Mosca Capitale d’Italia, Boccio scrive al Quirinale, Il babbo di Berlinguer

Sassolini di Lehner

Noi italiani siamo aguzzi, creativi e, talora, esteti e geniali, ma in geografia ci dimostriamo spesso scarsi. Anche sulle nazioni incespichiamo e ruzzoliamo come Joe Biden che, alla luce delle avanzate ucraine in territorio russo, dichiarò: “Vladimir Putin sta perdendo la guerra in Iraq”. Sulle Capitali, poi, siamo messi malissimo. Fortuna che Magistratura democratica provvede ad ammaestrarci con sentenze inappellabili. La Capitale di Israele è dubbia, fortuna che una togata rossa abbia bocciato Gerusalemme e premiato Tel Aviv, l’unica Capitale possibile per i materialisti dialettici. Perché nessun dirigente del Pci è stato mai indagato o soltanto infastidito per i denari del Pcus o per le strutture paramilitari addestrate dal Kgb? La risposta è facile: da certe toghe Mosca è stata per decenni considerata Capitale morale d’Italia. Pensare che c’è chi osa criticare la nostra provvidenziale casta faronica, che, generosamente, si fa in quattro per supplire tutti e tutto, financo i professori di Storia e Geografia. Amici lettori, chiunque di voi sia oppresso da dubbi amletici sui clandestini – ci pagheranno o non ci pagheranno le pensioni? Voteranno tutti Fratoianni o il partito di Chillullallah? Gli omosessuali li getteranno dall’ottavo o dal quinto piano? – può tranquillamente rivolgersi all’onniscienza di Md.

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Letterina a Babbo Quirinale:

Altissimo Babbo, io boccio, bisboccio, mormoro e ripercorro, mentre pieni di pianto ho gli occhi: il mio dramma esistenziale. Appartengo alla categoria dei maschi vessati e criminalizzati. Le femmine non mi comprano mai balocchi, intente a regalare soltanto a sé profumi Coty. Le donne, nel salotto profumato, ricco di cuscini di seta, porgono il labbro tumido al peccato, mentre mi accusano di patriarcato a me povero disoccupato. Esile, agonizzo, orfano di balocchi, schivato e schifato dal prossimo mio, per la quisquilia di uno squarcio in testa con numero di punti di sutura a due cifre, niente a che vedere coi suffissi telefonici pulciari conseguiti dall’antisionista e grillicida Giuseppi Conte. Se sono emarginato, so a chi dare la colpa: a chi se non a Giorgia Meloni? Il capo reclino e chiudo gli occhi colpito al cuore dall’infamante taccia di eterosessuale. Ebbene sì, io boccio, bisboccio, faccio outing: sono più lesbico di Silvio Berlusconi e non rientro affatto nella “troppa frociaggine” denunziata dal confratello di Babbo Quirinale, Sua Ponteficità Jorge Mario Bergoglio. Io boccio, bisboccio, basta che si parli ogni giorno di me e allora sboccio.

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Viene troppo spesso ricordato Enrico Berlinguer, talora addirittura rimpianto, reso pure protagonista di film per il cinema, compresi i falsi grossolani, tipo la balla dell’attentato a Sofia, 3 ottobre 1973. Si trattò di un incidente automobilistico, punto. Tuttavia, fece meno notizia la pura verità, sovrastata dall’interesse editoriale. Per vendere uno straccio di opuscolo, alcuni condurrebbero la mamma al mercato delle schiave. Solo gli ignoranti totali o i gazzettieri furbastri possono supporre che il Kgb e i propri affiliati si siano mai dedicati ad attentati maldestri. Quando decisero per Michail Gorbaciov, gli altri candidati persero la vita, sbandando ineluttabilmente in curva sui rettilinei. Se nel 1973 volevano ammazzare Enrico, perché mai, appena un anno dopo, nel 1974, il Cremlino, attraverso gli spalloni della Lubjanka, gli fanno recapitare oltre quattro milioni di dollari americani? Basta fandonie: quando il Cc del Pcus dà ordine di uccidere, il bersaglio è da ritenersi già morto. Bolesław Bierut, segretario generale del Partito operaio unificato (Polska Zjednoczona Partia Robotnicza) (1) e presidente del Consiglio dei ministri dal 1952 al 1954, essendo il famigerato “Stalin polacco”, fu convocato a Mosca dai destalinizzatori.

Rientrò in Polonia dentro la cassa da morto, approntatagli da Nikita Krusciov. Tuttora, i polacchi raccontano di lui: “Andò in pelliccetta, tornò in scatoletta” (“Pojechały w futerku, wrócił w kuferku”). Stesso destino ipotizzabile per il nostro Palmiro Togliatti, lo Stalin italiano, carnefice di compagni italiani, polacchi, tedeschi, spagnoli mandati al macello o al Gulag. Fu nemico giurato di quel Krusciov, che osò scoperchiare le macellerie di Baffone – eccidi meritevoli, come pensava Indro Montanelli, avendo spazzato via centinaia di migliaia di comunisti dalla faccia della Terra. Il vendicativo Nikita, avendo appreso che Togliatti era parte attiva nella congiura di Michail Suslov, approfittò della vacanza di Palmiro e Nilde Iotti in Crimea per regolare i conti. Il 21 agosto 1964, Palmiro che era andato a riposarsi, muore di eccessivo riposo a Yalta. Il 14 ottobre 1964, Krusciov fu comunque deposto e sostituito da Leonid Breznev, ma una soddisfazione se l’era pur levata, sopravvivendo a Togliatti. Insomma, se lo volevano morto, Enrico Berlinguer non avrebbe avuto scampo. Tanti saluti a Enrico e rivanghiamo le gesta del padre, l’avvocato Mario Berlinguer, personaggio fondamentale per capire da dove provenne Enrico e quale tipo di educazione ricevette in famiglia.

Ebbene, nel febbraio 1948, babbo Berlinguer si dedicò ai processi farsa in Bulgaria e in Romania contro Nikola Petkov, leader impiccato il 23 settembre del 1947 e Iuliu Maniu, deceduto all’improvviso in carcere. Secondo babbo Mario, le accuse contro Petkov erano “inconfutabili”. Riguardo a Maniu, scrisse: “La giustizia militare romena rivela, attraverso gli atti della indagine istruttoria, del dibattimento, le requisitorie e la sentenza che leggiamo nei testi originali, una sensibilità giuridica che fa onore alla sua tradizione latina” (cfr. Mario Berlinguer, I processi di Petkov e di Maniu, Rinascita, 5, 1948). Il padre non s’è mai vergognato di queste parole da ottuso stalinista, esaltanti il boia e offensive verso la tradizione giuridica latina. Il figlio non si vergognò mai di codesto padre.

(1) La sigla sostituì quella del Partito comunista polacco (Ppk) che non esisteva più, essendone stati ammazzati tutti i suoi membri, dal vertice alla base, essendo, per giunta, per l’antisemita Iosif Stalin, rei di essere in gran parte israeliti. Palmiro Togliatti fu tra i mandanti dell’ecatombe di più di 4mila iscritti.

Aggiornato il 28 novembre 2024 alle ore 09:41