Sassolini di Lehner
Noi liberal-umanitari non possiamo rimanere indifferenti davanti alle tentazioni di insani gesti da parte di draghisti e dei vari avariati avanzi del Pci. Dobbiamo, dunque, intervenire perché sono diventati isterici e prossimi all’umore depresso, all’apatia, allo scoraggiamento patologico, dopo che Donald Trump, a cena con Giorgia Meloni in quel di Parigi, ha osato definirla nell’intervista al New York Post: “Una vera e propria energia. È una donna fantastica”. Non basta, dopo che l’importante sito Politico ha eletto Giorgia Meloni come la personalità politica “più potente d’Europa”, le marx-femministe, degne eredi di Nilde Iotti, in luogo di rallegrarsi per il successo dell’eterno femminino regale, si sono connotate come ammutolite avvelenate. Il richiamo alla Iotti è dovuto, in risposta a Sky, governata da ladri di verità, che ci regala documentari apologetici sulla donna di Palmiro Togliatti.
Ebbene, Nilde Iotti fu ospitata più volte in una dacia vicino Praga insieme al drudo Palmiro, da Rudolf Slànský e la moglie Josefa, che cedettero loro addirittura il letto matrimoniale. I due compagni-amanti italiani sgraditi ai bigotti delle Botteghe Oscure, appena potevano, essendo invasi da Eros, facevano una fuitina a Praga, dov’era ad attenderli la comoda alcova degli amici Josefa e Rudolf. Del resto, l’unico manifesto segno di umanità di Togliatti fu proprio l’essersi follemente innamorato di Nilde, l’ex iscritta al fascio (qui il certificato), reinventatasi cattocomunista e, quindi, stalinista. Ebbene, quando Stalin decise di eliminare gli ebrei, accusandoli di sionismo, Rudolf fu calunniato, accusato, arrestato, torturato, assassinato. Le sue ceneri furono, infine, gettate nel fango. L’ingrato Togliatti applaudì il massacro del suo affettuoso anfitrione.
A riprova delle balle insanguinate del realsocialismo, Rudolf, già eroico partigiano antinazista e segretario del partito comunista cecoslovacco, nel corso del processo farsa fu costretto a dichiarare simpatie fascistoidi e di non essere mai stato comunista. Josefa, anch’essa colpevole in quanto moglie e per giunta pur ella ebrea, venne confinata insieme ai due figlioletti e tenuta sotto stretto controllo di polizia. I bambini pativano fame e soprattutto freddo. Josefa, allora, scrisse a Nilde Jotti – la lettera fu affrancata e spedita da un poliziotto impietosito dalle condizioni dei bambini –. Nella missiva non chiese l’impossibile, cioè di intercedere per Rudolf, ma soltanto di ricevere calze, berretti e maglie di lana per i suoi figli.
La Iotti non rispose e nulla inviò. Chi se ne frega se i figli giudei della Slànskà soffrivano il freddo. Del resto, non risulta che la Iotti abbia fatto visita ad Aldo, il figlio ebreo di Togliatti, ricoverato nella struttura psichiatrica di Villa Igea (Modena). Quando Josefa tornò libera, e la primavera di Praga le consentì di spedire di persona le lettere, scrisse di nuovo alla Iotti, questa volta senza chiederle niente altro che di rinnovare l’antica amicizia. Nilde Iotti, forse spaventata a morte da quel cognome riabilitato da Alexander Dubček, ma rinnegato da Palmiro, non rispose a Josefa, una donna assai più eroica di lei.
Ebbene, colpiti nel fegato e nella bile dai successi internazionali di Giorgia Meloni, i provincialotti portaborse di Mario Draghi e i nipotini di Baffone, Mao Zedong, Pol Pot, Fidel Castro e l’omofobo Che Guevara potrebbero addirittura aver acquistato cordami da ormeggio, con l’insano intento di impiccarsi al pennone più alto della gioiosa navetta da guerra giorgiafobica. Intanto, è d’uopo per noi liberal-umanitari andare in soccorso di Roberto D’Agostino, più che oppositore, odiatore ossessivo compulsivo della Meloni, che, stremato dagli alti punteggi del goleador Giorgia, insulta l’arbitro cornuto e si dedica ogni giorno ad invadere il campo. Le prova tutte: s’attacca, ad esempio, al tram del dìvide et impera, tentando di far innervosire Matteo Salvini, il quale – parola di D’Agostino – non avrebbe apprezzato “le smancerie a Parigi tra Donald Trump e Donna Giorgia Meloni”. Salvini – auspica Dagospia, ormai badante precaria di Sigfrido Ranucci – si sentirebbe scavalcato dalla “nana malefica”, definizione non proprio galante attribuita a Guido Crosetto, lo stoico reduce della guerra ministeriale contro Roberto Vannacci. Il leader leghista sarebbe “inviperito” per la “grancassa suonata alla ducetta” dai giornali di Antonio Angelucci, un editore in “piena sbornia meloniana”.
Dividere non basta, urgono le battute acide: l’incontro Trump e Meloni? Sono soltanto “quattro chiacchiere fugaci”, come a dire che da un affrettato good evening Trump avrebbe tratto la certezza che Giorgia è “fantastica”. Gli apprezzamenti del presidente Usa bruciano troppo, quindi D’Agostino deve declassificarli e ridurli a specchietti per le allodole, e poter così dare dell’allocca al nostro primo ministro, povera illusa, perché “non sa che il tycoon… non guarda in faccia nessuno”. Il troppo stroppia e tanto gratuito veleno fa temere per la tenuta psicofisica del nostro beneamato D’Agostino.
Tranquillizzati Roberto, è vano continuare a sgomitare per Mario Draghi: ormai il Quirinale è perduto per sempre. L’unico posto disponibile per Draghi è in Tribuna Monte Mario a tifare la Roma a rischio Serie B.
Aggiornato il 13 dicembre 2024 alle ore 09:39