
“Uno dei dati più rilevanti della nostra condizione attuale consiste nella crisi del senso”. Così scriveva nel 1998 San Giovanni Paolo II nella sua enciclica Fides et ratio evidenziando uno degli elementi distintivi della odierna cultura occidentale che, in sostanza, vive la crisi economica, la crisi sociale, la crisi demografica, la crisi etica e antropologica, perché, in sostanza, vive la crisi del senso. Non esente da un tale perdurante stato di crisi e difficoltà è il Cattolicesimo di questi anni per molteplici cause che impongono una riflessione per chiunque non soltanto avverta il disagio della predetta crisi, ma per chiunque intenda anche coglierne le opportunità al fine di contribuire a risolverla. Prima di tutto occorre chiedersi da dove si evince lo stato di crisi del Cattolicesimo, per cui è necessario tracciare il perimetro dello scenario effettivo. Il panorama è articolato e complesso, coinvolgendo diverse dimensioni che spesso si incrociano, come quella sociale, quella politica, quella culturale e così via. Il Cattolicesimo, infatti, attraversa il paradosso probabilmente più lacerante della sua bimillenaria storia, dato che in Europa – dove esso è cresciuto e si è sviluppato – si contrae, mentre nel resto del mondo fiorisce e si espande.
Forse anche per questo il nuovo romano pontefice Leone XIV non è stato scelto dallo Spirito santo tra le schiere dei porporati europei, ma tra quelli d’Oltreoceano, ma sicuramente è con la attuale crisi del cattolicesimo che Papa Prevost dovrà cimentarsi come guida morale e teologica della Chiesa. Lo scenario, infatti, è quanto mai complesso, dovendosi distinguere problematiche di ordine empirico e problematiche di ordine dottrinale. Tra le prime ci sono la crisi delle vocazioni, la disaffezione al culto cattolico, nonché una sempre più marcata riduzione dell’importanza del ruolo culturale della religione, la diminuzione sempre più vertiginosa dei matrimoni cattolici, l’aumento delle unioni anticattoliche, il numero maggiore di divorzi, e, infine, il calo inarrestabile delle nascite. Tra le problematiche di ordine dottrinale, invece, spiccano – tra le molteplici identificabili – la riduzione della fede a mero sentimentalismo, il travisamento della natura e della funzione della misericordia intesa in contrapposizione o in assenza della giustizia, la convinzione sempre più largamente diffusa secondo cui non esiste una via universale per arrivare a Dio, ma solamente vie individuali e soggettivistiche. La convergenza di tutte queste cause costituisce la forza di propulsione determinante della attuale decadenza della civiltà occidentale in genere e di quella europea in particolare, ma soprattutto della crisi profonda e strutturale che sta attraversando – come mai prima d’ora – il Cattolicesimo. Venuto meno il senso, sia quello teologico, sia quello spirituale, a causa della secolarizzazione e dell’assuefazione degli stessi cattolici al mondo secolare, conseguentemente e inevitabilmente è venuto meno anche il senso liturgico, il senso della famiglia, il senso della mistica, il senso della vita e quello della morte.
In quest’ottica assumono rilevanza le lucidissime riflessioni condensate proprio da un non cattolico come Michel Onfray che, tuttavia, è riuscito a cogliere l’essenza della questione meglio di tante odierne voci cattoliche a cui è mancata la medesima capacità di analisi e di sintesi critica (altro problema gravissimo dell’attuale Cattolicesimo), così avendo scritto, già nel 2017, il celebre filosofo francese: “La civiltà del rock e del fumetto, del cinema e della televisione, della discoteca e del tabagismo, della pillola e del divorzio, dell’alcol e degli stupefacenti, del frigorifero e dell’automobile, della bomba atomica e della guerra fredda, dell’amore libero e del tempo libero, dei soldi e degli oggetti, è una civiltà che avanza stritolando tutto quello che incontra sulla sua strada. E il Concilio Vaticano II non può farci niente. Sembra anzi che l’essersi offerto come soluzione abbia incrementato la malattia: facendo di Dio un amico a cui dare del tu, del prete un compagno da invitare in vacanza, del simbolico una vecchia storia da dimenticare, del mistero della trascendenza una piatta immanenza, della messa una scenografia che ricalca gli schemi della televisione, dei rituali un’avventura che attinge indistintamente al successo delle canzoni del momento o dell’arte naif dei fedeli più ardenti, del messaggio di Cristo un semplice volantino sindacalista, della tonaca un abito di scena e delle altre religioni tante spiritualità che valgono esattamente come il cristianesimo, la Chiesa ha accelerato il movimento in avanti che annunciava la sua caduta. La strada ha rimpiazzato la Chiesa, il volantino ha sostituito il messale, la serigrafia prende il posto dell’icona, il megafono declassa il pulpito, l’assemblea generale diventa Conclave, la manifestazione si trasforma in messa grande, il militante indossa i panni del prete, il maoista si mette i vestiti del monaco soldato”.
Il quadro decadente descritto da Onfray non soltanto illustra in modo quanto mai preciso e plastico il percorso della marginalizzazione del Cattolicesimo come fenomeno costitutivo sempre più vacillante della cultura in occidente, e addirittura a opera degli stessi esponenti della Chiesa, ma in controluce rivela lo stato di impoverimento spirituale e razionale che tale processo di decadimento implica. Il nuovo pontificato di Leone XIV, dunque, dovrà affrontare tutte queste difficoltà rimaste in sospeso per oltre un decennio sotto il pontificato di Francesco, e dovrà venire a capo del recupero di quel senso dell’umano e del divino senza il quale sia la Chiesa sia il Cristianesimo diventeranno realtà sempre più estranee all’esperienza esistenziale dell’uomo occidentale e, paradossalmente, proprio a quella dello stesso cattolico in particolare.
Aggiornato il 14 maggio 2025 alle ore 11:59