Ma per chi ci hanno preso? Davvero questi cialtroni della sinistra pensano che i cattivi siano gli italiani che non vogliono accogliere gli immigrati illegali? Come si fa a dubitare che l’immagine di Yasmine, la bambina della Sierra Leone strappata alla morte tra le onde del nostro mare, non ci provochi un nodo alla gola? Che non ci venga voglia di abbracciarla, di tenerla stretta al petto, di coccolarla, e di dirle di non temere che tutto andrà bene? Perché mai dovremmo sentirci responsabili per quel che di male è accaduto agli altri occupanti il barcone affondato? Noi, che paghiamo di tasca nostra un sistema dell’accoglienza che da anni assorbe risorse peggio di un’idrovora e, come una condotta d’acqua delle nostre contrade, è peggio di un colabrodo. Ai cialtroni, vessilliferi del buonismo cosmico, neanche per un attimo è venuto di ammettere che quei disgraziati non dovevano starci su quel barcone e che la responsabilità della loro morte è dei criminali che su quel barcone ce li hanno messi in cambio di molti denari? No, per gli odiatori in servizio permanente la colpa è sempre e comunque del Governo di centrodestra se dei poveracci finiscono in fondo al mare. È il peccato originale impresso a fuoco, come lettera scarlatta, sulle spalle di chi non la pensa come loro, i buoni dello storytelling progressista.
Eppure, bisogna avere un bel fegato a scrivere certe cose, come fa il Dottor Jekyll-Mister Hyde direttore de L’Unità, Piero Sansonetti. Sì, proprio lui. Che di pomeriggio gigioneggia dagli schermi televisivi di Mediaset, ostenta la “piacioneria” del fascinoso ma innocuo intellettuale da salotto di una sinistra vezzeggiata dalla borghesia, mezzo garantista e mezzo comunista, salvo nottetempo a trasformarsi nel Mister Hyde che scrive parole infami sul giornale dei reduci del comunismo, del tipo: “Un’altra strage di profughi – si salva solo una bambina – gli assassini sono a Roma ma in prigione vanno i naufraghi”. Quindi, i criminali starebbero a Palazzo Chigi e al Viminale? E quale sarebbe la colpa di Giorgia Meloni e dei suoi ministri? Di aver cercato di mettere il bastone tra le ruote alla discutibile opera che svolgono le organizzazioni non governative nel “salvare” – noi diciamo nel “recuperare” – i migranti dalle acque del Mediterraneo. Se fosse per loro, i “buoni”, dovremmo trasformare l’Italia nell’ostello delle migrazioni mondiali.
Dovremmo accoglierli tutti, gli irregolari. Con quali denari? Spremendo gli italiani con nuove tasse e svuotando i capitoli di spesa del bilancio della Difesa. Niente armi, ma tutto alla solidarietà verso i profughi. Già, perché nella velenosa retorica dei buonisti non esistono immigrati ma solo gente che fugge da qualcosa: dalla guerra, dalla fame, dal clima, dall’inedia di una vita con pochi divertimenti, da una famiglia assillante, dai vicini antipatici, e da qualunque altra vera o finta incompatibilità ambientale. Per questa umanità di progressisti, che è migliore dell’altra, che sta a destra, solo nelle fantasie malate di coloro che annegano nell’odio ideologico verso il nemico ontologico, è lo Stato che è stragista mentre gli scafisti sono vittime. Sì, vittime. È proprio così che Sansonetti, nel suo editoriale, descrive i negrieri di fresco condannati per il naufragio di Cutro: “E la magistratura, sempre pronta a scattare su un traffico di influenze, che fa? Tace. Anzi: magari tacesse. L’altro giorno ha parlato: condannando a più di dieci anni di prigionia due ragazzi scampati al naufragio e alla strage di Cutro. Ha detto che erano loro gli scafisti, senza uno straccio di prova. Ha risposto (“presente!”) al Governo e al proclama prenderemo gli scafisti in qualunque punto dell’orbe terraqueo”.
“I ragazzi erano increduli della loro condanna. Piangevano. È come se per la strage di Piazza Fontana avessero messo in prigione gli impiegati della banca scampati alla bomba. Capite? Invece di perseguire i carnefici condannano le vittime. Farabutti. Chi? Il Governo, i ministri, i magistrati”. Fosse solo Sansonetti a vomitare assurde nefandezze. Il dramma italiano ha radici in quell’enclave lasciato vivere dall’altra parte del Tevere da quei bersaglieri che, passati da Porta Pia, si fermarono al cospetto di San Pietro. Una Chiesa che, con l’ultimo pontificato, si è trasformata in una gigantesca ong; che promuove l’accoglienza a spese degli altri, raramente di sé stessa. È di questi giorni la presentazione del Report sulle migrazioni della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza episcopale italiana (Cei). La premessa della ricerca realizzata è la frase di Papa Francesco, pronunciata durante l’Udienza generale del 28 agosto 2024: “Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti. E questo quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave”. È così che stanno le cose: chi si spende per difendere la sicurezza della nazione, proteggendo i confini dalle immigrazioni illegali è un peccatore della peggiore specie. Peggio di uno stupratore. Peggio di un pedofilo. Peggio di un assassino.
È un delinquente seriale il cui crimine è di “lesa umanità”. Allora, se è questa la sentenza, fuori il palo, insaponate la corda, ci dichiariamo rei confessi. Perché l’invasione migratoria non la vogliamo. E quando il Governo di Giorgia Meloni riesce, mediante gli accordi con i Paesi di partenza, a diminuire drasticamente il numero degli sbarchi e, contestualmente, il numero degli annegamenti in mare, noi gridiamo “Evviva!”. Secondo il Report, nel 2024 sono state 130 milioni le persone bisognose di protezione. Cosa avremmo dovuto fare? Accoglierle tutte in Italia? Neanche per idea. L’Italia è casa nostra, è la terra dei nostri padri. È il diritto a stare al mondo in un certo modo e in un determinato luogo, che è quello universalmente riconosciuto essere nostro; che è cinto e protetto da confini che sono sacri e che ogni cittadino ha il dovere di difendere; suolo, che innumerevoli generazioni di italiani hanno conquistato a prezzo del sangue e del duro lavoro. Quello spazio fisico e ideale si chiama patria. E noi non la diamo via come se fosse niente, un pezzo di terra senza valore e storia, per farne la sala d’aspetto di una stazione di transito per “camminanti”, il deposito bagagli della disperazione del mondo. Ai chierici della ong Vaticano non va giù che il Governo Meloni abbia ridotto gli sbarchi di irregolari del 58 per cento rispetto allo scorso anno (64.234 al 12 dicembre 2024; 153.211 al 12 dicembre 2023). Pur di infamare il lavoro prezioso che il centrodestra sta portando avanti convintamente sul fronte del contrasto all’immigrazione irregolare e per sommo insulto all’umana comprensione, tirano fuori la teologia.
Dicono che la teologia sia la ricerca di Dio. Dicono che “La teologia è mostrarci il volto di Dio, farcelo incontrare: ecco noi lo possiamo incontrare in queste persone”. La chiamano “la teologia del Mediterraneo”. Siamo messi male. Perché, se il volto di Dio è impresso sulla faccia di quel tal immigrato che, l’estate scorsa nel Bresciano, ha violentato e messo incinta una bambina, anch’essa ospite del centro migranti che accoglieva lo stupratore, vuol dire che per tutti questi anni abbiamo visto un altro film sul volto misericordioso di Dio. Per tutti questi anni abbiamo pensato, sbagliando, che lo Spirito Santo fosse tra quei milioni di cristiani nel mondo che vengono martirizzati e uccisi per il solo fatto di credere in un Dio diverso da quello degli aguzzini. Per noi, il volto di Dio è quello dei 4.118 cristiani uccisi in Nigeria dalla violenza jihadista; è quello delle vittime dell’intolleranza religiosa, contabilizzate nel Rapporto di Open Doors-Porte Aperte 2024. E a Sansonetti che s’indigna, diciamo: no compagno! I farabutti in questa storia sono quelli che i disperati li mettono in mare e li mandano a sfidare la sorte. Perciò, ci lasci in pace e lasci in pace il Governo che deve mettercela tutta non per impedire che arrivino, ma per impedire che partano. E muoiano.
Aggiornato il 13 dicembre 2024 alle ore 13:08