
A dispetto del fatto che non tutti gli iscritti potrebbero identificarsi nell’ostilità alla moda contro Israele, anche l’Ordine dei giornalisti del Lazio ha deciso, il 9 settembre alle 12 a piazza Santi Apostoli a Roma, a partecipare alla grande kermesse, ormai un’orgia vera e propria, di manifestazioni pro-Pal. Lo farà leggendo i nomi dei 290 giornalisti, veri o “fake” che siano (magari embedded con Hamas, alcuni partecipanti con filmati compiacenti fatti dai deltaplano all’eccidio e agli stupri del 7 ottobre 2023), uccisi dall’esercito israeliano in questi due anni di guerra al terrorismo e ai suoi sponsor nell’area mediorientale. Incurante dei dossier che sembrano dimostrare la “non neutralità” rispetto al terrorismo islamico di questi signori, gli unici a potere operare a Gaza sotto il diretto controllo di Hamas, visto che nessun altro giornalista occidentale od orientale è stato mai autorizzato a farlo – da Hamas più che da Israele – l’iniziativa dell’Ordine del Lazio, con il condimento di articolo 21 ed altre realtà militanti (che hanno al contrario dell’Ordine il diritto di esserlo) rischia di essere l’ennesima manifestazione pro Hamas ancora più che pro-Pal.
Non circolano tra gli esterrefatti colleghi cronisti di cui sopra (quelli che non odiano Israele) giudizi morali. Ma politici sì: già ci stanno persone, che su Israele non la pensano come Avs, i grillini o Elly Schlein, che chiedono di fare un sit in sotto la sede dell’Ordine del Lazio a Piazza della Torretta 36. Sit in all’insegna del “not in my name”. La battuta che circola tra i colleghi più anziani e smaliziati è questa: “Lo avessero intuito, le Brigate rosse potevano fare la strage di via Fani e rapire Aldo Moro non travestiti d avieri, ma da giornalisti, con la pettorina press bene in vista”. Magari a quest’ora avrebbero realizzato la sognata – da loro – rivoluzione proletaria. Hamas è stata più furba.
Aggiornato il 04 settembre 2025 alle ore 09:46