
Sassolini di Lehner
Sono stato ammesso al corso gratuito, nonché accelerato, tenuto da docenti, già vincitori di concorso interno all’associazione Csn “Cosa sinistra nostra”, detta anche “Sinostra”. Si tratta di docenti scappati di casa e di cervello, eppure mediaticamente onnipresenti e straparlanti, esercitando online, a mezzo stampa e tivù una particolare libera e indecente docenza nella disciplina denominata Reductio ad unum. Avendo superato con lode e a pugno chiuso il corso per neoPciotti, ora sono autorizzato ad avvalermi di tutte le conoscenze impartitemi, benché si tratti, in realtà, di una soltanto: la regola della demonizzazione semplificata, consistente nel dare del fascista a chiunque non ci garbi o glorificare come squisita antifascista la minestra riscaldata. Grazie agli insegnamenti dei Pciotti Roberto D’Agostino, Alessandro Barbero, Corrado Augias (alias “Donat”), Massimo Giannini (alias “Smirne”), Michele Serra (alias “Rupe Tarpea”) e quant’altri sinostrati conferenzieri, adesso non mi debbo più scervellare per mettere a fuoco la vasta complessità degli eventi storici, né per cercare di capire le ragioni degli “altri”. Insomma, è un Anpi-rivieni.
Tra i professori di antifascismo militante rispunta pure Walter Veltroni, che, in verità, non dovrebbe mancare di rispetto al padre Vittorio, bravissimo giornalista dell’Eiar, fascista talmente fidato e apprezzato dal regime, da essere incaricato dell’organizzazione delle numerose ed epocali radiocronache sulla visita di Adolf Hitler a Roma, Napoli, Firenze dal 3 al 9 maggio 1938. Vittorio, dopo l’8 settembre 1943, nella Roma occupata dai nazisti, passò alla Resistenza, quella monarchica, però, non comunista. Ecco come funziona il metodo della semplificazione del complicato. Donald Trump? Niente altro che un pazzoide fascista. Elon Musk? Fascista su Marte con derive naziste. Giorgia Meloni? Nostalgica immarcescibile sempre in minacciosa marcia, partenza dalla Garbatella, arrivo ai Palazzi della Ztl. Fascista è e fascista rimane chi non sale sulla carrozza del Gay Pride. Chi si traveste, si trasfigura con trucco pesante al di là del kitsch e porge il dozzinale labbro tumido al peccato si merita la medaglia di eroe della Resistenza… al buon gusto. Di “olio di ricino e manganello” sono irrorati i documenti d’archivio, dai quali risultano anche le angolazioni criminali della Resistenza, talora santa, a volte dannata. Spacciatori di “libro e moschetto” sono quanti ricordano il bestiale partigiano comunista aduso a squartare a colpi di vanga i prigionieri.
È “sansepolcrista” accanito chi distingue nettamente la nobiltà di Edgardo Sogno, medaglia d’oro della Resistenza, dall’efferatezza di Francesco Moranino, assassino di 5 partigiani (Emanuele Strassera, Ezio Campasso, Mario Francesconi, Giovanni Scimone, Gennaro Santucci) e delle mogli, entrambe di nome Maria, di Santucci e Francesconi. 6-7 luglio 1945 è data antifascista, così come si guadagnano il titolo “antifascista” gli spietati autori della strage di Schio. I 54 assassinati, tra cui 14 donne, e i 17 feriti, a guerra terminata da 9 settimane, si meritano, invece, la taccia di “Neri”, benché solo 27 dei mitragliati militassero nella Rsi. È sempre Resistenza proclama il cattolico Sergio Mattarella, dimenticando, purtroppo, che quel “sempre” indusse partigiani comunisti a massacrare, a guerra finita, tra le migliaia di assassinati, oltre un centinaio di sacerdoti e diaconi colpevoli d’essere credenti, ergo possibili sodali dei “Figli del fabbro”. Bortoloso Valentino, Broccardo Giovanni, Canova Gaetano, Ciscato Italo, Fochesato Antonio, Losco Luigi, Manea Arciso, Manea Lido, Micheletti Bruno, Franceschini Renzo, Santacaterina Aldo, Scortegagna Bruno furono i memorabili stragisti di Schio, ergo “antifascisti” schietti come i Laogai di Xi Jinping, di contro alle perfide camicie nere dell’attuale Senato statunitense, dove risuona l’estremista “me ne frego”.
Il tricolore è indiziato di affinità coi “littoriali”, mentre le 12 stelle in cerchio su sfondo blu rappresentano le benemerite eurovaligie zeppe di cartamoneta anti-Ovra. Giuseppe Mazzini con il proprio maniacale amor patrio deve essere associato ad Achille Starace, mentre l’idea di nazione in sé stessa rievoca i “Balilla”. Gli spaghetti non al dente non si rifiutano perché scotti, ma in quanto “Farinacci”, nel senso di Roberto. Il benzinaio che non deterge il parabrezza, non è più neghittoso, ma “gerarca”, così come l’amministratore di condominio non è più esoso, ma “avanguardista”. L’arbitro che non ti dà il rigore non è più cornuto democratico, ma mussoliniano della “decima mas”. La fidanzata che fa storie non si becca più “bisbetica indomita”, ma “ausiliaria della Repubblica sociale”. Dante Alighieri che spedì Maometto all’Inferno non può che essere il poeta del “Boia chi molla”. La Ue che finanzia con milioni di euro la ricerca sul Corano in qualità di colonna portante della cultura europea conquista la targa di “antifascistissima”. Ispirati e guidati da siffatta Weltanschauung sempliciotta ed ipocritotta, i neuroni si riposano, sino al dolce rilassamento sulla via del letargo. In luogo del faticoso e labirintico ingaggio con la varietà e la cromaticità, ecco la scorciatoia del bianco e nero, dove la popolazione mondiale non si divide più per etnie, usanze, culture, tradizioni, radici, dna e storia. L’idea che ogni individuo sia unico ed irripetibile è obsoleta ed oscena quanto una “figlia della lupa”. L’umanità o è bianca, cioè sana di mente ed antifascista, oppure è nera, cioè psicotica e fascista, tertium non datur. Eppure, rimane il dubbio sul semplicistico Anpi-rivieni: magari, sotto il manto dell’antifascismo parolaio sempre e comunque si riaffaccia l’intolleranza e l’illiberalità degli ex fascisti riciclatisi antifascisti. Per una volta, è il caso di rendere omaggio di un “Eia Eia Eia, Alalà” a Palmiro Togliatti. Allo scrittore comunista Romano Bilenchi, che, pentito, gli disse d’aver creduto al fascismo, Palmiro rispose: “Che vuoi che sia, tutti siamo stati fascisti”.
Aggiornato il 06 maggio 2025 alle ore 09:47