Cosa sarà di noi europei negli anni a venire, è cosa assai complicata da pronosticare. Dopo anni di autodafé e di mortificazioni autoinflitte tra pacifismo masochista, sindrome di Stoccolma e infatuazioni ecologiste, il passo definitivo verso il suicidio di una civiltà è incredibilmente breve. Quando ci si sente colpevoli di tutto non resta granché da fare se non scrivere un biglietto di scuse, e farla finita. La rabbia dei palestinesi per ciò che non hanno e che reputano loro diritto avere? Colpa nostra. Il rispetto mostrato in passato per Israele, unica democrazia nel Medio Oriente? Un errore fatale. Lo stile di vita occidentale, con le sue ricchezze materiali e culturali? Una condizione di cui vergognarsi. Il sostegno all’azione dei terroristi islamici che vorrebbero, se potessero, imporre la loro legge – la Shari’a – al mondo intero? Un atto riparatorio davanti al tribunale della Storia. L’orrore delle atrocità, dei sequestri, degli stupri, delle violenze, degli attentati dinamitardi, perpetrati dalle belve di Hamas a danno degli ebrei? Una comprensibile reazione alla pretesa israeliana di abitare la terra dei loro padri. La guerra di sopravvivenza combattuta da Israele? Un atto colonialista, espressione violenta della volontà di potenza di una razza dall’indole suprematista. Benjamin Netanyahu?
Un criminale genocida, come Adolf Hitler. I terroristi di Hamas? I nuovi partigiani. I palestinesi di Gaza? Vittime innocenti della ferocia semita. Hezbollah e gli Ayatollah iraniani? Brava gente che non abbandona i fratelli nell’ora del bisogno. In altri tempi, qualsiasi individuo sano di mente avrebbe bollato tutte queste cose come farneticazioni di menti malate. Ma non oggi. Non adesso, che siamo, nel tempo storico della resa al multiculturalismo, in fase di dismissione collettiva e generalizzata dell’identità e del buonsenso. Non ora, che non è stato necessario sdraiarsi sul lettino dello psicanalista per elaborare l’odio verso il nostro passato, la nostra storia di civiltà. Sentirsi colpevoli di tutto anche quando non lo si è, va di moda. È cool. Se mai ci fossimo chiesti quale volto avrebbe avuto il nichilismo distruttivo, ora lo sappiamo. Siamo desiderosi di distruggere la filiera dell’automotive europeo, che è la spina dorsale della produzione industriale continentale, e di incenerire centinaia di migliaia di posti di lavoro perché ci sentiamo responsabili dell’avvelenamento della Terra.
Ma se, dati alla mano, l’Unione europea inquina, con le emissioni di gas serra, per il 9,6 per cento l’aria del pianeta (fonte: European Data News Hub)? Non importa. Conta fare ammenda anche per ciò che non si è commesso. È questa la follia che ci sta ammorbando la mente. Come è follia prendersela con gli israeliani perché combattono per esistere. Accade, però, che quando tutto sembri perduto, una fiammella si accenda da qualche parte a indicare che non è finita. Che c’è ancora speranza. Donald Trump non sarà un Messia, non sarà l’uomo della Provvidenza. E forse non ci sarà neppure amico come dovrebbe. Ma, ancora prima di iniziare il suo mandato di presidente della più grande potenza globale, fa cose giuste. Dice cose giuste, che rimettono la realtà sui binari disconnessi della ragione. Dopo mesi trascorsi a gemere, da entrambe le sponde dell’Atlantico, sulla tragedia toccata alle povere vittime palestinesi della ferocia israeliana, dopo aver incessantemente chiesto, da tutte o quasi le cancellerie occidentali, a Netanyahu di piantarla con l’aggressione militare a Gaza e di far tacere le armi senza condizioni, occorreva che arrivasse Trump per dire l’unica cosa di buonsenso che l’Occidente all’unisono avrebbe dovuto pretendere dal popolo palestinese.
In un messaggio social su Truth, Trump ha ordinato il rilascio degli ostaggi a Gaza prima del suo insediamento, minacciando altrimenti “conseguenze devastanti in Medio Oriente e per coloro che hanno perpetrato queste atrocità contro l’umanità”. Finalmente! Era ora. Per un anno si è chiesto a Israele di rinunciare a difendersi, ma mai nessuno aveva posto come condizione pregiudiziale ai residenti di Gaza, per negoziare una tregua con Tel Aviv, di adoperarsi per liberare gli ostaggi dalle grinfie degli assassini di Hamas. Un tempo, nessun occidentale avrebbe ritenuto ammissibile una trattativa con i sequestratori. Noi italiani non abbiamo ceduto al ricatto delle Brigate rosse, neanche quando era in gioco la vita di un personaggio illustre della statura di Aldo Moro. Nelle nazioni occidentali è stata predisposta e applicata una legislazione severa per impedire ai familiari delle vittime di sequestri di negoziare il pagamento di riscatti ai rapitori. I media progressisti hanno crocifisso i nostri Servizi segreti accusandoli, senza averne le prove, di aver trattato segretamente con i terroristi contropartite economiche per il rilascio di nostri connazionali rapiti all’estero. Per anni, la coscienza collettiva degli italiani si è interrogata sul dilemma se fosse eticamente lecito trattare o no con i criminali. E la risposta è sempre stata: lo Stato non può farsi ricattare da nessuno.
Adesso invece che la questione riguarda uomini e donne israeliani la fermezza morale delle società occidentali sembra dissolversi nel vento del buonismo che reca le ingannevoli fragranze della sottomissione al nemico. Ci si acconcia a vergognosi compromessi al ribasso con i nemici ontologici della civiltà occidentale nell’effimera illusione di consegnarsi a un avvenire di pace universale, che non ci sarà mai. E in questo frangente, ad accelerare un tale nefasto approdo ci si mette anche l’odierna Chiesa cattolica, con tutte le sue articolate diramazioni, spacciatrice seriale di mefitica catechesi pseudo-pauperista nella versione riveduta e corretta di una postmoderna Teologia della liberazione. Al contrario, nel mondo delle cose al posto giusto, che è sempre stato il luogo diletto di innumerevoli generazioni di occidentali, se i palestinesi volessero essere aiutati a sopravvivere, dovrebbero restituire all’affetto dei loro cari, subito e senza condizioni, gli ostaggi israeliani ancora in vita. Facciano come ordina il commander-in-chief in-pectore Donald Trump, altrimenti non vi dovrà essere scampo o riparo sicuro per nessuno di loro.
Perché su una cosa bisogna essere graniticamente fermi: dopo il 7 ottobre 2023 non esistono innocenti vittime palestinesi, ma solo complici più o meno consapevoli delle loro responsabilità nel vile atto terroristico. Ce lo ha ricordato la giovanissima e bellissima Sapir Cohen, una delle rapite del 7 ottobre: “Ho visto migliaia di persone in strada che incoraggiavano i terroristi. Venivano a picchiarmi e a toccarmi”. Sapir è nostra sorella, è nostra figlia, è nostra compagna, è nostra amica: Sapir è una di noi. Perché lo abbiamo dimenticato? Peggio: perché fingiamo d’ignorarlo? Si deve essere pazzi a pensare che lo siano coloro che per legge religiosa – che è anche legge di Stato – vietano qualunque professione di fede che non sia la loro, torturano e uccidono gli omosessuali, assegnano al maschio la proprietà della famiglia e di tutti coloro che la compongono; assolvono quei padri e quei fratelli che ammazzano le donne del proprio nucleo domestico che osano ribellarsi all’imposizione dei loro stili di vita; violentano e schiavizzano le donne; deridono i costumi occidentali e meditano vendetta contro gli ebrei e i “crociati” cristiani.
Se non vi fosse una tale ondata di rincitrullimento – ma il termine più appropriato sarebbe un altro, ancorché volgare – a ottenebrare le nostre menti di occidentali, prenderemmo coscienza del fatto che la pace unilaterale non sia mai un’opzione vincente e che Stato liberale non significhi concedersi passivamente all’aggressore perché ne disponga a suo piacimento. Dovremmo ricordarci ciò che disse l’abusato – nelle citazioni – Alexis de Tocqueville a proposito della democrazia: che non le piace la guerra, ma quando decide di combatterla, lo sa fare. Vivaddio! Almeno Trump, in un oceano di smemorati e di autolesionisti, se ne è ricordato. Quando lo comprenderemo anche noi? Forse quando avremo debellato il morbo mortale del pacifismo che ci ha contaminato.
Aggiornato il 04 dicembre 2024 alle ore 09:36