“Er Pecora” meglio di John Elkann

Sassolini di Lehner

I significanti non sempre corrispondono ai significati; inoltre, per confondere, esistono le parole polisemiche come “calcio”. Dire “nazista”, ad esempio, distrae dal senso più veritiero di “tedesco”. Chi più tedesco di Johann Gottlieb Fichte, l’anticipatore del Volksgeist e dell’arianesimo nazisti? La signora della guerra Ursula von der Leyen, detta “Si vis pacem para culam”, pardon, “para Ursulam”, si denota come degna erede di Fichte e dei Reich, che ci appiopparono due guerre mondiali, circa 40 milioni di morti nella Prima, circa 70 milioni nella Seconda. Adesso, ci prepara lo scenario della Terza macellazione mondiale, che sprofonderebbe milioni di europei in una gigantesca fossa comune. I tedeschi, da Arminio in poi, sono allergici alla pace, nonostante siano destinati a scatenare guerre per perderle tutte. Benito Mussolini, da Salò, pregò Adolf Hitlerextrema ratio per evitare il peggio – di rinunciare all’Est, perché continuare a far la guerra alla Russia significava il disastro certo e immediato dell’Asse.

Lo psicotico austro-tedesco, anch’egli ispirato da Fichte, non lo ascoltò. Adesso, ci risiamo col cocciuto Marte germanico. Gli 800 miliardi profetizzati dalla tedesca non verrebbero stanziati per calmierare le bollette, aumentare la produzione e i posti di lavoro, far crescere il Pil e far vivere meglio i cittadini europei oppure per la pace e la ricostruzione in Ucraina. Assolutamente no. Chissenefrega degli esseri umani, specie dei morituri ucraini e russi. È carnevale ed ogni follia vale. Infatti, quei denari servono per camuffarci tutti da prode Anselmo (E partì la lancia in resta). Purtroppo, il prode Anselmo, nonostante il “fier cimiero”, non tornò, perché era bello che stecchito. I tedeschi amano battezzare cromaticamente i piani militari, vedi i precedenti delle operazioni “Volpe argentata” e “Barbarossa” contro la Russia.

Ecco che spunta, sia pure in bianco e nero, von der Leyen con l’operazione “ReArm europe” contro Vladimir Putin. Gli eurocombattenti spiegano quanto sia necessaria la corsa agli armamenti per preservare i sacri confini europei. Eppure, non hanno mai provveduto a difendere il territorio europeo dagli scafisti, dai mercanti di carne umana, dalle Ong multinazionali, tedesche, spagnole che travasano centinaia di migliaia di africani, asiatici e soprattutto islamici giammai a casa loro, bensì preferibilmente in Italia. Nessuno ci difende dai nipotini di Iosif Stalin e Władysław Gomułka, come la regista Agnieszka Holland, che, invece, si becca i premi di Venezia, di Cannes e le nomination di Hollywood per Green border (Confine verde), un film strappalacrime che appare umanitario, mentre è parte integrante della propaganda post-sovietica. Quei migranti siriani respinti dai militari polacchi erano, infatti, una molecola della guerra in corso, trattandosi della marea di poveracci utilizzati come battaglione di prima linea, che Minsk dirottò oltre il confine per “invadere” e creare problemi economici, militari, politici alla Polonia. Agnieszka Holland è polacca alla Donald Tusk, cioè è nemica giurata del popolo polacco e del popolo ucraino.

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Tiziana Panella, perdute le Maldive, naviga verso Washington. Ursula proclama che alla base della pace ci deve essere la muscolarità, eppure Donald Trump se la ride della tedesca, dovendosi guardare soprattutto dalla corazzata mediatica Vittorio Parsi-Tiziana Panella. A Vittorio rinnovo gli auguri più sinceri di buona salute, anche perché i politologi della Cattolica li vorrei sempre vivi, per beccarli in flagranza di sproloquio cattosinistro. L’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano ebbe come fondatore e padrone il francescano “libro e moschetto” Agostino Gemelli, ma il professor Parsi magari non lo sa. Per giunta, scrive sulla rivista Vita e pensiero, altra creatura del frate razzista, ma Parsi, ignorando le origini, non mostra fastidio e neppure lieve malessere. Proprio su quel fogliaccio, il camerata Agostino, nel 1924, si rallegrò del suicidio dell’ebreo Felice Momigliano: “Se insieme con Momigliano morissero tutti i giudei che continuano l’opera dei giudei che hanno crocifisso Nostro Signore, non è vero che al mondo si starebbe meglio?”. Oggi, per Parsi il deicida da abbattere è Donald Trump, il quale, a differenza dell’antisemita Agostino, non ha mai maledetto gli ebrei, anzi, da sempre sostiene senza “se” e senza “ma” Israele con tanto di Gerusalemme capitale. D’intesa col marito kamalafilo, Tiziana si affida per l’assedio alla Casa Bianca ai giornalisti proPal della Cei – sull’Avvenire scrive anche Parsi, del resto – nonché a Flavia Perina, giornalista pentita d’essere stata militante di estrema destra.

Il pentimento l’ha, peraltro, innalzata dal nerissimo ed emarginato Il Secolo d’Italia al salottino buono e rossastro della Stampa. Passare da “er Pecora” a John Elkann, benché il primo, Teodoro Buontempo, sia più indimenticabile e stimabile del secondo, risulta un gran salto. Chissà, magari anche il Duce rurale, gran trebbiatore di grano, col senno di poi, si sarebbe convertito alla plutocrazia giudaico-massonica. La famiglia Parsi mitraglia tutto ciò che non odora di franceschiellismo reale, senza ruzzolare, però, nel sottosuolo trash di Dagospia: Tiziana, molari al livore, mimica torva, sorriso sarcastico, occhiatacce irridenti sì e sempre, ma con i guanti bianchi. Roberto D’Agostino definisce Elon Musk “testa di minchia”, mentre spara: “Cazzate trumpiane”, “pazzo isolazionista”, “non farsi inoculare da Trump”. Per “inoculare” il cattivone Donald, si aggrappa pure a Claudio Martelli, prontamente riverniciato da Enrico Toti. In verità, Claudio, la stampella non la lanciò mai, giacché, spaventato a morte, vilmente vi si appoggiò. In luogo di resistere e contrastare il golpismo mediatico-giudiziario, cercò di salvarsi dal manipulitismo, sacrificando Bettino Craxi e, di fatto, l’intero Psi. Avendo io scritto nel saggio Turati e Gramsci per il socialismo (Sugarco 1987), che, senza una profonda rigenerazione del sistema politico, entro un lustro la prima repubblica sarebbe crollata, l’intelligentone Martelli mi accusò di essere uno sciocco profeta di sventura. Non gliene voglio, ma lo sciocco fu lui. D’Agostino er bullo, insomma, si attacca a tutti i tram, basta che li ritenga dannosi a Giorgia: dai leghisti Zaia e Fontana, fino a Corrado Augias, che in ceko si legge “Donat”, e pure a Recep Tayyip Erdoğan. Si sente investito dalle stigmate del santo oppositore globale, come il condomino litigioso che deve sempre rompere le scatole e lamentarsi, accusando i vicini e l’amministratore. Quando gli invocati turchi, debellata la Meloni, colonizzeranno la Ztl, Roberto giulivo esclamerà: di mamma ce n’è una sola, aggiungendo, però, “Mamma… li turchi!”.

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La Ue che non ha mai difeso i confini italiani dall’invasione islamica ci ha preparato il califfato dietro l’angolo. A riprova che Maometto lotta con noi, è presente e presenzialista, a pregare per la guarigione del Pontefice, si è fatto largo tra gli oranti l’Imam Nader Akkad della Grande moschea di Roma. Dal vatican-pensiero islamizzato si risponde all’Imam, beatificando il Ramadan capace di significare “tempo di preghiera e riconciliazione per il bene del Creato”. A salvare il pianeta dalle flatulenze dei bovini e dai harakiri degli eurosottomessi, ci penserà, dunque, Allah Akbar. La nuova buona novella è: la Shari’a sarà con noi.

Aggiornato il 06 marzo 2025 alle ore 10:08