Si scrive Trump, si legge Silvio

Cpi e refusi sismici

Sassolini di Lehner

Alla Marina Berlusconi che ondeggia a sinistra, surfeggiando financo sui marosi spumeggianti di Lgbtqia+, qualcuno dovrebbe rammentare che il “bullo” – secondo lei – Donald Trump denota perfetta sintonia con il grandissimo babbo Silvio Berlusconi, il quale, ad esempio, su Volodymyr Oleksandrovyč Zelensky, espresse più o meno lo stesso giudizio, considerandolo guitto asceso alla presidenza dell’Ucraina in danno del suo popolo. Nulla di strano se un figlio o una figlia dissentono dal proprio padre, considerandolo magari un troglodita, ma dovrebbero coraggiosamente e pubblicamente prendere le distanze dal loro genitore, correndo il rischio di dar ragione a quanti costruirono carriere attraverso il berlusconicidio seriale. Il berlusconiano Donald, definendo il presidente ucraino “comico mediocre e dittatore senza elezioni”, sembra aver proprio plagiato le chiose di Silvio: “Io a parlare con Zelensky se fossi stato il presidente del Consiglio non ci sarei mai andato perché stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbas e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico molto, molto negativamente il comportamento di questo signore”.

Berlusconi, inoltre, spiegò in modo non conforme l’origine della tragedia degli ucraini: “Nel 2014 a Minsk, in Bielorussia, si firma un accordo tra l’Ucraina e le due neocostituite repubbliche del Donbas... L’Ucraina butta al diavolo questo trattato un anno dopo e comincia ad attaccare le frontiere delle due repubbliche. Le due repubbliche subiscono vittime tra i militari che arrivano, mi si dice, a 5, 6, 7.000 morti. Arriva Zelensky, triplica gli attacchi alle due repubbliche. Disperate, le due repubbliche mandano una delegazione a Mosca. Dicono: Vladimir non sappiamo che fare, difendici tu. Lui è contrario a qualsiasi iniziativa, resiste, subisce una pressione forte da tutta la Russia. E allora si decide ad inventare una operazione speciale: le truppe dovevano entrare in Ucraina, in una settimana raggiungere Kiev, deporre il governo in carica e mettere un governo di persone per bene e di buon senso. Si è trovato di fronte a una situazione imprevista e imprevedibile di resistenza da parte degli ucraini, che hanno cominciato dal terzo giorno a ricevere soldi e armi dall’Occidente. E la guerra, invece di essere una operazione di due settimane, è diventata una guerra di anni”.

È certo lecito dissentire dalle considerazioni di Silvio, benché con elementi di verità e dati di fatto inconfutabili, vedi la guerra non Russia-Ucraina, bensì Usa-Ue contro lo zar Vladimir Putin. Tuttavia, non si può non dare atto a Trump di aver, quasi da erede politico, reso onore al punto di vista di Berlusconi, il quale, saggiamente, non essendo neurologicamente ridotto a Joe Biden, intendeva tenere la Federazione russa vicina all’Occidente e non sospingerla definitivamente nelle spire della Cina capitalcomunista. Marina Berlusconi lo capirà?

Spetta a Giorgia Meloni, dopo la necessitata vicinanza a Biden, capirlo e cominciare a riconsiderare la sua politica estera, optando per la via più razionale e produttiva per l’Italia e per l’Europa. Il grande pericolo, infatti, resta per tutti noi il rafforzamento dell’asse Russia-Cina.

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Tanto per mettere a fuoco la presunta intoccabile Corte penale internazionale e magari raccomandare i nostri parenti, affinché, per impinguare le casse familiari, ne facciano al più presto parte, va detto che si compone di 18 magistrati, che dispongono di uno staff di 900 collaboratori e un budget per il 2025 di 195 milioni di euro. I 18 giudici, tirando la cinghia, debbono arrivare a fine mese con una remunerazione annuale di soli 200mila euro. Presidente e i due vicepresidenti racimolano, per fortuna, qualche spicciolo in più. Diverse le sedi: LAia, Kinshasa, Bunia, Kampala, Bangui, Abidjan, Bamako, Kiev. Le lingue ufficiali sono inglese e francese, ma sono ammessi anche altri idiomi escluso l’italiano, forse, perché poco utilizzato nel Congo, nel Mali e nelle moschee.

Vari i precedenti per l’eterna vergogna della Corte penale europea. La Cpi emise mandati di cattura contro Muammar Gheddafi, il figlio Saif al-Islam e i membri del governo libico, ma nel 2011, quando Nicolas Sarkozy e Barack Hussein Obama, con Hillary Clinton al bilancino, bombardarono la Libia e assassinarono, dopo orrende torture, il Colonnello, determinando, fra gli altri disastri, anarchia, guerra di bande ed emigrazione incontrollata soprattutto a danno dell’Italia, i signori giudici ritennero tutto lecito e giusto, anzi dovuto. L’attuale procuratore generale, l’islamico pakistano con passaporto inglese, Karim Ahmad Khan, appose la sua firma sul mandato di cattura per Benjamin Netanyahu, sulla base di esposti di due avvocati più a sinistra di Maurizio Landini, gli avvocati Omer Shatz e Juan Branco.

Shatz è, tanto per identificarlo nitidamente, il legale di Front Lex, organizzazione famigerata, propalatrice di tutte le stupidaggini del pensiero unico, che accusa gli europei di essere criminali e assassini: “La politica dell’Europa sugli esuli calpesta i valori fondamentali dell’umanità. Siamo europei e europee convint* (sic!). Vogliamo un’Europa umana, umanitaria e aperta che si assuma anche la sua responsabilità storica nei confronti del mondo. Le persone responsabili di violenze, torture, schiavitù, annegamenti, abusi sessuali e omicidi non devono rimanere impunite. Faremo in modo che le voci delle vittime siano ascoltate. Forniremo anche una piattaforma per la riabilitazione dei volontari e delle volontarie che sono stat* (sic!) ingiustamente criminalizzat* (sic!) e condannat* (sic!) a sanzioni sproporzionate”. Branco, esponente della gauche caviar – così lo definisce l’arguto e ben edotto Dario Rivolta non si fa mancare niente in quanto ad accuse verso lo Stato dIsraele.

Entrambi sono gli autori degli esposti che hanno spinto la Cpi a emettere mandato di cattura per Njeem Osama al-Maṣrī, valido, però, soltanto in territorio italiano, non in Belgio, Francia, Germania.

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Nell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia non operano alcolizzati, dementi, sabotatori, vandali e burloni, bensì fior di scienziati che son lì a monitorare per la nostra incolumità le scosse sismiche. Spietati ultras non so se polentoni e, comunque, ostili ai sudisti, debbono aver occupato militarmente il benemerito istituto di geofisica e vulcanologia, il 17 febbraio scorso. Infatti, alle ore 18.54, l’Ingv ha ufficialmente dato notizia di un terremoto, zona Campi Flegrei, di magnitudo 9 della scala Richter. Considerando che già con la numerazione 6 viene segnalato terremoto distruttivo con crolli, vittime e possibile maremoto, il 9 comporta la cancellazione dell’intera Campania, un pezzo di Basilicata, un quarto di Puglia, mettendo a rischio anche la terra delle soppressate.

Tra i cinici propalatori di allarmi, travestitisi da scienziati, potrebbe essersi infiltrata la strega che predisse, il 10 maggio 1693, il terremoto grado 7, tale da devastare la Sicilia, causando anche uno tsunami, con circa 70mila vittime umane e un numero incalcolabile di costruzioni e di animali spazzati via come neve al sole. La profezia era implicita nell’affermazione: “Domani, Catania ballerà senza musica”. Per fortuna della pizza margherita, si è trattato soltanto di un refuso – 0,9 divenne 9 – eppure Iddio ci guardi da codesto Ingv evidentemente vulnerabile, occupabile o disastrosamente distratto. Certo, i terremoti sono eventi drammatici, peraltro, difficili da ipotizzare, prevenire, anzi imprevedibili. Mettono paura agli stessi geofisici e vulcanologi, talora derubricati a dilettanti come noi geo-ignoranti.

Eppure, oltre la terra che “balla senza musica”, c’è da aver paura di certi giudici, onnivalenti e onniscienti, capaci di improvvisarsi sismologi infallibili più della sibilla cumana, come i togati che pretesero di giudicare e condannare chi non previde al minuto il devastante terremoto dell’Aquila di lunedì 6 aprile 2009. Anche i refusi dell’Ingv dunque, ci ricordano l’imperativo categorico di rivoltare come un calzino – cito Piercamillo Davigo – non l’Italia, ma la giustizia.

Aggiornato il 21 febbraio 2025 alle ore 09:46