Liberiamo Sala (Cecilia, però, mica Giuseppe)

Il nemico giurato dell’Occidente chiamato Mohammad Abedini, secondo Michele Serra, patirebbe il marchio di terrorista, perché gli statunitensi lo affibbiano a tutti gli stranieri e un po’ a casaccio: non sei americano? Allora potresti essere un terrorista. Islamico? Allora lo sei di sicuro. Il buon Michele proviene dal Partito comunista italiano e l’origine si sente dall’odore acre del suo filosofema, scaturente dallo stantio anti-americanismo dei figli malvissuti di Enrico Berlinguer, quello della questione morale con i milioni di dollari richiesti a Leonid Brežnev, esigendo, talvolta, anche la gratifica di fine anno. Michele si distinse come uno dei detrattori più virulenti, anche a mezzo vignetta spudorata, dello statista Bettino Craxi. Erano i tempi nei quali le offese peggiori lanciate dalle Botteghe Oscure prendevano nome non di “fascista” o “golpista”, bensì di “socialdemocratico”, “socialista” o peggio, “craxiano”. Craxi aveva osato chiedere ai comunisti di fare i conti con la loro storia criminale e andava, perciò, ammutolito, cancellato, possibilmente arrestato. 

Eppure oggi, senza citare Bettino, Serra rilancia l’imperativo categorico di Sigonella: essere alleati non comporta sudditanza. Bettino era un gigante, capace di dire di no all’amico Ronald Reagan, ma i berlinguerini lo odiarono sino al linciaggio. Per questo lanciarono monetine, sputacchi, insulti, infamità, concorrendo in associazione con le toghe frustrate, vanesie, megalomani o solamente rosse ad assassinarlo politicamente, moralmente e, in fondo, anche fisicamente. Certo, urge inventarsi qualcosa per liberare Cecilia Sala, che, non essendo una marò come Massimiliano Latorre e Salvatore Girone – loro sì che, secondo Cecilia, dovevano rimanere nelle carceri indiane – meriterebbe, nonostante le sue pregresse parole al vento, una gran botta di patriottico umanitarismo. Allora, dopo aver estradato negli Usa l’iraniano, non ce la sentiamo più di scambiare la giovane fanciullina con Michele Serra, suddito non degli americani, bensì, a suo tempo, ragazzo inginocchiato davanti a Massimo D’Alema. D’Alema, al confronto, fa un figurone. Anzi – va riconosciuto – D’Alema si tirò fuori dall’orda forcaiola, riconoscendo almeno il valore politico di Bettino.

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È giusto che io ringrazi la magnifica Stefania Craxi che mi cita sul Corriere della Sera a proposito dell’umanità di Bettino. Stefania ha raccontato: “Forse la grande attenzione alle condizioni degli altri, ai bisogni che ai suoi occhi giustificavano qualsiasi tipo di miseria umana, anche la peggiore. Un giorno andò da lui Giancarlo Lehner, direttore de l’Avanti!, e gli disse: “Sai, Bettino, abbiamo scoperto che tre nostri giornalisti sono spie a libro paga del Kgb”. Mio padre guardò i nomi e rispose: “Uno ha una malattia grave, uno tre figli da mantenere, uno un mutuo da pagare. Sai che c’è? Lasciali stare, potrà mai cambiare la storia del mondo?”. Tutto vero, salvo precisare che i colleghi erano nel libro paga del Stb cecoslovacco, non direttamente del Kgb – ma tra Praga e Mosca le informative correvano – e che erano diventati, per rimanere a galla, ferocemente anticraxiani. Scoprii, allora, che il vendicativo e cattivo “cinghialone” ero io e non Bettino.

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Anche i giudici di Sparta, invero, chiesero l’estradizione del compagno Serra, accusato di asineria ellenicofobica, aggravata dalla bestemmia sul terroristico trasloco nel Peloponneso della Rupe Tarpea. Non lo consegnammo alle toghe spartane, perché i nostri comunisti ci sono cari al punto che, avendo osannato i carri armati sovietici in quel di Budapest, li abbiamo ricompensati, spedendone uno pure sul Colle. Nel contempo – chissà se Aldo Cazzullo se lo ricorda e, magari, chissà se, vergognandosi un po’, comincerà a chiedere scusa agli eredi dell’eroe – il grande Edgardo Sogno, purtroppo reo di anticomunismo, essendo accorso in Ungheria, a costo della propria vita, per salvare tanti patrioti magiari, nell’Italia nata dalla lotta partigiana, lui medaglia d’oro della Resistenza, finì non al Quirinale, ma in galera. Salvato Michele Serra, Turchia e Grecia ci potrebbero richiedere la pelle di Massimo Giannini, colpevole d’aver fatto del secondo porto della Turchia, Smirne, una fantalocalità greca.

Niente da fare, ci teniamo pure Giannini. Gli iraniani non accetterebbero, neppure in confezione “galera”, un possibile guastatore delle sacre e morali mappe persiane. Bisogna, in ogni modo,  salvare il soldato, pardon, la soldata Sala. Perciò è stato proposto ai guardiani della rivoluzione islamica uno scambio con Roberto D’Agostino. Nonostante l’età, per la straordinaria somiglianza con Ruhollah Khomeyni, avrebbero accettato, ma, alla fine, è venuta fuori la contiguità col “vile affarista” Mario Draghi: troppo micidiale il rischio, dopo Luigi Di Maio, di dover sopportare anche D’Agostino come rappresentante speciale per il Golfo. Dopo laboriosa trattativa, Teheran ha finalmente aperto alla possibilità di scambiare la soldata Cecilia col “vile affarista”, visto che costui, nonostante la condanna all’infamia a vita sentenziata da Francesco Cossiga, possiede la bella qualità di saper sempre ripagare i servitori, avvalendosi financo degli utili idioti dell’Unione europea. Suvvia, per riavere in patria sana e salva l’esperta di relazioni con l’India, non sarebbe una gran perdita privarci di George Soros, pardon, di Mario Draghi.

In più, come soprammobili ci teniamo sulla cassettiera Michele, Massimo e soprattutto Roberto, il quale, con tutti i difetti dell’inferocito giorgiafobico, possiede il raro pregio di dare tutte le notizie anche quelle sgradite. Ci ricama sopra a sputi di veleno, ma le dà.

Aggiornato il 07 gennaio 2025 alle ore 17:33