
In questi ultimi giorni la vera e propria odissea giudiziaria di Alberto Stasi, condannato per l’omicidio di Chiara Poggi, si è arricchita, per così dire, di un ulteriore ostacolo: la Procura generale di Milano ha chiesto il rigetto della richiesta della semilibertà presentata dai legali di Stasi. Ciò è stato motivato dalla sostituta procuratrice generale, Valeria Marino, per aver concesso una intervista alle Iene senza aver prima chiesto l’autorizzazione all’amministrazione penitenziaria in cui il condannato sta scontando la pena di 16 anni. Ma per quanto riguarda il contenuto della stessa intervista non sarebbe stato ravvisato alcun elemento che potesse mettere in discussione la richiesta di semilibertà. Solo una questione puramente formale, dunque. In merito alla pena ricevuta da Stasi, obiettivamente non adeguata all’efferato crimine, occorre ricordare che all’epoca molti osservatori ribadirono una massima che ben conoscono gli avvocati italiani: poca prova, poca pena. Ovvero per significare che, nella prospettiva del difensore, il giudice non era pienamente convinto che il materiale probatorio dimostrasse davvero la colpevolezza dell’imputato, ma non ha avuto il coraggio di assolverlo, e lo ha condannato ad una pena molto bassa.
D’altro canto, anche a beneficio di chi non conosce la complessa vicenda giudiziaria, che ci fossero ragionevoli dubbi grossi come una casa, lo dimostrano i cinque gradi di giudizio che sono serviti per giungere a una condanna, anche in considerazione del fatto che nei primi due processi Stasi fu assolto “per non aver commesso il fatto”. Ma non basta, nell’ultimo passaggio in Cassazione, il procuratore generale chiese a sorpresa l’annullamento della condanna subita al processo d’appello di rinvio, con preferenza per il rinvio. Tuttavia la stessa Cassazione confermò la sentenza-bis, condannando in via definitiva l’imputato a 16 anni di carcere.
Ora, senza entrare nel ginepraio delle leggende metropolitane che la predominante informazione colpevolista ha trasformato come prove schiaccianti ai danni di Stasi, a suo tempo definito spregiativamente il biondino dagli occhi di ghiaccio ( tra cui un presunto graffio sul braccio, che non risulta verbalizzato in alcun atto preliminare, e l’altrettanto presunto scambio di pedali tra due biciclette di famiglia che nell’appello-bis fu smentito dal rappresentante dell’accusa, sulla base di una accurata perizia), non si può negare che il grande interesse mediatico che suscitò il caso, al pari di altre vicende criminali finite sotto i riflettori, contribuì non poco a far pendere la bilancia della giustizia verso una condanna con molti aspetti oscuri e controversi.
Sta di fatto che arrivare ad un giudizio di colpevolezza dopo due assoluzioni consecutive e cinque gradi di giudizio, sulla base di prove indiziarie che si fa fatica a considerarle tali, lascia adito a parecchi dubbi. Per questo motivo si spera che i giudici della sorveglianza, chiamati a decidere sulla richiesta della semilibertà, siano clementi in merito all’errore formale commesso da Alberto Stasi. Staremo a vedere.
(Nel pomeriggio di oggi, i giudici della Sorveglianza di Milano hanno concesso la semilibertà ad Alberto Stasi, ndr).
Aggiornato il 11 aprile 2025 alle ore 15:40