
È “l’uovo di Colombo” per la sinistra terzomondista di oggi: un nuovo Sessantotto in chiave antisemita. Una tana libera tutti per gli istinti a lungo e ipocritamente repressi: l’odio contro Israele come odio antiebraico finora inconfessabile. Nonostante i precedenti staliniani e il Patto Molotov-Ribbentrop. Ma adesso – approfittando delle ambiguità del messaggio della chiesa cattolica di Papa Francesco e con la scusa dei “poveri bambini palestinesi”, gli unici per cui è lecito commuoversi – i freni inibitori sono caduti. Dagli, quindi, “all’ebreo” nelle università come negli anni Sessanta al “fascista”. Uccidere il quale non era reato. E ora siamo a un passo “dall’uccidere un ebreo non è reato”.
E tutto assecondando una moda terzomondista secondo la quale Israele sarebbe uno Stato coloniale (cosa che, ictu oculi, è falsa) in cui si pratica l’apartheid. Nei confronti dei palestinesi. Una moda favorita da incaute dichiarazioni come quella del segretario generale dell’Onu António Guterres proprio all’indomani del 7 ottobre 2023. Che tradotta in italiano non ipocritese suonava come: “Gli israeliani se la sono cercata”. La strage. Il pogrom. E ecco che gli orfani – e i loro discendenti – dei cortei in cui si inneggiava a boia come “Giáp, Giáp” e “Hồ Chí Minh”, oggi trovano normale invocare Hamas, Hezbollah e Ali Khamenei.
Una moda ideologica, dunque, che prende origine proprio in quelle università americane cui logicamente Donald Trump vorrebbe togliere i finanziamenti federali. Dove con i soldi del Qatar si istituiscono a profusione cattedre che con la scusa di insegnare la storia dell’Islam diventano fucine di indottrinamento al terrorismo. Come ai tempi di Giangiacomo Feltrinelli si portavano Che Guevara e Fidel Castro nelle bandiere delle manifestazioni violente che avrebbero portato al fenomeno delle Brigate rosse, oggi è normale vedere i vessilli di Hamas e di Hezbollah colorare le piazze di sinistra. Rotto un argine, la sinistra estremistica scatena il proprio urlo antiebraico nei riti dei sabati pro Pal proprio come il ragionier Ugo Fantozzi affidava agli echi della foresta il proprio urlo liberatorio dopo aver mangiato un’oliva ripiena bollente nel ristorante giapponese.
Aggiornato il 24 giugno 2025 alle ore 09:29