
Dopo l’estenuante tormentone partigiano e antifascista del 25 aprile, come da prassi, segue quello altrettanto estenuante, quanto sterile negli effetti concreti, della cosiddetta festa dei lavoratori. Dico cosiddetta perché, soprattutto da quando al comando della claudicante opposizione c’è l’ex gruppettara Elly Schlein, nella medesima categoria dei lavoratori la sinistra e la sua storica cinghia di trasmissione del sindacato includono esclusivamente i dipendenti, o salariati che dir si voglia. Costoro sono i buoni gli onesti per definizione, mentre tutti gli altri, imprenditori e partite Iva, rappresentano i cattivi, i biechi sfruttatori dei pronipoti del proletariato oppresso, in nome del quale, occorre sempre ricordarlo, sono state commesse una quantità di atrocità che non hanno eguali nella storia degli ultimi due secoli.
Ma a parte questa breve divagazione, sta di fatto che con il primo maggio la segretaria del Partito democratico ha ribadito la sua ferma intenzione di restare, per così dire, incatenata ad una linea economica fortemente redistributiva e dirigista, il cui principale perno politico è costituito dall’opzione del salario minimo di nove euro l’ora, ossessivamente reiterato ad ogni occasione pubblica. In realtà si tratta di una questione in gran parte simbolica, dato che la stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti si trova ben al di sopra tale soglia. E ciò potrebbe determinare la più classica delle eterogenesi dei fini, spingendo i datori di lavoro a spingere le retribuzioni verso il basso, anziché ragionare in termini di reale produttività. D’altro canto, al di là della evidente inefficacia di una simile proposta, essa rientra in quella visione molto statalista – che il grande Friedrich von Hayek avrebbe definito “costruttivista”– secondo la quale la ricchezza di una Nazione si realizza attraverso una azione diretta della politica e non, come accade da alcuni secoli nel mondo libero, attraverso l’iniziativa spontanea degli attori economici, dipendenti compresi, nell’ambito di una libera economia di mercato.
A mio avviso, sul piano più squisitamente politico, la scelta da parte della Schlein di orientare la sua linea su questa e altre battaglie di retroguardia, come si sarebbe detto una volta, può servire a tenere dentro la base di consenso più affidabile, ovvero chi difficilmente è propenso a cambiare il proprio voto. Tuttavia, questa sorta di riproposizione dell’usato sicuro di Bersaniana memoria difficilmente potrà attrarre buon parte di quell’elettorato mobile, in costante crescita da alcuni anni, il quale, dopo la colossale fregatura rimediata dal Movimento 5 stelle, attuali alleati serpenti del Pd, è probabile che ne abbia le tasche piene di chi ancora oggi racconta loro la favola dei pasti gratis, alias prosperità ottenuta per decreto legge.
Aggiornato il 02 maggio 2025 alle ore 09:39