Il punto G che piace a “The Donald”

Eccolo dunque il nuovo ordine mondiale che si staglia all’orizzonte del secolo presente. A dare il maggiore impulso alla riscrittura è Donald Trump. Ogni sua mossa è un manifesto programmatico. I suoi annunci, in apparenza ondivaghi e confusi, sono messaggi in codice indirizzati ad amici e nemici. Se non comprensibili in chiaro, il problema non è suo ma dei destinatari che non sono attrezzati a decodificarli. Le sue dichiarazioni alla stampa somigliano alle comunicazioni di Radio Londra alla Resistenza che combatteva i tedeschi in Europa durante la Seconda guerra mondiale. A quel tempo, dalle telescriventi inglesi uscivano frasi del tipo: “La gallina ha fatto l’uovo”, “La mucca non dà latte”, “Le scarpe mi stanno strette”, “Felice non è felice”. Oggi Trump ai microfoni dice: “Potrei bombardare l’Iran, potrei non bombardarlo, nessuno sa quale mossa deciderò”. Servirebbe impadronirsi di una macchina Enigma per decrittare il pensiero del leader più potente al mondo. In attesa di un fantascientifico blitz delle forze speciali nella stanza ovale della Casa Bianca per scoprire cosa frulli nella testa di Trump, accontentiamoci di ciò che è visibile a occhio nudo della sua criptica visione del futuro globale. Sappiamo ciò che il tycoon non vuole più: un rapporto geostrategico paritario con gli Stati alleati.

Non vuole più discutere con i loro leader postulando che stiano al suo stesso piano. Non vuole più il format del G7. Per dimostrarlo lo abbandona platealmente, come ha fatto qualche giorno fa l’appuntamento fissato in Canada, a Kananaskis. Novello Giulio Cesare, Trump potrebbe ricordare quel giorno con la seguente frase da tramandare ai posteri: “Veni, vidi, e li mandai a…”. Lui, gli altri leader – soprattutto il francese Emmanuel Macron – non li sopporta. E non fa nulla per nasconderlo. Al piccolo Napoleone francese, che cercava di dare una spiegazione a proprio uso e consumo dell’abbandono improvviso del G7 da parte del presidente Usa, Trump gli ha risposto per le rime, praticamente dandogli del cretino: “Il presidente Emmanuel Macron della Francia, in cerca di pubblicità, ha detto sbagliando che ho lasciato il summit del G7, in Canada, per lavorare a un cessate il fuoco tra Israele e Iran. Falso! Non ha idea del perché io sia attualmente diretto a Washington, e certamente ciò non ha nulla a che fare con un cessate il fuoco, ma con qualcosa di molto più grosso. Lo faccia di proposito o meno, Emmanuel si sbaglia sempre”.

Ma, prima di lasciare i colleghi leader con il cerino acceso in mano, Trump si è peritato di rassegnare loro due considerazioni destinate a cambiare il corso della storia prossima delle relazioni internazionali. La prima: espellere la Russia dal G8 è stato un errore grave (sembrava sentire parlare la buonanima di Silvio Berlusconi). La seconda: Vladimir Putin può essere un valido mediatore nella crisi tra Israele e Iran. Una provocazione, che ha mandato in tilt gli interlocutori europei. Una roba da impazzire. Ma come – si saranno detti gli annichiliti partner transatlantici – sono anni che ce l’abbiamo con Putin. Diciamo che è un criminale assassino. Vorremmo vederlo pendere da una corda, appeso per il collo, per ciò che sta facendo al popolo ucraino e adesso ci affidiamo a lui per un negoziato di pace tra Israele e Iran? Sarebbe come incaricare Dracula di rimettere ordine alla banca del sangue. Ma, tant’è. Siamo ancora una volta ai messaggi in codice che i consunti alleati della nuova America trumpiana non riescono a decifrare. E che messaggio è quello rivolto a Volodymyr Zelens’kyj? Il presidente ucraino è corso in Canada per incontrarlo e chiedergli di fare di più per aiutare la sua gente a combattere i russi e lui, Donald, non si è fatto trovare. Della serie: “Dell’Ucraina, nun me ne po’ fregà de meno”. Allora cos’è che vuole The Donald?

Semplicemente passare alla storia come colui che ha ridisegnato la carta degli equilibri mondiali. Volendo azzardare una previsione, saremmo pronti a scommettere un caffè sulla circostanza che al prossimo G7, nel 2026 – che verrà ospitato dalla Francia presso la località termale di Evian – il presidente Usa invierà un audiovisivo preregistrato mancando di presentarsi di persona. Lo farà per marcare con più nettezza l’idea che l’alleanza occidentale sia un reperto archeologico del Novecento da consegnare alle cure museali. E, visto che siamo in vena di prodigalità, ci spingiamo a scommettere un cappuccino e una brioche che, entro la durata del mandato presidenziale, Donald Trump darà vita al nuovo formato di intesa tra i potenti del mondo che, a suo giudizio, si avvicinerà maggiormente all’effettiva realtà dei rapporti di forza tra grandi nazioni. La formula sarà a tre: Usa, Russia e Cina. E quando s’incontreranno i rispettivi leader, discuteranno dei destini del resto del mondo. Sarà un formato destinato a sopravvivere all’uscita di scena di Donald Trump, al termine dei quattro anni di presidenza. D’altro canto, se le due massime potenze strategiche, insieme alla principale potenza commerciale globale, s’incontrano, è immaginabile che vi sia qualcuno in grado di opporsi a un tale livello di meeting? Chi lo fa, Emmanuel Macron?

Lo abbiamo detto in precedenti occasioni e qui lo ribadiamo: lo spettacolo offerto dai leader occidentali è di uno spocchioso consesso di nobili decaduti che, sebbene vadano in giro con giacche lise e pezze al sedere, non perdono quella puzza al naso – i generosi la chiamano allure – che tanto fa girare le scatole a chi il potere lo detiene realmente. Ecco dunque su cosa si dovrà puntare l’attenzione per saperne di più dei nostri destini: su una cosa che probabilmente si chiamerà G3. E che avrà concrete possibilità di svolgersi in un’amena località del Medio Oriente che piace a tutti e tre i leader del nuovo ordine mondiale: RiyadArabia Saudita. Se una cosa ci hanno insegnato gli anni della guerra russo-ucraina è la perdita di centralità dell’Europa e, in generale, dell’Occidente liberale rispetto alle realtà emergenti – estranee al principio democratico – in ogni parte del globo. C’è un mondo fuori del nostro che reclama spazio e potere dopo essere stato per secoli terra di conquista di quegli Stati europei che oggi hanno perso peso specifico e capacità d’influenza. É il nuovo mondo che si appresta a essere disvelato alla Storia grazie al suo scopritore Donald, novello Cristoforo Colombo. Ma, come al navigatore genovese, anche a Trump è toccato l’ingiusto destino di essere spernacchiato dai contemporanei. Tuttavia, chi ha impresso la sua orma nella storia dell’umanità? Gli scopritori o gli “spernacchiatori”? Oggi ancora celebriamo l’impresa di Colombo. I nostri posteri è probabile che studieranno la figura eroica di Donald Trump. E di Emmanuel Macron? Tra non molto tempo, da qualche parte in Francia vi sarà un redivivo Alessandro Manzoni che si porrà la medesima domanda del suo illustre predecessore: “Macron! Chi era costui?”.

Aggiornato il 20 giugno 2025 alle ore 10:07