Il pellegrinaggio ungherese di Elly

Abbiamo lasciato passare qualche giorno prima di impugnare la tastiera e scrivere di ciò che è accaduto lo scorso sabato a Budapest. Bisognava far sbollire la rabbia per l’inaccettabile stupro della verità storica che è andato in scena nella capitale ungherese. Va bene la libertà di manifestare, ma anche la decenza ha i suoi diritti. Non parliamo di quella ignota ai membri della comunità Lgbtqia+ che hanno sfilato per le strade di Budapest mezzi nudi, addobbati a festa, stravaganti cocotte in succinte vesti dai colori sgargianti. A noi non piace l’esibizionismo sfacciato. Esteticamente ci disgusta. Ma tant’è: è la libertà, bellezza! Eppure, cento, mille volte meglio assistere allo spettacolo buffo di un maschietto ricoperto di lustrini e paillettes da sembrare l’insegna luminosa di uno strip club che subire la volgarità sostanziale e politica della miserabile congrega della sinistra italiana accorsa nel Paese magiaro a dare manforte ai gay contro il “bruto” Viktor Orbán. Altro che mondo alla rovescia! Qui siamo al teatro dell’assurdo di Eugène Ionesco e Samuel Beckett. Facciamo a capirci, perché non vogliamo essere presi per pazzi. L’allegra compagnia capitanata da Elly Schlein è andata a manifestare per i diritti dei gay in Ungheria. Peccato, però, che la segretaria del Partito democratico, diretta discendente (Pci-Pds-Ds-Pd) della tradizione comunista, abbia dimenticato di fare un doveroso omaggio ad altri giovani che nel lontano 1956 affrontarono i carri armati sovietici per rivendicare la libertà conculcata, espressioni di un eroismo che la signora Schlein mostra d’ignorare. Noi –sarà un malvezzo della senilità – quei ragazzi li abbiamo amati, li abbiamo cantati. Ascoltate le parole della canzone Avanti ragazzi di Buda.

Scritta da un italiano, Pier Francesco Pingitore, insieme a Dimitri Gribanosky, a futura memoria dei fratelli ungheresi caduti durante le giornate della Rivoluzione ungherese, è roba sconosciuta alla noblesse progressista perché a suo tempo bollata come propaganda antisovietica di destra e perciò censurata e criminalizzata dalla sinistra nostrana, cioè dai genitori putativi della banda di cialtroni che ha sfilato ieri l’altro. Perdonate lo sfogo, ma è una cosa che non riusciamo a mandar giù: adesso sarebbero loro i campioni dei diritti e della libertà? E dov’erano i loro predecessori quando Mosca schiacciava l’Ungheria sotto il tallone della repressione? Si obietterà: sono troppo giovani per essere chiamati in correità morale per fatti avvenuti in un tempo lontanissimo. Vero, ma se a ogni piè sospinto si pretende che Giorgia Meloni faccia professione di fede antifascista e pubblica abiura di ogni indulgenza verso il fascismo, perché non pretendere che anche i nipotini di Palmiro Togliatti e di Giorgio Napolitano – il comunista Giorgio Napolitano – debbano fare lo stesso invece che cambiare le carte in tavola della Storia? Loro le vittime, e Orbán il torturatore? Patetici mistificatori, ecco che sono! Sono andati a Budapest nella speranza di provocare una reazione violenta, di polizia, del Governo ungherese. Ma sono rimasti delusi, perché Viktor Orbán non è scemo e non è caduto nella trappola di quei quattro cialtroni in cerca di visibilità e dell’opportunità di guadagnarsi a scrocco la palma del martirio. Ma se è questo che desiderano, vadano a manifestare per i diritti civili nella Teheran degli ayatollah e dei pasdaran. I loro amati fondamentalisti islamici antisemiti non desiderano altro che di riceverli e di omaggiarli alla loro maniera: più che festeggiarli, fargli la festa.

No, loro a Teheran, come a Gaza, si guardano bene dal farsi vedere a sventolare una bandiera arcobaleno. I “compagni” preferiscono scimmiottare i loro idoli, fanatici integralisti, bruciando le bandiere di Israele a casa nostra, dove non corrono alcun pericolo anche quando compiono le peggiori nefandezze. Meglio provocare il “tiranno” ungherese che solo provare a muovere un dito ad Ankara contro il “democratico” Recep Tayyip Erdoğan, detentore del copyright sul trattamento delle minoranze nel suo Paese, in particolare dei curdi e dei cristiani. La ripugnanza che proviamo verso ciò a cui una sinistra miserabile e menzognera ci ha costretto ad assistere non deve offuscare il giudizio di pieno apprezzamento dell’operato di Viktor Orbán e della maggioranza del popolo ungherese. La polemica sorta intorno al diritto dei gay di fare il loro “Pride” a Budapest trova fondamento nel dubbio di natura costituzionale sulla facoltà di cittadini ungheresi e stranieri di manifestare contro i pilastri della legge fondamentale che regola il patto costitutivo tra il popolo ungherese e lo Stato. Il presidente ungherese, pur non impedendo che la manifestazione si tenesse, ha sollevato una questione che è assolutamente legittima dal punto di vista giuridico e politico-culturale.

La carta costituzionale d’Ungheria è profondamente diversa, nel suo impianto, da quella italiana e da quelle dei Paesi dell’Occidente avanzato. Per intenderci: La Legge fondamentale dell’Ungheria ha come preambolo la “hitvallás nemzeti” dove “hitvallás” che richiama la professione di fede religiosa, il credo, e l’aggettivo “nemzeti”, nazionale, esprimono la professione dei valori in cui la nazione ungherese si riconosce. L’incipit della Carta fondamentale recita: “Siamo orgogliosi che il nostro re Santo Stefano mille anni fa abbia dotato lo Stato ungherese di stabili fondamenta ed abbia inserito la nostra Patria nell’Europa cristiana… Riconosciamo il ruolo del cristianesimo nella preservazione della nazione e ancora: Dichiariamo che il quadro principale della nostra convivenza sono la famiglia e la nazione, che i valori fondamentali della nostra coesione sono la fedeltà, la fede e la carità. L’intero impianto costituzionale regge su queste fondamenta, che possano piacere o no ma appartengono al diritto del popolo ungherese di autodeterminarsi riguardo alla gerarchia dei valori condivisi. È più che comprensibile che il Governo di una nazione fortemente vocata alla difesa dei suoi cardini etico-religiosi debba attivarsi per evitare che il pur sacrosanto diritto di manifestare liberamente le proprie idee non entri in rotta di collisione con il diritto del popolo sovrano a vedere rispettata la propria Grundnorm, costitutiva del Pactum societatis tra i cittadini e lo Stato magiaro. La forzatura tentata dalla combriccola progressista, oltre alle cause di incoerenza che abbiamo evidenziato, ha assunto il carattere illiberale dell’imposizione di un modello sociale e culturale, che è nelle corde della sinistra, incline a ignorare la volontà popolare e a imporre, per il supposto bene del popolo medesimo, la propria idea-guida in nome di una autoproclamata superiorità morale. La violenza non è solo puntare un’arma carica contro qualcuno o minacciarlo con un bastone. Violenza è sfilare mezzi nudi sotto il naso di chi percepisce quell’esibizione oscena come una provocazione.

Violenza è cercare a tutti costi lo scontro fisico con gli oppositori o con la polizia per poi farsi passare, agli occhi delle opinioni pubbliche compiacenti, da vittime e martiri. Violenza è scrivere in una legge – come la sinistra ha provato a fare con l’abortita Legge Zan – che è vietato pensarla diversamente da ciò che prescrive il Grande Architetto del politicamente corretto. Violenza è dichiararsi pacifisti alla maniera woke. Violenza è quella della Schlein che va a Budapest per dire che l’amore non si può vietare per legge ma che omette di precisare che se fosse per lei, come fare l’amore, e con chi, sarebbe regolato per legge. Violenza è quella della Schlein che, a proposito di Orbán e del fine settimana a Budapest, scrive sui social: “No pasaran!” neanche fosse una novella Pasionaria alla Dolores Ibárruri, impegnata a combattere un Francisco Franco redivivo nei panni del caudillo del Transdanubio, Viktor Orbán. Tutto passa. La carnevalata messa in scena dalla sinistra a Budapest, passa. La polemica su Orbán omofobo e fascista, passa. Ma l’offesa arrecata alla sacra memoria dei ragazzi del ‘56, quella non passa. Non passerà mai. Avanti ragazzi di Buda!

Aggiornato il 01 luglio 2025 alle ore 09:55