non daranno prova concreta di aver chiuso con Hamas, per gli israeliani – e per noi – saranno sempre una cosa sola. Come dicevano i nostri saggi antenati, che di guerra e di nemici dichiarati e occulti ne sapevano più di chiunque altro: Simul stabunt, simul cadent.
Aggiornato il 19 settembre 2025 alle ore 09:50