Quando ci si lamenta del fatto che lo Stato di diritto non viene rispettato anche in molti Paesi democratici dell’Occidente bisognerebbe riflettere sul comportamento di alcuni magistrati e di alcuni organismi giurisdizionali, ad esempio la Corte penale internazionale, che di fatto sono stati i killer di questo alto concetto. Se una corte si permette di mettere sullo stesso piano Benjamin Netanyahu e Hamas è come se dicesse che Winston Churchill, Franklin Delano Roosevelt e Iosif Stalin da una parte e Adolf Hitler e Benito Mussolini dall’altra si equivalgono.
Di fatto, siamo dinanzi a una decisione politica che oltretutto si basa sui dati forniti dal Ministero della Sanità di Hamas e dai report di alcune organizzazioni non governative da sempre solidarizzanti con la causa palestinese e con i suoi metodi terroristici. Odiatori di Israele e degli ebrei per vocazione oltre che per professione. Si è rovesciata ogni ragionevolezza e sovvertita la buona fede.
E chi, come anche qualche anima bella tra i tanti commentatori mattutini della galassia radicale, si rifugia dietro l’istituzione della Corte internazionale, sottolineando che i suoi membri hanno deciso all’unanimità di avallare le richieste del procuratore generale, o dietro le dichiarazioni del commissario europeo Josep Borrell, che sappiamo quanta ostilità ha sempre manifestato contro lo Stato israeliano, non capisce di stare dando il colpo di grazia alla credibilità non solo della Corte internazionale per i Diritti dell’uomo ma al concetto stesso di una giustizia che possa essere al di sopra di ogni sospetto e quindi dirimere quelle questioni internazionali che la politica dimostra di non sapere risolvere se non con le guerre. Siamo di fronte al fallimento di un’utopia. Perché le famigerate buone intenzioni di cui è notoriamente lastricata la rete stradaria dell’inferno mostrano sempre la corda. Gli organismi dell’Onu come le idee utopiche viaggiano sulle gambe di individui che li incarnano. E che non sono super partes e non lo vogliono essere.
Diventa tutta una burocrazia para onusiana in cui sembra perfettamente legittimo che sia l’Iran o la Corea del Nord a presiedere di turno le Commissioni interne per i diritti umani o per la condizione femminile. E adesso anche queste corti internazionali, questi organismi giuridici che pretendono un rispetto da chi ha firmato ingenuamente la convenzione che le ha istituite, naufragano grazie alle infiltrazioni in esse di membri assolutamente al di sotto di ogni sospetto. Per lo più si tratta di magistrati non impermeabili alla penetrazione islamista o al nuovo verbo dei Brics. E una giustizia internazionale siffatta noi occidentali non possiamo rispettarla, ma solo temerla. E Viktor Orbán che per primo ha osato sfidare questa infamia senza senso della richiesta di arresto per Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant – invitando il primo in visita di Stato in Ungheria – almeno per una volta ha fatto la cosa giusta.
Aggiornato il 22 novembre 2024 alle ore 10:39