
Ci vuole più Stato. Ci vuole una legge, anzi, ci vogliono più leggi e nuovi regolamenti. Eventualmente ci vogliono nuovi regolamenti per “semplificare” la burocrazia. È tutta colpa del liberismo sfrenato e del capitalismo che vanno controllati attraverso uno Stato che intervenga nell’economia e che sia un redistributore di reddito. Davvero? Non tutti in Italia la pensano così. Esiste un movimento politico, Liberisti italiani, che nasce dal basso, dalla società civile, da una società civile che vuole esprimere ancora vitalità e che non la pensa così, una società civile che desidera crescere, essere adulta, libera e responsabile, al di fuori dell’ombra di uno Stato paternalista e interventista che, per dirla alla Alexis de Tocqueville, considera i cittadini come eterni minorenni.
Quindi, no, ci vorrebbe meno Stato, uno Stato meno ingombrante, che detti leggi di carattere generale che siano una cornice giuridica certa, all’interno della quale il diritto di proprietà privata sia rispettato, gli individui siano liberi di muoversi, di produrre e scambiare senza interferenze, di poter gestire spazi di libertà che lascino ai singoli la possibilità di creare benessere, spazi di libertà che, ormai dalla fine dei tempi di Luigi Einaudi, sono stati sempre più compressi in Italia, fino a diventare residuali. I salari reali nel nostro paese dal 2008 sono calati dell’8,7 per cento (secondo uno studio di un’agenzia dell’Onu, citato dall’Istituto Bruno Leoni), ci sono sempre più imprese che muoiono rispetto a quelle che nascono. Quindi no, non ci vogliono altri regolamenti, ci vorrebbe la deregolamentazione di un sistema immenso e di una vera e propria gabbia burocratica che blocca la società civile e la capacità degli italiani di produrre ricchezza. Il livello di pressione fiscale è tale da stritolare le imprese, da quelle grandi, medie, fino a quelle piccole, piccolissime, fino al bar sotto casa che, a un certo punto si trova costretto a chiudere.
I Liberisti italiani, il 17 maggio a Roma, si riuniranno nel primo congresso nazionale. Il loro è un movimento politico, nato nel 2020, che riunisce liberali classici e libertari e che mira a ridurre l’attuale Stato massimo a una dimensione in cui lo Stato si occupi di quelli che sono effettivamente i suoi compiti essenziali. Nel loro obiettivo sono senz’altro incoraggiati dall’esempio del presidente argentino Javier Milei che, dal giorno del suo insediamento nel dicembre del 2023, avendo ereditato un Paese con un’inflazione alle stelle e una povertà dilagante, dopo decenni di peronismo, è riuscito a fare uscire l’Argentina dalla recessione dopo sei mesi di crescita continua.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Se all’inizio Milei era visto come “el loco”, nel giugno del 2025 il Financial times ha riportato che il tasso di povertà era sceso dal 53 per cento della prima metà del 2024 al 38 per cento nella seconda metà dell’anno. Il tutto anche grazie al fatto che Milei è riuscito a ridurre l’inflazione, la tassa più odiata dagli argentini e anche la tassa più regressiva che ci sia. Questo significa che, quando l’inflazione cala, a beneficiarne sono in primo luogo i meno abbienti. Ecco perché ridurre l’inflazione vuol dire ridurre la povertà.
A chi si rivolgono i Liberisti Italiani? Si rivolgono a chi crede nel valore dell’individuo, della proprietà privata, nella capacità creativa del singolo, nel merito. A tutti coloro che non vogliono un crony capitalism, un capitalismo di relazione che porta a un intreccio inestricabile di scambi di privilegi e favori tra politica e imprenditori, immense realtà che vivono alle spalle dei cittadini. A coloro che non vogliono una società civile sempre più assuefatta alla redistribuzione e all’assistenzialismo, funzionali all’acquisizione di consenso da parte dello Stato. A coloro che credono nella responsabilità individuale, nella capacità di fare affidamento su se stessi. A coloro che sono convinti che si debbano evitare gli sprechi, tagliare i rami secchi e le spese inutili. A chi sa che non esistono pasti gratis. Si rivolgono a tutti i lavoratori, autonomi, dipendenti, privati, pubblici, imprenditori, grandi, medi, piccolissimi.
Pensiamo alla nostra società, all’ipertrofia legislativa, capillare e onnipervasiva, che comprime e paralizza le attività e le libertà dei cittadini, appesantendo la società civile di sempre maggiori fardelli, pensiamo alla deindustrializzazione di aree sempre più ampie, una volta fonti di ricchezza. I Liberisti italiani dicono: No! Non vogliono morire di statalismo. Come il protagonista della Rivolta di Atlante, della grande liberale e libertaria Ayn Rand, incitano gli individui, uomini e donne a prendere in mano le loro vite, a non far perire la propria anima e i propri talenti nella frustrazione e a costruire il mondo che desiderano.
Aggiornato il 07 aprile 2025 alle ore 11:16