Scissione in Movimento

Per dirla come Beppe Grillo, la vicenda Pentastar ha subìto una evoluzione funambolica: i francescani sono diventati gesuiti. Come non dare ragione all’ex garante visti i presupposti post ideologici e quasi post politici su cui si fondava l’ormai ex Movimento 5 stelle nato dall’utopia di un informatico innamorato del web e di un comico dalle idee tanto paradossali quanto irrealizzabili. Il crepuscolo della democrazia del click è compiuto affrancandosi dall’idea di un contenitore in cui la linea veniva decisa da un inesperto livoroso nerd qualunque con il pallino di fare piazza pulita della casta per il tramite di un manipolo di onorevoli presi dalla strada con il sogno dell’equidistanza dalla politica politicante fondata su destra e sinistra. Cade la verginità fondata sull’equidistanza dai partiti, cade la teoria “uno vale uno” fondata su democrazia diretta e vincolo al secondo mandato e cade finanche la originale anche se irrealizzabile idea di futuro nuovo ipotizzato da Gianroberto Casaleggio.

Le cinque stelle adesso brillano della fredda luce di un neon divenendo uno scadente paralume della sinistra, un partitino che va a comporre quella galassia indistinta di venditori di antifascismo un tanto al chilo pronti a regalarti una bambolina arcobaleno promozionale. Eppure all’inizio avevano fatto paura con i loro errori di successo: il reddito di nullafacenza, i bonus, il Governo ultra-populista gialloverde che accontentava le pulsioni di tutti. Ovviamente non sarebbe potuta durare a lungo: non avresti potuto mettere l’insegnante di sostegno a un Danilo Toninelli ogni cinque anni per insegnare cos’è il Parlamento onde poi mandarlo a casa dopo cotanta fatica due mandati dopo.

Anche la scatoletta di tonno (il Parlamento) non si sarebbe mai lasciata aprire da quattro ragazzini presuntuosi convinti di avere la verità in tasca. Li avrebbe corrotti facendoli attaccare alla mammella strabordante del dolce latte del potere onde poi abbandonarli dopo averli sedotti. Perché siamo tutti Alessandro Di Battista quando non abbiamo nulla da perdere ma siamo tutti Luigi Di Maio dopo aver provato il caviale dei ricevimenti alla Farnesina. Lo stesso Gianfranco Fini fu missino da poveraccio e futurista dopo il terzo invito coccoloso a Rai 3. Finanche Paola Taverna ha capito che in ballo c’è molto da perdere e si atteggia a moderata statista un attimo dopo aver urlato la qualunque in Parlamento alla volta dei parrucconi della Casta. Adesso con i parrucconi ci prende il caffè alla buvette, che non è proprio la ciofeca che ingurgitava ruttante al Quarticciolo. Sarebbe finita comunque per impossibilità di realizzare una vera e propria utopia. Ma questa normalizzazione coatta fatta da Giuseppe Conte apparentemente “venuto dal nulla” che in poco tempo liquida il fondatore e strappa il mouse dalle mani del nerd brufolone è di una crudezza tra il sovietico e il papalino.

Che non esista, quindi, l’antipolitica è ormai un fatto acclarato dagli eventi e corroborato da Beppe Grillo il quale, a detta di tutti, sarebbe alle prese con una scissione in perfetto stile vetero-democristiano. Alla faccia del nuovo che avanza.

Aggiornato il 26 novembre 2024 alle ore 09:57