
Sassolini di Lehner
La prima impressione è che Leone XIV, di contro a Jorge Mario, potrebbe rivelarsi pontefice credente e addirittura cattolico, cioè nel solco dell’ecclesia universale voluta ed avviata da Paolo, alias Saulo, già intollerante ebreo ortodosso, convertitosi al cristianesimo, affrancandolo, però, dalla condizione di minuscola frazione dell’ebraismo. Il Papa americano ha già avuto il merito di sconvolgere Roberto D’Agostino, non perché aspirasse davvero al soglio petrino – magari, stante i rotoli di vanità che lo hanno reso tronfio e pavone, un pensierino l’aveva forse fatto – Il gossipparo, per rassicurare Mario Draghi e compagnia affaristico-finanziaria, ha immediatamente messo le mani avanti, dipingendo il neo-eletto come feroce avversario di Donald Trump; ergo, per effetto domino, nemico giurato di Giorgia Meloni e degli italiani che la votano. Il nuovo Papa contenderebbe, insomma, pure a Marina Berlusconi il primato dell’antitrumpismo viscerale, che, nei toni e nel lessico ricorda le incessanti aggressioni a Bettino Craxi e, purtroppo per Marina, la sanguinosa efferatezza della caccia all’uomo, cioè a babbo Silvio Berlusconi. Il ragionier Roberto, orfano di latino e greco, ha dedotto siffatta missione anti-trumpiana dal richiamo di Robert Francis Prevost al dovere di costruire ponti, attività che rientra, invece, nel minimo sindacale per chiunque si fregi del titolo di pontefice, ossia “costruttore di ponti”.
Angelo Bonelli, verde quanto il cocomero (dentro è rosso), pendendo dalle labbra di D’Agostino, ha ripreso pari pari la sballata ed esagitata inferenza dagli invocati ponti leonini. Seguono, sempre succhiando la ruota di Roberto, Elly Schlein, Giuseppi Conte, Nicola Fratoianni, nonché i giornalisti pagati da Urbano Cairo e dall’ingegner Carlo De Benedetti. In fuga solitaria, invece, Sergio Mattarella e Giorgia Meloni, che, sorvolando sulla vera tradizione cattolica, rievocano affettuosamente, nel messaggio augurale al probabile credente Leone XIV, l’argentino scomparso, cioè il fu sacerdote del culto pagano di Pacha Mama, nonché discepolo di vari Imam o improvvisato aiutante sciamano degli inuit. L’opposto di coerenza? Ebbene, il contrario è “sinistrenza”. Da D’Agostino in giù è d’improvviso risuonato: “Contrordine, compagni!”. Ci siamo sbagliati: altro che ostile a Trump, Robert Francis scaturisce dal complotto della Cia (Cardinali imbroglioni americani), associazione segreta porporata finanziata dai milioni di dollari di Donald.
Da lì, una pioggia di sospetti e di accuse: non è un vero papagno, attento al sociale ma non materialista dialettico, non è neppure simpatizzante di Lgbtqia+, non considera l’aborto un diritto-dovere e intigna nella famiglia tradizionale; in aggiunta, vien fuori la pregressa presunta omertà sui pretazzi sporcaccioni. Insomma, nella sinistrenza, abituata da Jorge Mario a considerare lider maximo degli avanzi del comunismo il successore di Pietro, serpeggiano smarrimento e confusione; anzi, isteria davanti al rischio di estinzione della già diroccata scuola vaticana delle Frattocchie.
Per gli studiosi del turpiloquio, dell’insulto gratuito e delle fobie zitellesche, nel senso di ZTL, basta documentarsi su Dagospia, il triviale fortino della vera, unica opposizione muscolare al popolo sovrano, che non si fa condizionare da George Soros, da Goldman Sachs e dal “vile affarista”. D’Agostino, d’altro canto, non rispetta i vegliardi come Rino Formica, l’ultra-novantenne capace di analisi strampalate, ponendo in risalto l’esito patetico della vecchiaia. Sbattuto sulla prima pagina di Dagospia è apparsa, infatti, la chiosa formichiana, secondo la quale l’elezione di Prevost segnerebbe la sconfitta disastrosa non degli atei già amici e sodali di Bergoglio – vedi Eugenio Scalfari, a cui Jorge Mario ordinò: “Mi raccomando, non si converta!” – bensì della cattolica Meloni e della sua maggioranza schiacciata sul cristiano Trump. Non a caso, l’articolo è apparso su Domani, altra entità pregna di odio, quand’anche scaturente dagli acciacchi della senescenza.
Da parte mia, onoro la copiosa età di Rino, ma non posso non ricordarlo da adulto ancora pimpante, quando fu tra i primi esponenti della frazione dei socialtraditori ad abbandonare Bettino Craxi nelle fauci delle belve feroci, sia in toga, sia iscritti all’Albo. Oggi, come allora, Rino Formica si fa usare dalla sinistrenza già manipulitista. Eppure, Formica dovrebbe rammentare – tuttavia, l’età può rendere scordarelli – che proprio quei sinistrenzi avevano le mani sporche di tangenti, talmente luride e fetide, che Craxi impose a Vincenzo Balzamo, amministratore del Psi, di rispedirle immediatamente al mittente. Ogni riferimento a Carlo De Benedetti, editore di Domani, è puramente voluto. Le persone ancora capaci di serenità di giudizio e in grado di distinguere il sacro dal profano, prima di raffazzonare giudizi affrettati, aspettano di vedere se, dopo il papato terra-terra di Bergoglio, Leone XIV sarà talmente ispirato da saper coniugare, da cattolico autentico, le cose terrene con quelle celesti.
Non resta, dunque, che attendere e, intanto, seguire l’insegnamento del maestro Pirrone, teorico della ἀκαταληψία, acatalessia (incomprensione della realtà) e dell’ἐποχή, epoché (sospensione del giudizio).
Aggiornato il 12 maggio 2025 alle ore 09:37