Cineamichettismi

Il cinema “è davvero in crisi e riteniamo che il Ministero della Cultura abbia una grossa responsabilità in questo. Sentirci dire che tutto va bene, e per di più in un modo così bizzarro, è stato per me molto fastidioso”. E poi ancora: “Piuttosto che piazzare i loro uomini come fanno i clan nei posti chiave, si preoccupassero davvero di fare il bene della nostra comunità mettendo le persone competenti nei posti giusti e incontrando i rappresentanti di categoria per risolvere davvero i problemi”. Parola di Elio Germano a cui il ministro Alessandro Giuli ha replicato dicendo che “ci hanno descritti come i nemici giurati del cinema ma la riforma del tax credit è nata su richiesta di tanti protagonisti del settore, piccoli, medi e grandi, che ci hanno chiesto di intervenire per porre fine a rendite e privilegi”. Il ministro ha accusato una “minoranza rumorosa” di monopolizzare il dibattito culturale e di attaccare il governo in modo ideologico. “Si sentono toccati nelle loro rendite da un’operazione verità che abbiamo messo in campo”, ha detto, citando esplicitamente Germano: “C’è chi si impadronisce perfino del Quirinale per cianciare in solitudine”.

Dopo aver fatto un comizio fuori posto a reti unificate manco avesse dimenticato di essere Elio Germano ai David di Donatello davanti a un numero copioso di giornalisti, l’attore romano ha giocato a fare la vittima del potere fascista che vuole correggerlo a sprangate dicendo: “Io penso sia normale che un cittadino possa lamentarsi di un rappresentante del proprio Paese. È un po’ più inquietante che il rappresentante della politica faccia nome e cognome di un cittadino”. Fin qui la schermaglia. Noi invece siamo d’accordo con Germano e pensiamo sia perfettamente legittimo che un cittadino famoso sfrutti la propria rendita di posizione per dire liberamente ciò che pensa senza che nessuno osi vietare la libera espressione.

Pensiamo sia altrettanto logico però che, se un cittadino famoso non ha remore a fare polemica aspra con le Istituzioni, mettendone in discussione l’operato, parlando di “fastidio” verso le parole del ministro e definendolo incapace e lottizzatore, una risposta diretta sia il minimo che debba a spettarsi senza per questo doversi mettere a fare “il proletario impaurito e offeso” dalla violenza ministeriale. È il gioco delle parti: tu attacchi a reti unificate e il ministro ti risponde. Pur comprendendo inoltre che, in ossequio alla crisi del cinema si debba trovare ogni mezzo per farsi pubblicità a basso costo, le parole del novello Berlinguer ci suonano tanto di polemica ideologica mista ad amichettismo per una serie di motivi fin troppo banali.

Pur volendo infatti, questo autoritario e incolto regime di destra non avrebbe avuto il tempo di generare la crisi di un settore che sicuramente esiste ma che forse è da rinvenirsi in una serie di provvedimenti (o di mancati provvedimenti) che arrivano da lontano. E allora dov’era Elio Germano quando la crisi veniva generata da qualche governo amico? Probabilmente ha fatto come Maurizio Landini, colui che si è quasi voltato dall’altra parte quando Matteo Renzi toglieva l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori onde poi fare una caciara immonda adesso che quelli al Governo non sono suoi amichetti.

In secondo luogo non si capisce come mai Elio Germano tema solo adesso le nomine governative bollandole come mafiose. Il tutto ovviamente a legislature alterne perché, come noto, a volte le nomine sono straordinarie mentre a volte sono di destra e quindi deprecabili. Lasciamo invece ai tecnici l’onere di spiegare se il tax credit sia una riforma efficace o se abbia magari smantellato rendite di posizione ormai consolidate in grado di generare le ire di chi non si sente magari più garantito da un sistema fondato su un amichettismo da sezione di Partito per accedere al quale magari prima bastava fare l’epica della sinistra e cantare “Bella Ciao” sbraitando a pene di segugio sul pericolo fascista in assenza di fascisti. Sul tema sospendiamo il giudizio perché, noi, non ci sogneremmo mai di parlare di cose che non conosciamo sufficientemente.

Fatto sta che Elio Germano, attore di indiscutibile qualità e talento, ha perso una formidabile occasione per non superare quella linea sottile che divide il livore ideologico dalla legittima denuncia, la polemica pretestuosa e fuori luogo dalla sacrosanta manifestazione della propria opinione.

Aggiornato il 14 maggio 2025 alle ore 09:34