Poche cose favoriscono un senso di umanità comune come i seguaci di una religione che fanno calorosi auguri di buone feste ai seguaci di un’altra. Eppure c’è chi rifiuta questa cordialità per principio. Gli islamisti, vale a dire i musulmani intenzionati a tornare a un codice di leggi medievale, disprezzano qualsiasi festività non sancita dall’Islam. Questo atteggiamento arcaico e bigotto fornisce il contesto per il massacro di Capodanno, a New Orleans, che ha provocato 14 morti e decine di feriti. I teologi islamici del Medioevo stabilirono l’approccio generale. Ibn Taymiya (1263-1328) sosteneva che unirsi ai non musulmani nelle loro feste equivale ad “accettare l’infedeltà”. Il suo allievo Ibn al-Qayyim (1292-1350) specificò che congratularsi con i non musulmani per le loro feste “è un peccato più grave che congratularsi con loro per aver bevuto vino, avuto rapporti sessuali illeciti e così via”.
Di tutte le festività degli infedeli, le autorità islamiche detestano maggiormente il Natale, che secondo i cristiani è il giorno in cui Dio si è fatto uomo. Come ha notato lo storico Raymond Ibrahim, questi teologi, che ritengono che il politeismo sia il peggiore dei peccati nell’Islam, considerano il Natale “il più grande crimine mai commesso dall’umanità”. Le autorità moderne fanno eco a queste interpretazioni medievali. Yousuf al-Qaradhawi, leader spirituale dei Fratelli musulmani, ha definito la celebrazione del Natale come “l’abbandono della propria identità musulmana” da parte della Nazione islamica. Il professore saudita Fawzan al-Fawzan ha definito lo tsunami del 26 dicembre 2004 nell’Oceano Indiano una “punizione di Allah”, e ha aggiunto: “È successo a Natale, quando fornicatori e corrotti di tutto il mondo vengono a commettere fornicazione e perversione sessuale”.
Nel 2019, un ex alto dirigente della Qatar Charity, che si autodefinisce come “una delle più grandi organizzazioni umanitarie e di sviluppo del mondo”, ha detto ai musulmani che il Natale e il Capodanno “contrastano con la Legge di Dio”, e ha aggiunto che “non bisogna parteciparvi né collaborare con chi li festeggia”, perché “partecipare alle loro celebrazioni equivale a prendere parte a un crimine e a un’aggressione contro la nostra religione”. I leader islamici in Occidente ripetono pedestremente queste dichiarazioni. L’imam francese Laaboudi Laghzawi ritiene che sia “proibito celebrare il Natale o il Capodanno”. L’imam canadese Younus Kathrada sostiene che una persona che addebita interessi, mente, commette adulterio o uccide non ha fatto “nulla in confronto al peccato commesso nel congratularsi e nel salutare i non musulmani per le loro false feste”.
In generale, questi leader hanno legittimato la violenza islamista contro i non musulmani durante le festività di questi ultimi. Ciò può essere simbolico. Nel 2016, in Turchia, un gruppo di islamisti puntò una pistola alla testa di un uomo vestito da Babbo Natale, motivando questo gesto con il desiderio di incoraggiare “le persone a tornare alle loro radici”. Ma la violenza può anche essere reale. Prendiamo in considerazione gli ultimi 11 anni:
1) Un attacco al mercatino di Natale di Nantes, in Francia, il 22 dicembre 2014, provocò un morto e 9 feriti;
2) Il massacro del 2 dicembre 2015 di 14 persone e il ferimento di 22 a una festa di Natale organizzata in un centro disabili di San Bernardino, in California;
3) La strage perpetrata a Nizza il 14 luglio 2016, nel giorno in cui la Francia celebra la festa nazionale, con 86 morti e 434 feriti;
4) L’attentato al mercatino di Natale a Berlino, del 19 dicembre 2016, in cui persero la vita 12 persone e altre 48 rimasero ferite;
5) L’attacco di Capodanno sferrato a Istanbul il 1° gennaio 2017, con 39 morti e 69 persone ferite;
6) L’attentato avvenuto nel giorno di Halloween a New York, il 31 ottobre 2017, con un bilancio di otto morti e 13 feriti;
7) L’attacco al mercatino di Natale di Strasburgo, in Francia, lanciato l’11 dicembre 2018, che provocò la morte di cinque persone e il ferimento di altre 11;
8) L’attentato al mercatino di Natale di Magdeburgo, in Germania, del 20 dicembre scorso, con cinque morti e più di 200 feriti;
9) Un attentato a Lahore, in Pakistan, il 25 dicembre 2024, ha provocato tre feriti, una settimana prima di altre violenze a New Orleans.
Ci sono almeno tre osservazioni da fare su questa cronologia abietta. In primo luogo, a quanto mi risulta, tutti gli autori di queste violenze legate alle festività hanno manifestato l’improvvisa sindrome da jihad, ossia si tratta di musulmani apparentemente normali che all’improvviso sono diventati violenti. Ciò rende quasi impossibile prevenire tali attacchi attraverso il lavoro della polizia. Solo l’espulsione e il rimpatrio degli immigrati islamisti, tra cui gli imam, può iniziare a risolvere questa minaccia. In secondo luogo, data l’origine straniera della maggior parte dei perpetratori degli attacchi, i governi occidentali sono colpevoli non solo di non aver fermato l’immigrazione clandestina, ma anche di aver aperto irresponsabilmente le porte all’immigrazione islamica regolare.
Infine, gli occidentali tendono a preoccuparsi dell’islamismo nel periodo immediatamente successivo alla violenza jihadista, per poi ignorarlo fino al successivo scoppio di ulteriore violenza. Non possiamo prendere in considerazione questa minaccia alla civiltà anche quando coltelli, pistole e bombe non sono in uso? Farlo è essenziale per intraprendere un’azione coerente ed efficace contro l’ideologia totalitaria più dinamica del nostro tempo.
(*) Traduzione a cura di Angelita La Spada
Aggiornato il 09 gennaio 2025 alle ore 17:53