Lo Voi e Meloni

Non se ne può più di sentir ribadire dai soloni della sinistra italiana – come hanno fatto e ancora faranno da tutte le televisioni – che quello del procuratore capo di Roma verso mezzo Governo era un atto “dovuto”, vale a dire neutro e perciò privo di colorazione giuridica e politica. Così non è. Questa affermazione – ormai un vero “mantra” della sinistra e della Anm – serve in realtà ad ammantare di traballanti e improbabili forme giuridiche, allo scopo di tranquillizzare l’opinione pubblica, un atto che invece esprime un rilevante contenuto politico. Prova ne sia che questo ormai famoso articolo 6 della legge istitutiva del Tribunale dei ministri – di cui tutti straparlano senza averlo mai letto – da un lato dispone che il procuratore capo, ricevuta la denunzia a carico di un ministro, senza alcuna indagine, la trasmetta al Tribunale; ma che, dall’altro lato, ha ben 15 giorni di tempo per farlo “con le sue richieste”. Ciò significa allora che egli non è un semplice passacarte – come la sinistra vorrebbe far credere – ma è tenuto ad operare una valutazione sulla denuncia che gli sia stata indirizzata. 

A questo scopo, infatti, la legge gli concede 15 giorni di tempo, invece di dire – come accade in molti altri casi – “immediatamente” o “senza indugio” e inoltre la possibilità di allegare le sue richieste. Orbene, se viene concesso questo tempo e per giunta viene disposto che si alleghino le richieste, ciò vuol dire che il procuratore è tenuto a riflettere sul contenuto della denuncia e ad agire di conseguenza. E allora, cosa ci si poteva attendere che Francesco Lo Voi facesse? Che di fronte ad accuse talmente cervellotiche e perfino comiche, allegasse al plico destinato al tribunale la esplicita richiesta di archiviazione di ciò che si vede subito essere frutto di fantasie personali e null’altro. Da questo punto di vista, confesso la mia inguaribile presunzione: non ho neppure bisogno – come si usa dire – di “leggere le carte”, perché si capisce subito – come anni fa si capì immediatamente che Matteo Salvini non aveva consumato nessun sequestro di persona – che Giorgia Meloni, Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano non hanno consumato in alcun modo il reato di favoreggiamento.

Infatti, accertato che il ministro Nordio viene avvisato dell’arresto di Njeem Osama Almasri Habish soltanto dopo – e non prima, come avrebbe dovuto essere – la sua esecuzione, la Corte d’Appello, non potendo convalidarlo, ne dispone la scarcerazione. Subito dopo il Governo emana un provvedimento di espulsione che viene eseguito tramite un Falcon dell’Aeronautica militare. Mettiamo dunque le cose in chiaro, anche se sono già chiarissime. L’errore non è stato commesso infatti dal Governo, ma da chi avrebbe dovuto informare Nordio e invece dormiva. A quel punto Nordio aveva l’obbligo di chiedere di nuovo l’arresto di Almasri? No. Poteva farlo, ma in forza di valutazioni politiche internazionali relative a rapporti fra gli Stati e che sono gestite dall’intero Governo, ha ritenuto di non chiederlo nella immediatezza, riservandosi una riflessione in proposito.

Intanto, il ministro Piantedosi, sempre in base alle suddette valutazioni politiche, ne decretava l’espulsione. Dove sarebbe il favoreggiamento? Andrebbe piuttosto perseguito colui che rese invalido l’arresto, perché omise di informarne, prima di eseguirlo, il ministro Nordio: ma di costui non si parla e non sappiamo neppure chi sia, pur essendo lui il vero colpevole di favoreggiamento. Non lo trovate strano e quanto meno singolare? Da ultimo, il peculato per aver usato un aereo della flotta militare è una vera barzelletta che, se non fosse tragicamente vera, andrebbe raccontata come boutade sulle pagine de La settimana enigmistica. Come si vorrebbe che il Governo operasse un’espulsione verso la Libia? Utilizzando un canotto?

Aggiornato il 30 gennaio 2025 alle ore 18:08