
A mio modesto parere il pasticciaccio brutto di Garlasco contende alla strage di Erba il ben poco onorifico titolo italiano del più grave errore giudiziario del XXI secolo. Ora, senza entrare ancora una volta nei meandri delle controversie, ad esser buoni, in entrambe le vicende si è sin da subito evidenziato un notevole accanimento da parte del mondo dell’informazione, in gran parte colpevolista per vocazione e per interesse, che ancora oggi, per bocca di alcuni paladini del giornalismo d’accatto, tende a ripetere come un disco rotto una montagna di congetture e di leggende metropolitane, di cui non vi è quasi traccia nelle carte, spacciandole per prove schiaccianti. Sulla condanna di Alberto Stasi, in particolare, riemerge con la violenza di un turbine la teoria dello scambio di pedali ipotizzata a suo tempo dall’avvocato Luigi Tizzoni, legale della famiglia di Chiara Poggi, che divenne il principale accusatore dell’unico indagato dell’epoca. Tant’è che in questi giorni alcuni fenomeni della stessa informazione, con l’aria di chi possiede una infallibile sfera di cristallo, ribadiscono senza imbarazzo questa falsità. In realtà, tale scambio non venne mai fatto e a dirlo non è una perizia della difesa, bensì quella disposta da chi sosteneva l’accusa durante il processo di Appello bis, che come è noto decretò la prima condanna del “biondino dagli occhi di ghiaccio”, ovvero il sostituto procuratore generale di Milano, Laura Barbaini.
Infatti, dopo aver affidato a un team di esperti la perizia sulla bicicletta dell’imputato, così si espresse la Barbaini: “È matematicamente escluso che vi sia stato uno scambio tra i pedali sulla data di fabbricazione dei vari componenti e sulle eventuali modifiche. La bicicletta nera sequestrata – aggiunse – è coerente in tutti i suoi componenti che hanno date di fabbricazione tra loro coerenti”. Coerenza che, tuttavia, non c’è alcun modo di imporre a una certa informazione colpevolista le cui balle spaziali, come ricorda il protagonista del Gladiatore ai suoi legionari, continuano a riecheggiare per l’eternità. D’altro canto, se non ci pensa una libera stampa a fare le pulci al potere giudiziario, analizzando in senso critico le tante strampalate vicende che hanno raggiunto un’eco nazionale, non si vede chi altro abbia i mezzi e lo spazio per farlo. Ma è anche vero che l’inaspettata accelerazione delle nuove indagini ha completamente spiazzato gli stessi fenomeni che sui giornali e sulle televisioni ci hanno raccontato per anni un po’ troppe verità di comodo. E a questo punto nell’eventualità di un totale ribaltamento di una condanna fondata, come dice Vittorio Feltri, sul nulla, non è agevole cambiare narrazione dopo aver raccontato favole per 18 anni.
Aggiornato il 03 giugno 2025 alle ore 09:28